Category Archives: Tappe del Cammino

Learn all you need to know to do the Camino de Santiago by bicycle. Camino stages profiles, GPS tracks in Google Maps, what to do in every stage, specific indications for bicycles and alternatives.

TAPPA 14: DA MELIDE A SANTIAGO DE COMPOSTELA – CAMMINO FRANCESE IN BICI

Distanza da Santiago: 51 Km

Distanza di tappa:51 Km

Tempo stimato: 5-6 ore

Quota minima:250 m

Quota massima: 470 m

Difficultà della tappa: Media

Luoghi di interesse: Melide, Lavacolla, Monte do Gozo, Santiago de Compostela

Mappa dell’itinerario: Per vedere il percorso su Google Maps fare click qui 

Etapa 14 y última del Camino de Santiago en bicicleta desde Melide hasta Santiago de CompostelaFare click sull’immagine per ampliare

Di questa tappa normalmente rimane maggiormente impresso nella memoria il turbinio di sensazioni che proviamo nell’avvicinarci alla fine del pellegrinaggio, piuttosto che le difficoltà che si affrontano o i luoghi per cui si passa. L’emozione che si prova sapendo che stiamo per raggiungere la meta giacobina ci fornisce la forza necessaria per affrontare i cambi continui di pendenza e di fondo, come l’ultima salita del Cammino Francese ad O Monte do Gozo.

Dall’uscita di Melide si transita per la maggior parte del tempo per sentieri e corredoiras sul monte. A partire da Salceda (Km 25) la N-547 si interpone tutto il tempo nel percorso, attraversando diverse volte e seguendo il cammino in alcuni tratti. A partire da Salceda ci resta poco, costeggiamo l’aeroporto e da Lavacolla (Km 42) non ritorniamo a mettere piede su un rilievo o un sentiero di terra. Su asfalto saliamo ad O Monte do Gozo (Km 48) e da lì scendiamo a valle dove si trova la cattedrale giacobina: il “campo delle stelle” (Campus Stellae) dell’apostolo.

Final del Camino de Santiago en la CatedralCattedrale di Santiago di Compostela (Fotografia ceduta da Mario Sánchez Prada su Flickr sotto le seguenti condizioni)

PROFILO E PERCORSO GENERALE DELLA TAPPA

Questa tappa inizia muovendosi tra ampie estensioni di piste forestali con alberi, con fermate in piccoli paesini. La N-547 sarà sempre vicina, attraversando di tanto in tanto, ma da Salceda (Km 25) si interpone sempre più nel nostro cammino. Da Salceda ad O Amenal (Km 36,7) la strada ci attraversa il cammino una decina di volte, cinque di queste senza un attraversamento pedonale sicuro; è indispensabile prestare molta attenzione. Comunque, in molti tratti tra un incrocio e l’altro proseguiremo tra alberi, quindi la sensazione generale è di tranquillità rurale.

Dopo aver superato O Amenal (Km 36,7) iniziamo la salita verso la recinzione dell’aeroporto, che costeggiamo verso nord per proseguire verso Lavacolla (Km 42). Da Lavacolla affrontiamo l’ultima rampa del Cammino Francese: la salita ad O Monte do Gozo (Km 48), prima località da cui vedremo la torre della Cattedrale.

Oltre a questo tratto difficile ce ne sono altri che dovremo affrontare, in questa giornata: quello che va da Castañeda (Km 8) fino al cavalcavia della N-547 e quello che si trova tra O Amenal (Km 36,7) e Cimadevila (Km 37), che continua fino a raggiungere l’aeroporto -anche se poi finisce in modo più tranquillo -. Ad ogni modo, la rampa più impegnativa – insieme alla salita ad O Monte do Gozo- sarà quella che troveremo all’uscita da Ribadiso de Abaixo (Km 11), una rampa con una pendenza media dell’8% che ci porterà al bordo della strada.

Anche se questi sono i dislivelli più forti, non possimo dimenticare che siamo ancora in Galizia, e quindi la topografia cambia costantemente e i sentieri sono dei veri e propri “spaccagambe”. Fino ad A Peroxa (Km 17,3) il cammino sarà più che altro una successione di salite e discese, che possono essere più o meno pronunciate.

Localidad de A Peroxa durante el Camino de SantiagoA Peroxa (Fotografia ceduta da Alexander Schimmeck su Flickr sotto le seguenti condizioni)


Ad ogni modo, la difficoltà principale con cui possiamo scontrarci è, senza dubbio, il fango
. Molti dei sentieri su cui ci muoviamo sono di terra morbida, quindi quando piove diventano pantani. Scomodo per chi va a piedi, per noi può diventare un tormento. In realtà se percorrete questa tappa in un periodo di pioggia, l’unico modo in cui vi potrete arrangiare è prendendo la N-547, dato che non ci sono strade secondarie o regionali che seguano questo percorso. Prendere la strada nazionale sarebbe un peccato, perché non passa in nessuna località giacobina e vi perdereste l’ultima full-immersion rurale del Cammino Francese. Quindi, Tournride vi consiglia di avvalervi del cammino pedonale durante tutta questa tappa..

A partire da Lavacolla circolaremo solamente su asfalto -o acciottolato centenario- fino alla Cattedrale. Fino a quel momento, la maggior parte dei sentieri saranno di terra quando si transita sui rilievi o di ghiaia quando uniscono piccole cittadine.

Bisogna anche tenere conto che in questa tappa si attraversano abbastanza torrenti, ruscelli e fiumi. La Galizia è verde grazie alla sua grande abbondanza d’acqua! In linea generale non avremo problemi ad attraversarli e dovremo solo tirar fuori la nostra bravura nel superare il fiume Raído (Km 2,5), quasi all’uscita da Santa María de Melide. Una stretta passerella in granito, su cui passare in fila indiana, aiuta a superarne il corso.

Infine, l’entrata a Santiago può risultare un po’ confusa, dato che è abbastanza ampia la zona urbana che dobbiamo attravarsare. All’uscita da O Monte do Gozo (Km 48) prenderemo la N-634 dopo aver evitato alcuni scalini. Sul marciapiede sinistro o sull’argine destro entriamo a Santiago attraverso il quartiere di San Lázaro, attraversando varie rotonde e, alla terza, giriamo obliquamente a sinistra. Ormai all’entrata sulla via Concheiros, proseguiamo dritto per la zona pedonale di calle de San Pedro e dopo un attraversamento pedonale entriamo nella zona monumentale di Compostela… siamo alla fine del nostro Cammino!

CONSIGLI PRATICI

Consigli di itinerario: In questa tappa non ci sono strade locali o secondarie che seguano il corso del cammino. Le uniche opzioni sono prendere la N-547 o seguire la via pedonale. Tournride consiglia di seguire i segnali giacobini sulla via pedonale.

– Nei periodi di pioggia possiamo scontrarci con la principale difficoltà di questo tratto: il fango. Molte piste forestali hanno un fondo molle che moltiplicherà lo sforzo nell’avanzare, bisognerà spingere sulle marce corte!

I primi 17 Km fino ad A Peroxa sono un vero e proprio percorso “spaccagambe”. A partire da lì il fondo cambia continuamente, ma le variazioni saranno in generale meno brusche.

Attenzione agli incroci della N-547 con i sentieri pedonali, che a volte risultano piuttosto pericolosi. Nella mappa della tappa vi segnaliamo gli incroci in cui è necessario prestare maggior attenzione.

A Santiago di Compostela ci sono tre uffici che non potrete evitare di visitare:

1) L’ufficio del pellegrino. Accanto alla piazza dell’Obradoiro, nella Calle Carretas nº33, si trova l’ufficio di accoglienza al pellegrino. Qui vi metteranno l’ultimo timbro sulle credenziali e vi daranno gratuitamente la Compostela, il documento con il vostro nome e cognome – in latino – che accerta il compimento del pellegrinaggio. C’è anche la possibilità di consiguire un Certificato di Distanza (3€), in cui compaiono i punti di partenza e fine dal vostro pellegrinaggio e i km percorsi. Qui vendono i tubi per custodire le carte (2€), che si trovano anche in molti negozi di souvenir della città e anche a prezzi inferiori.

Orario dell’ufficio: Aperto tutti i giorni tranne il 25 di dicembre e il 1 di gennaio. Dal 1 di novembre al 31 di marzo dalle 10,00 alle 19,00h. Durante la Settimana Santa e il resto dell’anno dalle 8,00 alle 21,00h.

2) L’ufficio di Tournride. Se dopo aver raccolto le vostre credenziali passate per la nostra sede, che si trova a 5 minuti dalla Cattedrale,ritireremo la vostra bici perché non dobbiate più preoccuparvene e vi consegneremo l’equipaggio in più che ci avete lasciato in custodia, nel caso in cui abbiate deciso di utilizzare il nostro servizio di spedizione dei bagagli. Inoltre… siamo sempre contenti se venite a trovarci per raccontarci la vostra esperienza!

Vi aspettiamo in calle Laverde Ruiz n.º 5, calle Laverde Ruiz n.º 5, dal lunedì al venerdì dalle 10,00 alle 14,00h e dalle 16,30 alle 19,30; se sarete qui nel weekend, uno di noi verrà in sede per servirvi. Vi chiediamo solo di comunicarci l’ora di arrivo per evitare attese durante i giorni festivi. Potete scriverci il giorno prima a info@tournride.com o chiamarci al +34 981 936 616 durante la settimana. Durante il fine settimana è possibile comporre l’opzione di assistenza sul centralino.

3) L’ufficio del turismo. Nonostante come sempre Tournride vi consigli un percorso per scoprire la città che rappresenta il finale della tappa e meta del pellegrinaggio, le informazioni non sono mai troppe. L’ufficio del Turismo della Galizia si trova in rúa do Vilar 30-32  e nella stessa via, ma al numero 63, si trova l’ufficio del turismo del comune di Santiago de Compostela.

Per uscire da Santiago ci sono molte possibilità di collegamento, , data la grande quantità di turisti che accoglie, la sua posizione strategica e la sua condizione di capitale regionale. Affittare le bici con Tournride facilita la logistica della vostra partenza, visto che non dovrete preoccuparvi dell’imballaggio o dei sovraccosti per spedire le vostre bici a casa. Così, con solo la vostra valigia, potrete ripartire da Santiago…

In aereo. L’aeroporto di Lavacolla ospita sempre più voli diretti, sia da diverse parti di Spagna (Alicante, Barcelona, Bilbao, Ibiza, Madrid, etc.) sia da altre parti del mondo (Dublín, Ginebra, Londres, etc.). Sulla pagina di Aena  potete consultarli tutti. In Galizia c’è un aeroporto anche ad A Coruña ed a Vigo, città a meno di 45 minuti in treno in cui potrete trovare molti più collegamenti. Inoltre, per voli internazionali può essere una buona opzione guardare i collegamenti dell’aeroporto di O Porto (Portogallo), visto che a volte si trovano voli a buon prezzo e da Santiago si può arrivare direttamente all’aeroporto in autobus con Alsa.

In autobus. Dalla stazione dei bus di Santiago, a nord della città, ci sono collegamenti con il resto delle città galiziane o o di Spagna, e anche alcuni con altre parti d’Europa.

In treno. La stazione del treno non è molto lontana dal centro e nella pagina di Renfe potrete trovare le opzioni di destinazione, che sono molte!

ITINERARIO DETTAGLIATO E PATRIMONIO STORICO-ARTISTICO

Oggi è una giornata da imprimere nella memoria… conosceremo la Cattedrale di Santiago! Oltre al tempio e alla città vecchia, entrambi Patrimonio dell’Umanità, avremo la possibilità di immergerci per l’ultima volta nell’ambiente rurale Galiziano, passando tra alberi autoctoni e altri venuti dagli antipodi – come l’eucalipto-.

Visiteremo anche il patrimonio religioso, alcuni resti molto particolari e rappresentativi come la chiesa di Santa María all’uscita di Melide.

E, oltre al patrimonio storico e artistico, ci verrà l’acquolina in bocca grazie al patrimonio gastronomico; soprattutto in Arzúa. Qui potremo provare un altro prodotto con Denominazione di Origine Galiziano, il formaggio di Arzúa-Ulloa, che si sposa alla perfezione con il miele di produzione locale o con il delizioso membrillo (una sorta di cotognata) fatto in casa.

Man mano che ci avviciniamo a Santiago ci addrentiamo in un ambiente sempre più urbano, che culminerà con la prima veduta delle torri della Cattedrale ad O Monte do Gozo.

Soprattutto però, oggi sarà un giorno emozionante; un giorno in cui ci renderemo conto di come contrasta l’allegria di arrivare a Santiago con la tristezza di mettere un punto e a capo -non un punto e basta- al nostro Cammino.

Camino de Santiago desde MelideCammino di Santiago da Melide (Fotografia ceduta da Miriam Mezzera su Flickr sotto le seguenti condizioni)

DA ARZÚA A SALCEDA IN UN “SU E GIU’” COSTANTE

L’uscita da Melide è semplice, niente a che vedere con altre che già abbiamo passato in altre grandi città. Dalla rotonda centrale di questa località dobbiamo dirigerci verso nord, seguendo le indicazioni del “Museo Terra de Melide”. Passando al lato sinistro della strada ci dirigiamo verso il Concello. Dopo aver superato il Comune giriamo ancora a sinistra e a destra e prendiamo una breve ma intensa rampa in salita sulla via Principale. Le frecce segnalano il sentiero di terra e ghiaia con molta vegetazione su entrambi i lati, che ci lascia sulla N-547.

Dopo aver attraversato la strada molti segnali ci indicano il cammino verso la chiesa di Santa María di Melide (Km 1,1). Questa cittadina si è sempre costituita ente differente da Melide, anche se oggi sembra formar parte della località principale. La chiesa che compare alla destra del cammino è di origine romanica ed è piena di piccoli dettagli che meritano la nostra attenzione.

La maggioranza degli elementi costruttivi della chiesa di Santa María de Melide sono decorati. Sugli archivolti troviamo motivi a scacchi o a piccoli rettangoli, così come motivi geometrici o altre forme che ricordano l’antica simbologia celtica – triskell, croci, spirali, ecc.-. Anche i capitelli sono ricchi di sculture, vi si vedono leoni e bestie – del cui significato di protezione e minaccia abbiamo già visto nella tappa precedente– e forme vegetali.

Iglesia de Santa María de MelideChiesa di Santa Maria di Melide (Fotografia ceduta da Fresco Tours su Flickr sotto le seguenti condizioni)

All’interno della chiesa ci sono due elementi eccezionali: un altare romanico, decorato con piccoli archi sotto i quali si trova pittura di differenti colori; e una grata di metallo del S. XII che si conserva nella sacrestia moderna del tempio.

Sicuramente vi domanderete… Una griglia? Che valore può avere una griglia? Dunque, anche se si potrebbe pensare che il valore della griglia di Santa Maria risiede nelle belle spirali che la costituiscono, il suo maggior valore è storico e sociologico, già che, situandola al suo tempo, ci racconta aspetti della società medievale sul modo di concepire la vita.

Durante l’Alto Medio Evo (fino al S. XII) la chiesa era il punto di ritrovo sociale più importante. Il tempio rappresentava in sé e per sé la gerarchia sociale e, per questo, ogni persona aveva il proprio spazio delimitato secondo il genere, stato e situazione a livello di sacramenti. La parte più sacra era l’abside, orientato verso est, dove sorge il sole e che rappresenta la luce e il divino. In questa zona potevano accedere solo i sacerdoti, che si erano “uniti” a Dio per la vita. Nelle navate, i più ricchi stavano davanti e molte volte gli uomini erano separati dalle donne. Ai piedi della chiesa, nel portico d’ingresso, c’erano quelli che non erano ancora stati battezzati -per questo la fonte battesimale si trovava lì, senza essere battezzati non si poteva mettere piede nelle navate.

Per questo, camminare dall’entrata della chiesa fino all’abside era rappresentazione del cammino verso Dio. Ogni sacramento permetteva di accedere ad una parte differente e, inotre, segnava tutti i momenti importanti della vita. Dalla nascita (battesimo) fino alla morte (estrema unzione). In effetti, in mancanza di documenti di identità o passaporti, l’unico registro civile a disposizione erano i libri delle parrocchie!

Così come il fatto di essere o meno battezzati poneva dentro o fuori il tessuto sociale, impedendo l’accesso ad alcuni lavori o di poter vivere in alcune zone – gli ebrei per esempio vivevano in quartieri a parte- il posto che si occupava durante la messa metteva in chiaro in che punto della vita e della società ci si trovava. Per sottolinearlo, molte volte gli spazi erano fisicamente delimitati con griglie o strutture di legno. Si usavano anche per “nascondere” ai fedeli alcuni dei momenti più sacri come la transustanziazione. Di fatto, nella chiesa ortodossa è ancora così, separando gli spazi con grandi strutture di legno con icone (dipinti religiosi). Nella chiesa cattolica la separazione degli spazi iniziò a sfumare durante il periodo gotico, quando la luce entrò nelle chiese e la loro concezione filosofica cambiò completamente. Gli elementi separatori vennero eliminati, evidenza dei cambi sociali che avvennero con il sorgere delle città e con la nascita della borghesia. La maggioranza di queste griglie o strutture, che erano testimonianza del modo di vivere in una società a classi sociali stratificate, si persero. Ma non questa griglia di Santa Maria, che è l’unica che resta in tutta la Galizia.

Dopo questa curiosa visita abbandoniamo il lastricato di Santa Maria e proseguiamo per un sentiero di ghiaia che in pochi metri si addentra in un fitto bosco. Percorriamo questa pista di terra che sale e scende continuamente tra querce, castagni, pini e eucalipti. Man mano che avanziamo verso Santiago -e soprattutto se poi proseguiamo fino a Muxía o Fisterra- ci renderemo conto di come l’eucalipto, albero di origine australiana, va soppiantando le specie autoctone galiziane.

Questo, a livello generale, si deve all’uso comune di dividere il campo in piccoli minifondi-eredità divisa tra tutti i figli- tipico della Galizia. Dagli anni 80 molte persone che vivivano in città ereditarono parti dei rilievi e cedettero i diritti di sfruttamento del terreno a imprese di cellulosa o legnami galiziane. L’eucalipto è un albero che cresce molto rapidamente, con buoni risultati nella chimica delle cartiere, ma impoverisce molto la terra, si espande e invade i terreni circostanti. Poco a poco l’eucalipto ha spodestato le specie atlantiche e fluviali, tipiche della Galizia, che hanno bisogno di molta più acqua e crescono più lentamente, come la quarcia e il castagno.

Oggi molti considerano l’eucalipto come infestante e come uno dei più grandi problemi ambientali galiziani, mentre altri lo vedono come un motore economico che fa crescere l’industria. Sicuramente, anche se il governo galiziano continua ad estendere l’autorizzazione alle industrie di carta e legname per continuare a lavorare, si ampliano le zone galiziane in cui è vietato piantare eucalipto.

Senda de tierra rodeada de eucaliptos en la provincia de A CoruñaSentiero tra eucalipti nella provincia di A Coruña (Fotografia ceduta da Roi Arias su Flickr sotto le seguenti condizioni)

Tra gli alberi attraversiamo un ruscello su una semplice passerella di granito e raggiungiamo la massima quota della tappa (470 m) nella zona di Parabispo. Usciamo dal bosco per raggiungere l’argine della N-547 a Raído (Km 3,5) e ci addentriamo di nuovo tra gli alberi. In un continuo saliscendi attraversiamo un altro tratto di bosco fino a Boente (Km 5,7), paese diviso in due dalla strada nazionale.

Prima di attraversare la strada vedremo un cruceiro e una fonte, denominata “de la Saleta”, della cui acqua si dice che abbia proprietà benefiche per la salute. All’altro lato della via nazionale si trova la chiesa di Santiago, con origine romanica, anche se del tutto restaurata nel S.XIX -le restano solo una finestra e i due capitelli del S. XII-. Del tempio richiama l’attenzione l’immagine di Santiago Pellegrino che si conserva sull’altare maggiore.

Lasciamo alle spalle Boente sulla sua strada lastricata fino ad arrivare ad un sentiero che, di nuovo, è ricoperto delle fitte fronde degli alberi. Su questo cammino “spaccagambe” attraversiamo la N-547 in un tunnel, proseguiamo per il monte e poi prendiamo un sentiero che inizia a prendere quota parallelamente alla strada nazionale. Poi, arrivati in alto si devia verso sinistra per entrare a Castañeda (Km 7,9).

A Castañeda i pellegrini portavano una pietra che avevano raccolto a Triacastela, perché fosse lavorata nei suoi forni e per aiutare così la costruzione del tempio dell’apostolo. Uscendo da questa località si scende su un sentiero tra i pascoli, prima su asfalto e poi su terra dopo aver incrociato un altro sentiero. Il tracciato è favorevole fino a che attraversiamo un torrente e inizia la salita fino ad un cavalcavia sopra la N-547.

Dopo aver superato la via nazionale il tracciato torna ad essere discendente fino ad entrare a Ribadiso da Baixo (Km 11). Come indica il suo nome, questa piccola località si trova sulla riva dell’Iso, fiume che attraversiamo grazie ad un semplice ponte ad arco singolo, in cui la vegetazione ha invaso lo spazio della pietra.

Peregrino caminando por el puente de RibadisoRibadiso (Fotografia ceduta da Hans-Jakob Weinz su Flickr sotto le seguenti condizioni)

Una sola strada fornisce la forma al paese, con i servizi -bar e alberghi- su entrambi i lati. L’ostello pubblico del paese si trova sulla riva del fiume, appena passato il ponte, e occupa lo spazio di un antico ospedale riabilitato.

All’uscita di Ribadiso la strada inizia a salire fino a diventare una rampa piuttosto impegnativa, che finisce in un tunnel sotto la N-547. Una pista asfaltata segue quindi il corso della strada e finisce per diventare un sentiero parallelo all’argine sinistro della strada nazionale, che ci porta direttamente ad Arzúa (Km 14).

Ad Arzúa si uniscono a noi i pellegrini che vengono da Irún percorrendo il Cammino del Nord, una via che era molto usata nel Medio Evo quando ancora si stava recuperando il territorio dagli arabi e molte delle zone per cui passava il cammino francese erano zone di battaglia.

Arzúa è una località che, nonostante la sua storia millenaria legata al Cammino di Santiago, non conserva molti edifici antichi. La maggioranza delle costruzioni sono moderne, anche la sua chiesa parrocchiale di Santiago è della metà del S. XX -del tempio richiamano l’attenzione le due statue dell’apostolo come pellegrino e come “matamoros”, un’iconografia di cui abbiamo parlato in precedenza-. La cappella della Magdalena è l’unico resto medievale che possiamo trovare. Formava parte di un antico convento del S. XIV.

Nonostante non abbia un grande patrimonio artistico, Arzúa può diventare una fermata ideale. Dopo aver percorso i primi 14 Km della tappa ci farà molto piacere sederci e assaggiare il formaggio locale, che si può provare con il miele anch’esso prodotto nella zona.

Queso de denominación Arzúa-UlloaFormaggio Arzúa-Ulloa ((Fotografia ceduta da Roger Casas-Alatriste su Flickr sotto le seguenti condizioni)

La Galizia vanta quattro Denominazioni di Origine Protetta di formaggi, anche se ovviamente qui ne vengono prodotti molti altri tipi. Quello di O Cebreiro abbiamo già avuto l’occasione di assaggiarlo all’entrare nel territorio e ora, in questa zona, possiamo provare quello di Arzúa-Ulloa, un formaggio di vacca grasso che generalmente si consuma poco stagionato, piuttosto fresco. In Galizia si usa dire che “si spande” nel piatto, visto che se si taglia non mantiene la sua forma e si spancia verso fuori. Oltre a queste D.O.P., gli altri due formaggi galiziani sono il Tetilla e il San Simón, quest’ultimo affumicato.

DA ARZÚA O PEDROUZO, DUE LOCALITA’ MODERNE CON LA N-547 COME VIA PRINCIPALE

Dopo questa deliziosa fermata usciamo da Arzúa abbandonando la sua via principale verso sinistra, per la via lastricata da Cima do Lugar. Con tracciati favorevoli, questavia finirà per diventare un sentiero di terra che ci porterà in una zona di bosco denominata di As Barrosas, perché quando piove si forma una gran quantità di fango… Quindi in epoca di pioggia bisogna accorciare le marce!

Passiamo davanti ad una cappella dedicata a San Lazzaro, una intitolazione che abbiamo già visto nel Cammino in altre località appartate, già che molta gente con malattie infettive compiva il pellegrinaggio sperando di curarsi e veniva accudita in lazzaretti.

Dopo aver attraversato il fiume iniziamo a salire su questa umida pista forestale fino a tornare a circolare su alfalto all’entrata di Pregontoño (Km 16,2), una piccola cittadina rurale in cui possiamo vedere una cappella del S. XVIII dedicata a San Paio, con un enorme portico esterno quasi della stessa dimensione della chiesa. Su asfalto passiamo su un tunnel sotto la N-547 e proseguiamo su un sentiero diritto tra prati che ci porta ad A Peroxa (Km 17,3).

Da A Peroxa torneremo ad addentrarci in una pista forestale con profilo, in generale, favorevole. Molti degli alberi -sempre più eucalipti- di questa zona sono decorati dai pellegrini, che li riempiono di biglietti con messaggi in tutte le lingue.

Dopo aver attraversato un torrente saliamo su fondo di terra fino ad una piccola cittadina chiamata Taberna Vella. Appena superata, un grande ponte ci porta a passare sopra il faraonico cantiere dell’autostrada A-54, una via la cui intenzione è collegare Lugo con Santiago, aprendo un poco il collegamento dell’entroterra della Galizia con la parte atlantica -anche se i lavori vanno avanti da molti anni, a causa di continui rinvii e ritardi.

Dopo aver superato il cantiere entriamo ad A Calzada (Km 19,8), che si trova al limite tra il concilio di Arzúa e quello di O Pino. All’uscita del paese l’asfalto diventa ghiaietto e poi di nuovo una pista forestale tra i monti, anche se in generale il profilo è semplice -e continuerà ad esserlo fino ad O Amenal (Km 36,7).

Entriamo nel paese di Calle (Km 21,8), dal fondo lastricato, il cui nome deriva dal latino callis nel senso di “strada, cammino”, che sicuramente riflette la sua antica relazione con il Cammino di Santiago. Sul sentiero principale del paese troviamo un hórreo originale, posizionato sopra il cammino come un arco. Ci passiamo sotto e uscendo dal paese troveremo alcuni milladoiros -cumuli di pietre lasciate come offerte-.

Continuiamo su piste forestali nel pittoresco ambiente rurale, un percorso molto piacevole. L’unico problema che potremmo incontrare, di nuovo, è il fango durante il periodo delle piogge. Arriviamo così a Boavista (Km 23,2) e, poco dopo, al lato destro della N-547 ad A Salceda (Km 25), punto in cui la dinamica della tappa cambierà abbastanza: la strada nazionale attraverserà continuamente il nostro cammino e l’immersione nell’ambiente rurale pacifico non sarà così intensa come lo è stata fino ad ora.

DA SALCEDA ALL’AEROPORTO DI SANTIAGO: AVVICINAMENTO A COMPOSTELA

I segnali giacobini ci indicano di abbandonare Salceda su un sentiero di ghiaia sull’argine destro, su cui iniziamo a salire leggermente. Passiamo davanti ad una targa dedicata ad un pellegrino belga che morì poco prima di arrivare a Compostela, con altri ex-voto che sono stati lasciati in suo onore e, in solamente un km dobbiamo tornare ad attraversare la strada nazionale su un passaggio a raso, punto in cui è necessario prestare molta attenzione.

Ci addentriamo su un sentiero tra gli eucalipti e arriviamo quindi ad O Xen (Km 26,3) e ad As Ras (Km 27), piccole località formate da un insieme di case.

Torniamo ad attraversare la strada nazionale, anche se questa volta possiamo farlo attraverso un tunnel sotterraneo. Ormai sul lato destro, ci allontaniamo su una pista di ghiaia che ci porta ad A Brea (Km 27,6), località in cui troviamo possibilità di soggiorno.

Il sentiero ci porta di nuovo sull’argine destro della strada nazionale, che dovremo attraversare in modo piuttosto pericoloso per passare sul marciapiede sinistro, dove troviamo delle panchine e un punto di riparo in caso di pioggia. Proseguiamo su un sentiero di ghiaia sul lato sinistro fino ad arrivare ad O Empalme (Km 29,3), dove dobbiamo tornare a cambiare lato della strada attraversando un incrocio pericoloso. Le macchine qui non vanno molto forte, ma questo punto coincide con un cambio di inclinazione.

Superato l’incrocio arriviamo ad un sentiero che alterna ghiaia e terra e che si addentra tra gli alberi, passando vicino all’argine destro della strada ma ad un livello diverso. In discesa andiamo verso un tunnel sotto la N-547 che ci porta a Santa Irene (Km 30,3). Qui possiamo vedere la cappella di Santa Irene, una semplice costruzione del S. XVIII impreziosita dalle querce che la circondano, alcune di notevoli dimensioni. Accanto alla cappella si trova una fonte che si dice mantenga sempre giovane chi si lava regolarmente con la sua acqua. Un peccato non potersela portare a casa!

Capilla de Santa IreneCappella di Santa Irene(Fotografia ceduta da walter su Flickr sotto le seguenti condizioni)

Dobbiamo tornare ad attraversare la N-547 senza un passaggio pedonale sicuro per passare sul lato destro, dove troviamo un’area di sosta con una grande fontana con incisa una conchiglia. Dopo aver transistato un po’ lungo il bordo strada ci addentriamo su un sentiero tra gli eucalipti che ci porta ad un sottopasso dopo cui proseguiamo su ghiaia fino ad A Rúa (Km 31,7).

A Rúa è una piccola località di una sola via -come dice il nome- piuttosto incantevole e molto tranquilla. Offre alloggi in cui passare la notte e punti per riposare in un ambiente rurale tranquillo, rimanendo vicino ad O Pedrouzo, dove troveremo tutti i servizi.

Per arrivare ad O Pedrouzo (Km 33) dobbiamo solo salire fino all’argine sinistro della N-547, dato che la strada taglia il paese a metà. In questa località la maggior parte dei pellegrini decide di passare l’ultima notte di pellegrinaggio, anche se noi impiegheremo poco a percorrere la distanza che resta…In solamente 18 Km saremo a Santiago! Ad O Pedrouzo troveremo tutti i servizi di cui abbiamo bisogno e può essere un buon punto per riposare o prendere qualcosa da mangiare o da bere e fare sosta ad O Monte do Gozo, che si trova solo a 15 Km e ci regala una vista indimenticabile.

Dopo aver seguito la strada, che è la via principale di O Pedrouzo, passiamo dall’altra parte su un passaggio pedonale e saliamo per una strada con una pendenza abbastanza importante fino ad arrivare ad una struttura scolastica. Lì gireremo a sinistra e prenderemo una pista forestale fino a San Antón (Km 34), piccola località a cui arriviamo in discesa su una pista asfaltata di appena 100m.

Entriamo così su una pista che alterna terra ghiaiosa e asfalto tra carballos (di querce). Per 1 Km andiamo avanti tranquillamente mentre il sole si nasconde tra le fitte chiome degli alberi, fino a ritornare alla luce del giorno su un sentiero tra campi coltivati che, dopo aver girato a sinistra e a destra ci lascia ad O Amenal (Km 36,7), località situata su entrambi i lati della strada nazionale. Superiamo la strada grazie ad un passaggio sotterraneo e ci addentriamo in quello che sarà l’ultimo tratto forestale che percorreremo nella nostra peregrinazione. Più che una gradevole e pittoresca passeggiata diventerà una prova di sforzo, dato che è in pendenza verticale costante, con una media del 5% fino a Cimadevila e del 3% per il seguente km e mezzo.

Dopo essere arrivati alla quota più alta di 363 m il terreno si livella e a volte si trovano lievi discese. Raggiungiamo il bordo orientale dell’aeroporto, che fu costruito in mezzo ai sentieri abituali per arrivare a Santiago. Per questo dobbiamo costeggiarlo, aggirando la sua parte nord su sentieri di terra accanto alla recinzione metallica dell’aerodromo, dove molti pellegrini appendono croci e souvenir. Questa parte del cammino diventa molto fangosa quando piove, cosa che può diventare un grande contrattempo per noi. Passiamo accanto ad una grande pietra con i simboli giacobini che annuncia l’entrata a Santiago.

ULTIMO TRATTO FINO ALLA CATTEDRALE, SALENDO AD O MONTE DO GOZO E SCENDENDO PER L’AREA URBANA FINO AL CENTRO DI COMPOSTELA

Ormai sul lato occidentale dell’aeroporto arriviamo a San Paio (Km 40,6), una piccola cittadina con una chiesa al centro, e prendiamo un sentiero di ghiaia tra gli alberi che termina scendendo per attraversare la SC-21 con un tunnel.

Dopo l’incrocio con la SC-21 una pietra miliare ci indica di andare avanti dritto su un sentiero di ghiaia per poi scendere su asfalto fino a Lavacolla (Km 42), località il cui nome è relazionato alla tradizione giacobina. Secondo il Códice Calixtino, i pellegrini si lavavano in paese nel fiume Sionlla, per arrivare puliti a Santiago. Il nome verrebbe da “lava-collus”, cioè, “lavare il collo”.

Questa tradizione di lavarsi prima di entrare a Santiago e nella Cattedrale aveva un’importante logica simbolica, ma anche un’ovvia funzione igienica. Si trattava di lasciare tutta la sporcizia alle spalle, che simbolicamente rappresenta i peccati, per arrivare “puliti” ad incontrare l’apostolo e ricevere l’indulgenza plenaria, e inoltre… immaginate che odore potevano emanare i pellegrini medievali e la quantità di “piccoli ospiti” che potevano portare con sé dopo mesi di cammino dormendo all’addiaccio! Di fatto, prima della porta della Cattedrale i pellegrini si spogliavano e si lavavano nuovamente nella cosiddetta “Fonte del Paradiso”, bruciando i vestiti davanti alla croce detta “ dos farraposfarrapo sono i “vestiti vecchi” in galiziano-. Poi, puliti e con abiti nuovi entravano a vedere l’Apostolo, avendo guadagnato il Paradiso. Dopo la visita molti pellegrini dormivano nella cattedrale e, nonostante tutto l’atmosfera doveva essere abbastanza pesante, tanto che fu costruito il botafumeiroun turibolo che poteva bruciare fino a 40 Kg di incenso!


Camino de tierra con una peregrina caminando antes de llegar a LavacollaCamino prima di Lavacolla (Fotografia ceduta da José Antonio Gil Martínez su Flickr sotto le seguenti condizioni)

A Lavacolla passiamo davanti ad un bel palco per musica, una costruzione che nella Galizia della fine del S. XIX era un vero e proprio centro di relazioni sociali. Data la climatologia pioviosa, queste strutture metà arredo urbano metà edifici, permettevano di vivere il ballo e la musica in ogni situazione, con una perfetta visibilità dell’orchestra.

Per uscire da Lavacolla attraversiamo la N-634 e proseguiamo su una pista asfaltata che diventa, dopo aver passato il fiume, una vera e propria rampa. La pendenza non si addolcisce fino a Vilamaior (Km 43,3), una piccola località che attraversiamo da est a ovest per continuare, già su asfalto, fino a Santiago.

Su terreno piano ora passiamo davanti alla sede della televisione di Galizia (TVG) e al centro territoriale di TVE e prendiamo una via leggermente in salita per entrare a San Marcos (Km 47,2). All’uscita di San Marcos troveremo alla nostra destra una cappella di San Marco e un grande monumento dedicato a Giovanni Paolo II… Siamo a Monte do Gozo!

Estatua de los peregrinos en el Monte do GozoMonte do Gozo (Fotografia ceduta da Isidro Cea su Flickr sotto le seguenti condizioni)

Monte do Gozo (Km 48) si chiamava originariamente “de San Marcos”, dato che qui il il vescovo di Santiago ordinò nel S. XII di costruire una cappella in onore di questo santo. Dice la leggenda che in realtà la cappella fu costruita dallo stesso San Marcos, perché quando stava compiendo il pellegrinaggio verso Santiago, arrivato quasi alla meta, chiese ad un tedesco quanto mancasse e questi gli mentì dicendo che mancavano mille km. Le fece perché, secondo la tradizione, chi arrivava per primo alla cima e vedeva per primo la Cattedrale era il “re” del pellegrinaggio; non voleva che San Marcos gli sottraesse questo onore. Il santo, sconfortato, decise che non era in grado di proseguire e si costruì qui una cappella.

In questa cappella la gente si fermava a pregare fino al S. XVIII, quando fu abbandonata -quella che vediamo oggi è di recente costruzione -. Il monte divenne sempre più noto con il nome di “o gozo” (della gioia) per l’emozione che invade i pellegrini al vedere per la prima volta le torri della Cattedrale ai propri piedi, nella valle in cui si trova Compostela.

Accanto alla cappella nasce un cammino che porta ad una grande spianata con un monumento che fu costruito nel 1989, quando il papa Giovanni Paolo II venne a Santiago a presiedere le Giornate Mondiali della Gioventù. Centinaia di partecipanti pellegrinarono verso Compostela e su questo monte furono costruite delle grandi strutture per ospitare l’evento. Al giorno d’oggi le strutture ci sono ancora e constano di un grande anfiteatro -hanno suonato qui dai Rolling Stones a Bruce Springsteen-, un hotel, caffetterie, ostelli, ecc. Nel punto panoramico del monte, da cui vediamo la Cattedrale per la prima volta, ci sono due inconfondibili sculture dell’atrista José María Acuña López -lo stesso che ritrasse un viandante medievale sul passo di San Roque- di pellegrini che guardano verso Compostela con le loro mani destre alzate.

Torniamo sulla strada asfaltata da cui arriviamo e scendiamo fino ad un punto in cui un segnale ci indica delle scale che portano ad un marciapiede sulla N-634. Possiamo evitare le scale seguendo la pista verso destra, visto che anch’essa in pochi metri sbuca sulla strada.

Arriviamo così ad una rotonda all’entrata del quartiere San Lázaro, dove delle lettere di metallo rosse formano le parole “Santiago de Compostela” su un lato, anche se anche il normale segno di ingresso alla città, pieno di adesivi di pellegrini, mantiene il suo fascino.

Da San Lázaro possiamo scegliere se andare per l’argine destro con le macchine o sul marciapiede di sinistra. Inizialmente il marciapiede è ampio ma poi va restringendosi e sarà sempre più scomodo.

Proseguiamo sempre dritto e, due rotonde più avanti, giriamo obliquamente verso sinistra per seguire una via che sbocca su una pulpería(tipico negozio di generi alimentari), all’incrocio con la N-550. Dobbiamo passare dall’altra parte e seguire per rúa Concheiros, chiamata così perché anticamente era il quartiere fuori le mura in cui gli artigiani fabbricavano le conchiglie -normalmente d’ottone- che si utilizzavano come segno distintivo di aver completato il pellegrinaggio.

Oggi la via si aggancia con quella di San Pedro, un quartiere che si trovava vicino ad una delle sette porte delle mura. Di fatto la via, oggi pedonale e piena di negozi, termina all’incrocio con Puerta del Camino, dove si trovavano le mura con l’entrata da cui passavano tutti i pellegrini. Per terra vediamo un’iscrizione in diverse lingue che dice “L’Europa è stata fatta in pellegrinaggio a Compostela”, in riferimento a come questa via abbia contribuito a forgiare i legami dell’identità europea.

Dopo aver superato il passaggio pedonale entriamo nel lastricato della città vecchia di Santiago, che dal 1985 è Patrimonio dell’Umanità. All’interno si conservano una moltitudine di monumenti romanici, gotici e barocchi insieme a case con gallerie, portici o piccoli balconi.

Salendo per la via di Casas Reais arriveremo alla piazza di Cervantes, con una fonte in mezzo e un portico sul lato. Anticamente si trovava qui il Comune di Santiago, fino a che nel S. XX fu trasferito nell’imponente edificio neoclassico che si innalza di fronte alla Cattedrale nella piazza del Obradoiro.

Seguiamo la linea del portico nella piazza e scendiamo fino a trovarci sulla sinistra, finalmente, la porta di Azabachería della Cattedrale di Santiago. Qui si trovava originariamente la già citata Fonte del Paradiso e per questa porta – che non conserva la sua decorazione originale – tutti i pellegrini entravano per vedere l’apostolo. Oggi molti preferiscono prendere le scale fino a piazza del Obradoiro e vedere l’imponente facciata in campo aperto prima di entrare nel tempio. Noi possiamo costeggiare le scale andando per il lato di San Martín Pinario, un antico monastero che oggi svolge molte funzioni ed è il secondo congiunto religioso più grande di tutta Spagna – dopo l’Escorial-.

Ormai nella piazza del Obradoiro possiamo finalmente scendere dalla bicicletta e godere del misto di allegria e tristezza che si sente al terminare la peregrinazione. Lo sforzo compiuto durante le centinaia di km che abbiamo percorso sarà dimenticato non appena scendiamo dalla bici, ma l’esperienza e i momenti che il nostro Cammino ci ha regalato rimarranno per sempre impressi nella nostra memoria…A partire da questo momento una parte di noi vorrà sempre tornare a Compostela!

Catedral de Santiago de Compostela en la plaza del Obradoiro

TAPPA 13: DA SARRIA A MELIDE – CAMMINO FRANCESE IN BICICLETTA

Distanza da Santiago: 111 km

Distanza di tappa: 60 km

Tempo stimato: 6 ore

Quota minima: 360 m

Quota massima: 730 m

Difficoltà della tappa: Media – Alta

Punti di interesse: Portomarín, Palas de Rei, Melide

Mappa dell’itinerario: Per vedere il percorso su Google Maps fare click qui

Etapa 13 del Camino de Santiago en bicicleta desde Sarria hasta MelideFare click sull’immagine per ingrandire

Questa tappa consiste in tre parti abbastanza differenziate tra loro. Il tratto dall’uscita di Sarria fino a Portomarín (km 22) ci farà mettere in pratica le nostre abilità tecniche, visto che corre lungo sentieri e corredoiras che, soprattutto nel periodo delle piogge, diventano fangosi e sono invasi dai vicini torrenti.

Dopo aver attraversato Miño ed essere entrati a Portomarín la dinamica cambia completamente, già che fino a Palas de Rei (km 47) il cammino giacobino segue costantemente la LU-633 o una pista asfaltata praticamente senza traffico. Potremo avanzare molto più rapidamente e copriremo una distanza tra i paesi un poco maggiore.

Da Palas fino a Melide (km 60) si alternano tratti sulla N-547 con altri attraverso il bosco, che complicheranno nuovamente il nostro cammino ma che ci regaleranno delle stupende viste panoramiche.

In generale, è una tappa mutevole e “spaccagambe”, ma che permette in ogni suo tratto di entrare in contatto con diversi aspetti della cultura galiziana; dall’architettura popolare – come i suoi hórreos o i cruceiros – e la sua forma di vita nell’ambiente rurale fino ad un grande patrimonio storico artistico – chiese romaniche, castelli e castri – e alcune delle sue grandi città, tutte con una grande storia giacobina.

Ci auguriamo che questa full-immersion nella campagna vi piaccia!

Camino asfaltado desde Sarria hasta MelideDa Sarria a Melide (Fotografia ceduta da tunante80 su Flickr sotto le seguenti  condizioni)

PROFILO E PERCORSO GENERALE DELLA TAPPA

Da Sarria a Portomarín la strada non passa per località giacobine, quindi se vogliamo visitarle, potremo farlo solo andando per il cammino pedonale, che alterna corredoiras o stretta piste asfaltate tra boschi, appezzamenti agricoli e pascoli. In generale si può dire che sia ciclabile, nonostante sia spaccagambe, , visto che cambia continuamente pendenza e in determinati punti il fondo può risultare abbastanza complicato. Le opzioni in ogni tratto sono le seguenti:

Da Sarria a Portomarín (km 22): O si va per il cammino pedonale o si segue la LU-633, che devia verso sud all’uscita di Sarria e non torna ad attraversare il tracciato giacobino fino a Portomarín. Non passa per nessuna località giacobina ma passa per Paradela, una delle città più grandi della zona.

– Da Portomarín a O Hospital (km 33,8): Il cammino pedonale corre parallelo alla LU-633, quindi potremo scegliere il cammino di terra/ghiaia o l’argine della strada. Si separano solo dopo aver passato Gonzar, dove le frecce gialle indicano i sentieri per passare per Castromaior e i resti del suo antico castro celta.

– Da O Hospital a Palas de Rei (km 47): Dopo aver superato O Hospital bisogna attraversare un nodo di strade attraverso un cavalcavia. Tutte le strade nazionali deviano al nostro percorso, ma noi prendiamo una pista asfaltata -fatta per i pellegrini- in cui chi va a piedi ha il proprio marciapiede e in cui non c’è quasi passaggio di automobili. La percorreremo comodamente fino a poco prima di Palas, dove termina sulla N-547.

– Da Palas a Melide (km 60): Si può prendere la N-547 ma dopo aver passato Palas devieremo verso nord fino a poco prima di arrivare al nostro fine tappa, senza passare per le località del Cammino. Se seguiamo le indicazioni giacobine ci addentreremo nel bosco per la maggior parte del percorso, con alcuni tratti dal fondo complicato – fango o rocce che possono essere scivolose – e altri asfaltati.

In generale, è più logico percorrere tutta questa tappa lungo il cammino pedonale, seguendo le indicazioni giacobine. Per questo è necessario avere a disposizione una buona bici da montagna, dato che il fondo e la pendenza sono molto variabili. Comunque, nella mappa in PDF e in quella su Google Maps  vi indichiamo i punti problematici e vi proponiamo le deviazioni consigliate, soprattutto in periodi piovosi.

Senda de tierra desde Sarria hasta PortomarínSentiero tra Sarria e Portomarín (Fotografia ceduta da Dani Latorre su Flickr sotto le seguenti condizioni)

Per quanto riguarda il profilo, riassumiamo qui la tendenza generale di ogni tratto, anche se ci saranno costantemente salti e cambi di pendenza che convertiranno questa tappa in un perfetto esempio di percorso spaccagambe.

Durante i primi 8,5 km, da Sarria a Peruscallo, il tracciato è in salita, con un primo tratto di meno di 1 km particolarmente duro con pendenza media del 10%. A partire da Peruscallo si “livella” per 6 km, fino a Couto, dove comincia una discesa che diventa molto più pronunciata a partire da A Parrocha. Arriviamo così alle rive del fiume Miño, quota minima della tappa (360 m). Attraversiamo il ponte per vedere Portomarín e da lì fino a Ventas de Narón (710 m di quota) ci sono 13 km di salita, con pendenze medie tra il 2 e il 5%, anche se con continui salti e un tratto finale in salita al castro di Castromaior in cui la pendenza è più impegnativa. Da Ventas de Narón a Melide mancano 27 km in cui il profilo cambia continuamente pendenza, anche se ci saranno più discese che rampe in salita.

Per quanto riguarda il tracciato del cammino pedonale in questa tappa, si può dire che si tratta di una continua successione di paesi, o meglio piccole località formate dalla vicinanza di tre o più allevamenti. Ci si sposta tra l’una e l’altra su una moltitudine di piccoli sentieri o corredoiras, alternando continuamente differenti tipi di fondo. Attraversiamo diversi torrenti e ponti, alcuni di vecchia costruzione e di buona qualità, e altri sotto forma di piccole passarelle improvvisate. E’ un cammino che ci farà entrare nuovamente in contatto con la natura e che può risultare più esigente di altri precedenti, ma che ci farà vivere una grande quantità di emozioni. Non ci annoieremo in nessun momento!

Peregrinos andando y en bici por una pista asfaltada desde O Hospital hasta PalasPista asfaltata tra O Hospital e Palas ((Fotografia ceduta da Dani Latorre su Flickr sotto le seguenti condizioni)

CONSIGLI PRATICI

– Come a O Cebreiro, da Sarria non ci sono abbastanza km fino a Santiago perché i ciclisti ottengano la Compostela. Comunque, il pellegrinaggio non è una questione di certificazioni e per questo vi spieghiamo, come sempre, come poter arrivare a Sarria se volete cominciare a pedalare da lì.

Dato che molti pellegrini a piedi iniziano da Sarria, questa località offre buoni collegamenti, e molti passano per Lugo. Possiamo arrivare a Lugo in autobus da molti punti della penisola iberica, soprattutto grazie ai collegamenti offerti da Alsa e, da lì, prendere una delle corse che Monbús realizza ogni 1-2 ore per Sarria.

Ci sono anche 6-8 treni quotidianamente in media che raggiungono Sarria da Lugo. Se vogliamo arrivare direttamente da Barcellona e Madrid partono da uno a tre treni ogni giorno.

Inoltre, già sapete che Tournride vi consegna la bici il giorno precedente all’inizio del vostro viaggio nell’alloggio che avete scelto a O Cebreiro. E possiamo anche occuparci del vostro equipaggio in più per riconsegnarvelo alla fine del vostro Cammino, così non dovrete preoccuparvi di portare peso eccessivo!

Questa è una tappa spaccagambe, è necessario aggiustare continuamente corone e pignoni per non forzare il ritmo tutto il tempo. Il panorama ripaga dello sforzo.

Incontreremo costantemente paesi. Non tutti offrono servizi, ma non avrete troppi problemi per rifornirvi di acqua o cibo, quindi non c’è necessità di caricarsi di pesi inutili.

In inverno o in periodi di pioggia frequente, Tournride vi consiglia di evitare alcuni dei tratti del cammino pedonale, perché il fondo risulta difficile e fangoso. I tratti che consigliamo di evitare:

1) Tratto Peruscallo (km 9,2) – Lavandeira (km 10,5) – A Brea (km 11,4). Corre lungo uno stretto sentiero di pietra/terra/erba nel corso di un torrente. Se c’è molta affluenza di gente o ha piovuto, dovrete fare molta attenzione a non cadere nell’acqua per tutto il tragitto. Vi proponiamo una deviazione prima di Peruscallo che corre un poce verso sud su terra e asfalto.

2) Tratto Os As Rozas (km 14,5) – Moimentos (km 16). Il cammino si addentra per una corredoira che quando piove diventa una piscina di fango con pietre sciolte. Potete evitarlo prendendo la pista asfaltata e quindi la LU-4203.

3) Tratto Portomarín (km 22) – incrocio con LU-633 (km 24). All’uscita di Portomarín i segnali indicano l’attraversamento del fiume per proseguire per 2 km su un sentiero dal fondo complicato, stretto e con grandi pietre. Soprattutto se ha piovuto, raccomandiamo di prendere la LU-633.

ITINERARIO DETTAGLIATO E PATRIMONIO STORICO-ARTISTICO

In questa tappa scopriremo l’ambiente naturale lucense e entreremo, dopo aver passato Palas de Rei, nella provincia dove si trova la grande casa dell’apostolo: A Coruña. In questi 60 km da percorrere vi proponiamo di tenere gli occhi ben aperti per interpretare tutto ciò che il paesaggio rurale, con la sua speciale configurazione e con le sue costruzioni, ci racconta sulla cultura tradizionale galiziana. Tra decine di piccoli paesi – passeremo per più di 60 località – vedremo il mosaico di appezzamenti divisi da confini marcos, in cui gli abitanti lavorano i campi in modo sostenibile e allevano la frisonas e la rubia gallega; le razze di mucche autoctone per eccellenza. Impareremo l’importanza simbolica degli hórreos (tipiche costruzioni galiziane) e percorreremo corredoiras tra carballos (querce) centenarie.

Immersi in questo ambiente mozzafiato, un contrasto tra il verde clorofilla e il cielo blu all’orizzonte, ci imbatteremo in meravigliosi gioielli romanici rurali, circondati da cimiteri traboccanti di fiori colorati. Questa tappa corre in parte sulla Ribeira Sacra, un’area che oltre ad essere una meraviglia geologica e naturale, vanta la maggiore concentrazione di arte romanica di tutta Spagna.

Cosa chiedere di più?

Increíble vista del río Miño con la montaña al lado en PortomarínRío Miño a Portomarín (Fotografia ceduta da 6MPasos su Flickr sotto le seguenti condizioni)

DA SARRIA A BARBADELO: PONTI E BESTE MEDIEVALI SCOLPITE NELLA PIETRA

Abbandoniamo Sarria seguendo il corso della sua via principale, dove ieri abbiamo scoperto molti dei principali monumenti della città durante il nostro giro culturale al finale della tappa. Come abbiamo detto, questa via fu la prima che sorse in questa località che nacque per accogliere i pellegrini, e che quindi offre i principali servizi. Passiamo per il Concello (il Comune) e saliamo fino alla piccola cappella romanico-gotica del Salvador, dove le frecce gialle ci indicano di girare a destra.

Seguendo la strada diamo un’ultima occhiata a Sarria dal punto panoramico della Cárcel, che ci offre viste imbattibili sull’ambiente circostante. Da qui proseguiamo fino al Monastero della Magdalena e abbandoniamo Sarria scendendo lungo la rampa che appare di fronte al convento.

La rampa ci lascia su un cammino asfaltato che, in soli 200 metri arriva ad un ponte. A ponte da Áspera fu costruito in epoca medievale quando sorse Vilanova de Sarria, per aiutare i pellegrini a lasciare la città attraversando il fiume Celeiro. L’attuale fattura conserva molto di quella originale, tre archi semicircolari in muratura di granito e la parte superiore in lastre di ardesia, tra cui si annida un’enorme quantità di erba e vegetazione, che conferisce un tocco molto pittoresco ma ostacola la conservazione del monumento.

Puente de la Áspera hecho de piedra rodeado de montePonte da Áspera (Fotografia ceduta da Miguel Pereiro su Flickr sotto le seguenti condizioni)

Il ponte ci porta ad un sentiero di terra un poco pietroso che corre lungo la ferrovia. In circa 500 metri il sentiero attraversa le rotaie, cosa che ci obbligherà a scendere dalla bici.

Dopo aver attraversato le rotaie del treno ci troveremo immersi in una enorme carballeira carballeira (bosco di querce), dove dovremo affrontare la salita più impegnativa di tutta la giornata: una rampa di 600 metri con una pendenza media del 10%, di terra con pietre sciolte. Le grandi radici degli alberi, che escono dalla terra reclamando spazio, renderanno più difficoltoso il nostro cammino. Se ha piovuto la salita diverrà ancora più complessa, a causa delle pozzanghere e del fondo che diventa fangoso.

Dopo una vertiginosa curva finale gli alberi scompaiono e possiamo tornare a vedere il cielo sopra le nostre teste, nascosto prima dalle grandi chiome delle querce. Passiamo su un sentiero di terra tra i pascoli, su cui arriviamo a As Paredes e a Vilei (km 3,7). A Vilei troveremo tutti i servizi, quindi può essere un buon posto per tutti coloro che, non avendo ancora messo niente sotto i denti, vogliono fare una buona colazione. Sicuramente la rampa iniziale ha stimolato l’appetito!

Usciamo da Vilei su una pista asfaltata in leggera pendenza verticale che, in 450 metri gira a destra ad angolo praticamente retto. In questo punto si trova un sentierino che ci porta alla chiesa di Santiago de Barbadelo, dichiarata Bene di Interesse Culturale.

La chiesa di Santiago è un esempio di romanico tra i grandi boschi e le aree a pascolo. Forma parte dell’immenso patrimonio romanico rurale che possiede la Galizia. Di fatto, la maggior concentrazione di architettura romanica di tutta europa si trova molto vicino a dove ci troviamo adesso, nella Ribeira Sacra. Per comprendere perché si trova precisamente qui, dobbiamo risalire al S. VII, quando molti monaci si stabilirono tra le anse del Miño e Sil in cerca di una vita ascetica e contemplativa in un ambiente naturale inespugnabile. Formarono comunità che crebbero e, durante il periodo d’oro del romanico nei S. XII e XII, costruirono enormi monasteri e chiese che ancora oggi stupiscono i visitatori.

Ermita situada en la Ribeira Sacra entre los cañones del río SilEremo nella Ribeira Sacra, nel Cañón del Sil (Fotografia ceduta da Óscar su Flickr sotto le seguenti condizioni)

Durante la tappa di oggi avremo l’opportunità di vedere sufficienti esempi di architettura romanica che, come questa chiesa di Barbadelo, hanno resistito impassibili al passare dei secoli, nonostante l’evoluzione storica e la poca attenzione alla loro conservazione minacciassero – e continua ad essere così – di distruggere molte di esse.

Originariamente la chiesa di Barbadelo formava parte di un monastero dipendente da Samos, di cui oggi rimangono solo delle rovine. La chiesa sorse nel S. XII ma non è arrivata fino a noi nella sua forma originale, visto che nel S. XVIII fu modificato l’abside. Del tempio spicca la torre – che alcuni ritengono avesse la funzione di faro per i pellegrini, e soprattutto la sua curiosa iconografia.

Delle sue origini romaniche ciò che meglio si conserva è il muro nord e la facciata occidentale – quella principale – che continuano a mostrare la decorazione originale incisa sui capitelli e gli elementi costruttivi. Richiama l’attenzione il carattere esoterico di alcune delle sue rappresentazioni, molte in relazione con i bestiari medievali.

Nel Medio Evo esistevano una serie di esseri antropomorfi o fantastici, carichi di significati negativi e che si relazionavano con la parte più oscura dell’essere umano, con le bassezze terrene. Tutti insieme formavano il bestiario, che includeva basilischi, centauri e dragoni. Nelle chiese spesso venivano utilizzati come “recordatorio” -o meglio minaccia – di quanto sia importante seguire il cammino di Dio durante la vita per essere poi ricompensati con il paradiso. Per questo in questa chiesa di Santiago vediamo, per esempio, un dragone sul capitello della porta nord e nella facciata principale. I dragoni erano i più riconoscibili nemici del Bene e in quell’epoca non li immaginavano esattamente come oggi, ma avevano il corpo simile a quello di un serpente – animale per parte sua relazionato al peccato.

Bisogna tener conto che, anche se oggi vediamo queste immagini e le consideriamo una rappresentazione del male, per la società medievale questi animali esistevano veramente. Molti apparivano nella Bibbia, il libro che per loro rappresentava tutta la Verità – con lettera maiuscola – e altri si diceva che esistessero ma che abitassero in terre lontane d’Oriente. Erano una minaccia reale con cui ritenevano di poter arrivare a scontrarsi, da qui che l’iconografia tanto efficace per controllare la vita sociale della gente dei campi da parte della Chiesa.

Ci sono anche animali o bestie considerati protettori, come l’aquila e il leone, che erano relazionati alla forza e alla nobiltà. Questi animali venivano anch’essi incisi all’entrata dei templi, come guardiani, avvisando che si stava passando da un luogo profano a uno sacro. Sulla facciata nord della chiesa di Barbadelo, affrontando i dragoni, troviamo un fiero leone.

Portada norte de la iglesia de Santiago de BarbadeloFacciata nord della chiesa di Santiago di Barbadelo (Fotografia ceduta da José Antonio Gil Martínez su Flickr sotto le seguenti condizioni)

TRA GLI HÓRREOS RAGGIUNGIAMO IL KM GIACOBINO NUMERO 100

Dopo questa curiosa visita proseguiamo il nostro cammino, su una pista asfaltata che ci porta a Rente in meno di 1 km e, in pochi metri, attraversa la LU-5709 nel Mercado da Serra, dove sulla strada si trova un’osteria. Il nome del paese deriva da una grande fiera commerciale che si teneva qui nel Medio Evo, di cui si narra che venissero osti fin da Santiago per comprare e vendere prodotti.

Dopo aver attraversato la strada proseguiamo su un cammino di terra tra gli alberi e, dopo aver girato a sinistra, ci troviamo su un precario attraversamento di un torrente. Alcune lastre furono collocate lì perchè i viandanti potessero passare sopra l’acqua, ma a noi risulterà difficile passare senza bagnarci, soprattutto nel periodo della pioggia, quando il terreno diventa fangoso!

In mezzo km incrociamo un’altra strada, questa volta la LU-633 e su di una pista asfaltata che prosegue dritto passiamo per A Pena (km 8,5) e quindi per Peruscallo (km 9,2). In questa zona ci sono molti hórreos lungo la strada, costruzioni che di solito attirano molto l’attenzione degli stranieri.

L’hórreo è una struttura per lo stoccaggio, elevata dal suolo, concepita per conservare il grano. In Galizia iniziarono a ricoprire un ruolo importante a partire dalla scoperta dell’America, quando arrivarono due alimenti che rivoluzionarono la vita dei contadini: le patate e il mais. Questi alimenti possono resistere molto tempo prima di essere consumati, ma è necessario che stiano in un luogo adeguato, non eccessivamente umido, ventilato e al riparo da animali e roditori. Le case rurali galiziane non avevano un posto con queste caratteristiche e per questo vennero costruiti gli hórreos.

Hórreo en una puesta de sol con el cielo rojoHórreo (Fotografia ceduta da Javier Pais su Flickr sotto le seguenti condizioni)

Gli hórreos constano sempre di tre parti. Le gambe (pés piedi, in galiziano) elevano una cassa superiore dove si custodiscono gli alimenti, per evitare l’umidità del suolo. La cassa non è chiusa, anzi normalmente ha delle griglie perché passi l’aria e ci sia ventilazione all’interno. Il pezzo rotondo che sta tra i piedi e la cassa, come un grande disco di pietra, si chiama tornarratos. Tradotto sarebbe “topo al contrario”, un nome che spiega chiaramente la sua funzione. Per arrivare alla cassa e prendere il cibo si utilizzavano delle scale ausiliarie o senza fine, per evitare così che i topi potessero arrivare al cibo.

La costruzione degli hórreos divenne sempre più importante a partire dal S. XVI e intorno ad essi finì per svilupparsi un vero e proprio simbolismo sociale. Il ragionamento è molto semplice: se c’è un posto che serve per conservare il cibo, quanto più è grande e curato, più facilmente la gente saprà che appartiene a qualcuno ricco e che ha molte riserve di cibo – con la sottigliezza che questa persona ricca non aveva bisogno di dirlo, semplicemente diventava un dato di fatto. Lo stesso accadeva con i camini, il cui numero in una casa dava l’idea di quante camere godessero di riscaldamento, e per questo erano merlati e decorati nella loro parte superiore per richiamare maggiormente l’attenzione. Gli hórreos, da parte loro, passarono da essere di legno ad essere di granito, ad essere decorati con la croce cristiana e in molti casi ad essere enormi. Generalmente i più grandi erano dei nobili o appartenevano ai monasteri. In Galizia ce ne sono di oltre 35 m di lunghezza!

Hórreo de piedra de Carnota, uno de los más largos de GaliciaHórreo di Carnota, uno dei più lunghi di Galizia (Fotografia ceduta da juantiagues su Flickr sotto le seguenti condizioni)

Inoltre, secondo la cultura e la climatologia delle diverse zone della Galizia, gli hórreos presero forme differenti. Nella zona degli Ancares e Courel sono rotondi, di legno e con il tetto di paglia, come le pallozas. Nel resto della Galizia ce ne sono con forma di L, con una mescola di pietra e legno, con coppie o trio dipiedi, ecc. Nel nostro cammino vedremo molte forme di hórreo differenti, per questo Tournride vi raccomanda di guardarvi bene intorno per scoprire questa curiosa forma di architettura popolare tipicamente galiziana.Anche in Asturia e in parti del nord del Portogallo si trovano hórreos, ma la località dove soprattutto si concentrano è senza dubbio la Galizia.

All’uscita di Peruscallo ci addentriamo in una corredoira che, dopo alcuni metri, si restringe fino a diventare un sentiero che passa vicino a un ruscello. In alcuni punti il fondo è pietroso e in altri è di terra, ma in generale è molto stretto. In momenti in cui c’è molta affluenza di pellegrini passare per questa via può diventare eterno, dato che dovremo continuamente chiedere strada oppure fermarci. Per questo Tournride vi propone nella nostra mappa della tappa un’alternativa Potete deviare a sinistra prima di entrare a Peruscallo e percorrere tutto questo tratto su una pista asfaltata e di terra un po’ più a sud, tornando sulla via giacobina ad A Brea. Se andiamo in questa direzione, inoltre, potremo visitare due templi romanici piuttosto ben conservati: la chiesa di Santa María de Belante e quella di San Miguel de Biville.

Iglesia de San Miguel de BivilleChiesa di San Miguel de Biville (Fotografia ceduta da José Antonio Gil Martínez su Flickr sotto le seguenti condizioni)

Se prendiamo la via giacobina vera e propria passeremo per Lavandeira e proseguiremo alternando tratti di corredoiras con camminamenti paralleli al torrente fino ad arrivare ad A Brea. In questa località vedremo una pietra miliare che indica che restano solamente 100 km a Santiago, ma si tratta di una falsa indicazione. La vera pietra miliare dei 100 km si trova un poco più avanti, su una pista asfaltata tra A Brea e Morgade. Questo punto è importante dal punto di vista simbolico perché a partire da qui la Chiesa considera che chi va a piedi o a cavallo ha compiuto un pellegrinaggio completo a Santiago e può ottenere la Compostela.

ATTRAVERSIAMO IL MUNICIPIO DI PARADELA: BEVIAMO DA FONTI DEMONIACHE, CONOSCIAMO IL VINO RIBEIRA SACRA E COMPRENDIAMO IL PAESAGGIO RURALE GALIZIANO

Dopo questo tratto di pista arriviamo a Morgade (km 12), dove si trova un piacevole bar che serve da mangiare. Un dipinto bianco con il Pelegrín -la mascotte del Xacobeo del 1993 – ci indica di uscire dalla località su un sentiero, accanto al quale si trova una fonte. Dice la leggenda che questa Fonte del Demonio o Fonte do Demonon dava acqua se chi si avvicinava era libero dal peccato, perché era comandata dal diavolo e dava da bere solo ai peccatori.

La corredoira su cui usciamo da Morgade si restringe ed è invasa in alcuni punti dal torrente, in cui troviamo lastre posizionate per aiutare il passaggio. Per i ciclisti è abbastanza difficoltoso, dovremo quindi portare pazienza e mettere i piedi a terra, se sarà necessario.

Questo difficoltoso tratto è breve, circa 800 metri, dopo cui arriviamo a Ferreiros (km 13,1). Questa località si chiama così perché anticamente ospitava diverse ferrerías (botteghe dei fabbri) in cui gli artigiani sistemavano i ferri dei cavalli e riparavano anche le calzature dei pellegrini. Questa cittadina rappresenta il confine tra il municipio di Sarria e quello di Paradela.

Il municipio di Paradela corre lungo la sponda orientale del Miño. Noi proseguiremo circa 9 km in più in direzione ovest, fino a raggiungere la riva de fiume e lo attraversiamo entrando nel municipio di Chantada per Portomarín.

Queste due aree accanto al Miño formano parte della Ribeira Sacra (“riva sacra”), la zona in cui, come abbiamo già detto, si stabilirono diverse comunità di monaci e in cui si trova la maggiore concentrazione di architettura romanica di tutta Europa. Quando arrivarono qui, i monaci iniziarono a produrre vino in terrazzamenti ricavati nel fianco della vallata del fiume, come già facevano i romani. Questo vino continua ad essere prodotto sotto la Denominazione di Origine Ribeira Sacra e i suoi produttori sono noti come i “viticoltori eroici” per la durezza della coltivazione e del raccolto in pendenze superiori al 60%.

Viñedos situados en los cañones de la Ribeira SacraVigneti nella vallata della Ribeira Sacra (Fotografia ceduta da Santi Villamarín su Flickr sotto le seguenti condizioni)

Avremo l’opportunità di vedere queste vallate da Portomarín, ma per ora dobbiamo uscire da Ferreiros su una pista asfaltata di 300 m in forte discesa. Arriviamo così alla iglesia de Santa María de Ferreiroschiesa di Santa Maria di Ferreiros, un semplice ma ben conservato tempio romanico che fu spostato pietra a pietra da una località vicina per collocarlo sulla via del Cammino Francese, perché si voleva fungesse da ricovero per i pellegrini. La torre campanaria è successiva, barocca.

Per arrivare alla chiesa bisogna percorrere un piccolo sentiero in mezzo al cimitero del paese. In Galizia è normale trovare il cimitero accanto alla chiesa, in ambito rurale. Questa configurazione è un’eredità medievale, quando la chiesa era un punto di ritrovo molto importante e, dopo la messa, la gente rimaneva nei dintorni della chiesa per onorare i morti e curare le loro tombe – più avanti nacquero le osterie e i costumi popolari cambiarono abbastanza!

Entrada de la iglesia de Santa María de FerreirósEntrata della chiesa di Santa Maria di Ferreiros (Fotografia ceduta da José Antonio Gil Martínez su Flickr sotto le seguenti condizioni)

Dopo aver passato la chiesa, le frecce gialle indicano la deviazione verso un sentiero di terra pietrosa, che scende un po’ bruscamente per poi tornare a salire fino ad A Pena. Sulla pista asfaltata su cui stiamo andando possiamo anche arrivare al paese e il fondo è migliore.

Arrivati ad A Pena (km 14) proseguiamo sulla pista asfaltata fino ad As Rozas (14,5), dove la pista si perde verso sud e alcune pietre miliari con frecce gialle ci indicano di prendere una corredoira tra gli alberi.

La corredoira di 1,5 km che va da As Rozas a Moimentos è impraticabile in periodi piovosi. Il terreno diventa un pantano da cui affiorano pietre di grandi dimensioni. Chi va a piedi la evita, passando per un cammino in un prato poco più in alto, ma per noi è più difficile evitarla. Per questo Tournride vi propone, in caso abbia piovuto, di proseguire dritto scendendo per la strada asfaltata e di girare alla prima deviazione a destra, per arrivare a Moimentos sulla LU-4203.

Da Moimentos (km 16) fino a Vilachá prenderemo sentieri che alternano continuamente terra, ghiaia e asfalto in un tracciato di lieve discesa, con alcuni salti. Passeremo per Mercadoiro (km 16,8), A Parrocha (km 18,7) e, infine, per Vilachá (km 20).

Percorrendo questo tratto potremo apprezzare la grande quantità di piccoli appezzamenti attraverso cui passeremo, molti dedicati ai boschi, altri al pascolo e alcuni coltivati come orti. Sono divisi da bassi muri di pietra o addirittura solo da alcuni pali infissi nel terreno, che in Galizia si chiamano marcos –anche se questo metodo è il meno utilizzato perchè era tradizionalmente oggetto di litigio tra i confinanti, visto che i pali si muovevano “da soli” di notte, facendo perdere terreno ad un proprietario in favore di quello accanto-. Questi piccoli appezzamenti non hanno nulla a che vedere con le grandi distese di cereali che abbiamo incontrato in Castiglia o con le grandi piantagioni di verdure e vigneti della Navarra e della Rioja.

Questa divisione del terreno indica un’altra delle caratteristiche sociali galiziane: il minifondismo agrario. Tradizionalmente in Galizia esisteva – ed esiste tutt’ora – un grande attaccamento alla terra, che era divisa tra tutti i figli alla morte del proprietario, invece di essere ereditata solo dal primogenito come accadeva in altre parti di Spagna. Se a questo si aggiunge la dispersione della popolazione, riflessa nella quantità di cittadine per cui stiamo passando, si comprende il mosaico di piccole parcelle che abbiamo davanti.

Questa frammentazione complica la meccanizzazione delle attività agrarie, impedendo l’industrializzazione, ma favorendo una tipologia di agricoltura molto più sostenibile a livello ambientale e sociale. Si cura molto di più la terra e il prodotto è meno esposto a elementi contaminanti.

Vaca de la raza "Rubia gallega" pastando en el campoVacca di razza “rubia gallega” (Fotografia ceduta da IES Manuel García Barros su Flickr sotto le seguenti condizioni)

Comunque, ci saremo ormai resi conto del fatto che ciò che vediamo maggiormente in questa zona non sono orti, ma tranquille mucche che pascolano e che ci guardano passare, dai loro tranquilli prati. Anticamente l’allevamento era un complemento all’agricoltura -le mucche erano utilizzate per tirare i carri o per il concime-, ma poco a poco divenne un’attività più redditizia e finì per spodestare l’agricoltura. Le due razze che incontreremo maggiormente sono la “frisona”, mucche da latte bianche e nere, e la “rubia gallega”, la cui carne è commercializzata sotto l’Indicazione Geografica Protetta di “Ternera gallega”.

Arrivati a questo punto ci troveremo a Vilachá (km 20), da dove inizieremo una discesa piuttosto brusca su asfalto che finisce per lasciarci sulla riva del Miño. Un ponte attraversa il suo corso e, sulla riva opposta, vediamo la città di Portomarín, incastonata ad una quota più alta nel lato della vallata di questo fiume che è, senza dubbio, il fiume galiziano per eccellenza.

Miliario que marca los kilómetros para acabar el Camino de Santiado situado en PortomarínPietra miliare a Portomarín (Fotografia ceduta da David Hunkins su Flickr sotto le seguenti condizioni)

DA PORTOMARÍN A CASTROMAIOR, O CHE E’ LO STESSO, DA GRANDI OPERE DI INGEGNERIA DEL S. XX ALL’ARCHITETTURA CASTREÑA DEL S. VI A.C.

Il fiume Miño è il più lungo della Galizia e, dalla sua unione con il Sil fino alla sua foce sull’ Atlantico, il più abbondante. La grande estensione di km su cui scorre ha reso necessario attraversarlo fin da quando iniziarono i pellegrinaggi.

La necessità di superare il suo corso portò già nel S. II d. C. i romani a costruire un primo ponte nel punto in cui si trova ai giorni nostri. Quando iniziò il pellegrinaggio verso Santiago, Donna Urraca nel S. XI ordinò di costruire un ponte più grande nello stesso posto, per aiutare i viandanti giacobini.

Questo ponte sopravvisse al passaggio dei secoli fino a che un giorno nel 1963, Franco ordinò di costruire quello che ancora oggi è il più grande bacino della Galizia: la diga di Belesar, da cui si ottiene una grande quantità di energia idroelettrica. Un muro di cemento di 135 metri d’altezza e 350 m di lunghezza fermò il flusso Miño 32 km a sud di Portomarín, creando un gigantesco invaso che sommerse tutto ciò che prima si trovava sulla riva del fiume. Castri della cultura pre-romanica, vigneti, mulini, cantine e cittadine intere riposano ora sotto le acque del Miño.

Vista panorámica del embalse de BelesarDiga di Belesar ((Fotografia ceduta da El Jim su Flickr sotto le seguenti condizioni)

A Portomarín, che in quel momento era una città con un importante patrimonio medievale sulle rive del fiume, gli abitanti decisero di spostarsi più in alto sulla riva ovest, portando con loro – pietra a pietra, marcate con pazienza – i loro monumenti più importanti. Questa è la Portomarín che vediamo al giorno d’oggi, che dopo aver attraversato il moderno ponte ci accoglie con un arco su cui si trovano installate delle scale, che altro non è che una parte dell’antico ponte medievale. In certi giorni, però, possiamo anche vedere l’antica Portomarín, sotto forma di strutture di pietra che affiorano dall’acqua reclamando la loro originale posizione, che fu loro sottratta.

Foto de la antigua villa de Portomarín antes de ser trasladada de lugarL’antica città di Portomarín prima di essere spostata ((Fotografia ceduta da MPereiro su Flickr sotto le seguenti condizioni)

Nella parte superiore del paese troviamo la chiesa di San Nicolás, un tempio romanico promosso dall’ordine di San Juan, cavalieri armati che proteggevano i pellegrini. E’ uno dei monumenti romanici più importanti della Galizia, con una configurazione molto particolare per l’altezza dei suoi grossi muri con merli nella parte superiore; una robustezza che contrasta con la delicatezza delle sculture sulla facciata e l’imponente rosone.

In un primo momento il tempio si trovava vicino al ponte antico, nella Portomarín originale. Da qui l’aspetto da fortezza militare, si trattava di un punto di incontro di un ordine che difendeva il ponte e i pellegrini. Quando il paese fu inondato a causa della costruzione della diga, le pietre furono marcate con segni rossi e una per una furono spostate nella parte alta del paese, e fu intrapreso anche un restauro della chiesa. Ancora oggi è possibile vedere i segni rossi sulle pietre, insieme a quelli degli scalpelli che le intagliarono nel S. XII.

Entrada de la iglesia de San NicolásChiesa di San Nicolás (Fotografia ceduta da HombreDHojalata su Flickr sotto le seguenti condizioni)

Dopo la visita a Portomarín, abbandoniamo il paese per la stessa Avda. Chantada su cui siamo arrivati. La strada devia verso destra, ma un segnale giacobino verticale ci indica di attraversare il ponte sul fiume per addentrarci in una pista che torna ad attraversare la strada in 2 km. In questo tratto il fondo è molto irregolare, con molti salti e pietre sciolte, quindi è opportuno valutare la possibilità di prendere direttamente la LU-633 senza attraversare il fiume.

Dall’unione del sentiero e della strada – 2 km dopo essere usciti da Portomarín- fino a Hospital da Cruz (km 34), il cammino pedonale corre parallelo alla LU-633 sotto forma di sentiero di terra. In 3 km arriviamo a Toxibó (km 27) e in altri tre a Gonzar (km 30), dove possiamo vedere la chiesa di Santa Maria di Gonzar, di stile barocco. Sull’altare maggiore della chiesa si trova la tomba di una donna che, secondo la leggenda locale, passò quasi trent’anni senza mangiare.

Dopo aver passato Gonzar, la via giacobina di allontana dalla strada per dirigersi verso Castromaior. Consigliamo di seguire il tracciato tradizionale, dato che dopo aver passato il paese passeremo per una località molto speciale del Cammino Francese, uno dei castri meglio conservati di Galizia.

Per una pista di asfalto e terra scura inizieremo a prendere quota e in 600 metri raggiungiamo la collina di Castromaior. Per una pista di asfalto e terra scura inizieremo a prendere quota e in 600 metri raggiungiamo la collina di Castromaior. Alla nostra destra abbiamo una vista impressionante dei dintorni e alla nostra sinistra uno dei siti archeologici più importanti della penisola iberica, che fu abitato dal S. VI a. C. al S. I d. C. Aveva una configurazione urbana piuttosto complessa, con un recinto circolare con mura, sulla cima della collina. Intorno, su piattaforme delimitate con mura e fossi, c’era un altro nucleo di insediamento. Dato che non fu costruito nulla in questo punto dal suo abbandono, tutto rimase sepolto, piuttosto ben conservato, nella collina.

Vistas desde el castro de Castro MaiorVista dal castro di Castro Maior (Fotografia ceduta da bulb_socket su Flickr sotto le seguenti condizioni)

Nonostante durante molti secoli si pensasse che l’arrivo dei romani in Galizia avesse significato la fine violenta e improvvisa della cultura celtica che si trovava in questo territorio – massima espressione di questa oppressione la mitica battaglia di Monte Medulio, con il suicidio degli ultimi guerrieri galiziani prima di arrendersi al conquistatore -, la realtà archeologica dimostra che quando i romani arrivarono nel II a. C., si verificò una sinergia culturale, come anche un sincretismo religioso. Questo insediamento fu abitato durante più di due secoli dopo la conquista e ce ne furono altri che furono abitati fino al S. III o IV d. C, e per questo si conservò la forma di vita precedente all’invasione romana.

La discesa dalla collina ci lascia di nuovo sulla LU-633 e, in solo 1,5 km arriviamo a Hospital da Cruz. Chiamato così perché anticamente ospitava un punto di attenzione al pellegrino, oggi si trova all’incrocio con la N-540, che dobbiamo attraversare con un cavalcavia.

IMPARIAMO IL SIGNIFICATO NASCOSTO DEI CRUCEIROS E ARRIVIAMO A PALAS DE REI

Durante i prossimi 11 km, da Hospital da Cruz ad A Brea, dove si attraversa la N-547, transiteremo permanentemente su una pista asfaltata con poco traffico, in cui i pellegrini a piedi hanno il loro spazio su un marciapiede a bordo strada. Il tracciato continuerà ad essere in salita, come da Portomarín, fino a Vendas de Narón. A partire da lì, sarà una discesa con salti.

Dopo aver attraversato la N-540 affrontiamo un ultimo tratto asfaltato e arriviamo a Vendas de Narón (km 35,3), da cui iniziamo a scendere per raggiungere A Prebisa (km 37,3). Dopo aver passato A Prebisa vediamo sulla sinistra della strada un muretto con degli scalini e, nella parte superiore, il cruceiro più famoso del Cammino Francese: il cruceiro di Lameiro.

Estatua de piedra del crucero de LameiroCruceiro di Lameiro (Fotografia ceduta da Fresco Tours su Flickr sotto le seguenti condizioni)

Il cruceiro è, insieme all’hórreo, una delle espressioni dell’architetura popolare più tipica della Galizia. La sua origine risale all’epoca pre-romanica, a quella cultura castreña que era politeísta y habitaba en poblados como el que acabamos de pasar en Castromaior. Per la cultura castreña i sentieri e i loro incroci erano punti molto importanti. Credevano che, da morti, le anime vagassero per i sentieri e che, ai crocevia, ci fossero una serie di dei che potevano “comprarle”. Per questo, i familiari dei defunti realizzavano sugli incroci dei sentieri una serie di rituali, lasciando anche offerte agli dei. A volte queste offerte erano pietre, che davano origine ai cosiddetti milladoiros -cumuli di pietre-, come quello che abbiamo visto alla Cruz de Ferro di Foncebadón.

Quando i romani conquistarono questo territorio, si produsse un sincretismo che fuse le divinità di entrambe le culture. I rituali ai crocevia continuarono ma invece di chiedere la protezione di Lugh (celta) si parlava con Mercurio (romano). Inoltre, i romani vedevano i crocevia come simboli dell’ordine (logos) dentro la natura, vista come caos; per questo erano simbolicamente importanti. Per questo, su molte pietre miliari romane trovate lungo quella che era la Gallaecia ci sono tante iscrizioni dedicate a queste divinità del cammino, chiamate lares viales. Di fatto, dei 36 miliari che sono stati trovati con epigrafi di lares viales in tutto il territorio dell’Impero Romano, 28 furono rinvenuti in questa zona. Quasi il 77%!

Cruceiro de O Hío de estilo barroco, uno de los más famosos de GaliciaCruceiro de O Hío, di stile barocco e uno dei più famosi di Galizia (Fotografia ceduta da Jose Luis Cernadas Iglesias su Flickr sotto le seguenti condizioni)

Quando si instauró il cristianesimo come religione ufficiale le tradizioni che si erano tramandate nei secoli non cambiarono dalla sera alla mattina -la Storia ha dimostrato che la tradizione non si cambia per decreto!-. Con grande costernazione della Chiesa, la gente continuò ad andare ai crocevia a svolgere i propri rituali “pagani”. C’erano solo due opzioni, proibire e castigare o, come avvenne, adottare una soluzione che al giorno d’oggi può ricordare la formulazione contraria del gattopardismo politico: “se vogliamo che tutto cambi, è necessario che non cambi nulla”. I punti pagani vennero cristianizzati con una croce e i rituali continuarono ad essere permessi, ma poco a poco non si invocavano più Mercurio o i suoi figli, ma si pregava la Vergine o Gesù.

Oggi si stima che in Galizia ci siano più di 12000cruceiros. Generalmente sono formati da una base, una colonna e una croce nella parte superiore. Molte volte sulla croce veniva incisa la figura di Gesù. Nei paesi di mare, si raffigura anche la Vergine che guarda il mare, perché è la patrona dei marinai.

Anche se la maggior parte dei cruceiros vanno dal S. XVIII al XX, ce ne sono alcuni del S. XIV e altri che costituscono vere e proprie opere d’arte, con molte rappresentazioni. Il cruceiro di Lameiros, che vediamo accanto ad A Prebisa, risale al 1670 e mostra Gesù crocifisso nella sua parte superiore. L’usura della pietra ha cancellato gran parte dei dettagli scultorei, ma dall’altra parte della croce, sicuramente c’era o la Vergine o una rappresentazione della maternità. Alla base c’erano elementi scolpiti della Passione di Cristo: tenaglie, chiodi, una scala, la corona di spine e, infine, un teschio con ossa che rappresenta l’eterno trionfo sulla morte. Accanto al cruceiro c’è un antico cimitero per pellegrini.

Dopo aver superato la croce arriviamo a Ligonde (km 38,5), cittadina un poco più grande delle precedenti. Poco dopo la pista asfaltata compie una doppia curva un poco brusca e le frecce gialle indicano di tagliare per un percorso interno alla curva. Questa scorciatoia è una ripida rampa lunga 100 m e piuttosto irregolare. Tournride vi raccomanda di prendere la strada, se ha piovuto.

Dopo la curva attraversiamo un torrente e arriviamo ad Airexe (km 39,4) e, per la stessa pista, a Portos (km 41). Entriamo così nel municipio di Palas de Rei, dove proseguiremo verso Lestedo (km 42), Os Valos (42,6) ed A Brea (km 44). Ad A Brea si attraversa la N-547, che passa per Palas de Rei. Il cammino giacobino scorre per poco più di 1 km su un sentiero sull’argine sinistro della strada e poi devia per entrare a Palas più a sud, lungo un sentiero di ciottoli accidentato per i ciclisti, che più avanti diventa ghiaia.

A Palas de Rei (km 47) possiamo decidere di fermarci un’ultima volta prima di intraprendere gli ultimi 13 km fino a Melide. Questa località fu l’ultima fermata che Aymeric Picaud inserì nel suo Códice Calixtino prima di arrivare a Santiago e si dice che il suo nome provenga dall’epoca dei visigoti, visto che il “palazzo del re” visigoto Witiza si trovava qui. Con l’arrivo della peregrinazione giacobina il paese iniziò a diventare sempre più importante e nel Medio Evo divenne punto di riferimento per la nobiltà, che costruì grandi fortezze e pazos (palazzi) in questa zona.

Castillo de Pambre situado en Palas de ReiCastello di Pambre, a Palas de Rei (Fotografia ceduta da amaianos su Flickr sotto le seguenti condizioni)

Di fatto, nei dintorni di Palas de Rei si trova il castello di Pambre, uno dei pochi castelli che sopravvisse alla Revuelta Irmandiña del 1467 in cui i contadini galiziani si sollevarono contro i loro signori e distrussero i loro castelli. Fu costruito nel S. XIV e una delle sue funzioni era quella di punto di sicurezza per il Cammino di Santiago. Ospita un’enorme torre di tributo di tre piani, circondata da una grande muraglia con quattro torri ai lati. Anche se stava per andare in rovina, negli ultimi anni furono fatti grandi investimenti per restaurarla e oggi si può visitare – anche se l’orario di visita  varia secondo la stagione-. Andando in bici arriveremo in mezz’ora (8,5 km) al castello, su un tracciato favorevole. Sulla mappa della tappa indichiamo dove si trova il castello.

Anche a Palas si trova un altro grande esempio di architettura romanica, che si aggiunge alla lunga lista di ciò che abbiamo potutto vedere oggi, la chiesa di Vilar de Donas. Si dice che doveva far parte di un insieme monastico fondato da donne e che successivamente fu legato maggiormente all’Ordine di Santiago. Alcuni dei suoi più importanti cavalieri sono sepolti qui.

Iglesia de Vilar de Donas Chiesa di Vilar de Donas (Fotografia ceduta da José Antonio Gil Martínez su Flickr sotto le seguenti condizioni)

Usciamo da Palas su un cammino di scomodo acciottolato, che probabilmente ci obbligherà a sollevarci dal sellino per salvaguardare la seduta. Dopo aver attraversato la N-547 su un passo pedonale proseguiamo su una pista asfaltata vicina alla strada, che ritorna sulla strada dopo pochi metri. Da lì, il cammino pedonale passa su un marciapiede asfaltato vicino alla strada che devia poco dopo per entrare nel paese di Carballal. All’uscita, i segnali giacobini indicano l’incrocio della strada nazionale per prendere un sentiero di ghiaia sull’argine sinistro, che dopo pochi metri lascia la strada nazionale per addentrarsi nel bosco.

Se da Carballal proseguiamo sulla N-547, arriviamo direttamente a O Coto (km 55,5), limite provinciale tra Lugo e Coruña. In caso che abbia piovuto ci eviteremo un tratto che può essere abbastanza complicato grazie al fondo fangoso o di pietra naturale (piuttosto scivolosa), ma che è uno dei più belli della tappa.

Iglesia de San Xulián do Camiño

Chiesa di San Xulián do Camiño (Fotografia ceduta da Fresco Tours su Flickr sotto le seguenti condizioni)

I sentieri portano prima a San Xulián do Camiño (km 50), da cui si può vedere una chiesa romanica di una sola navata e con un grande abside semicircolare senza divisioni. Su asfalto si attraversa il fiume Pambre e si entra a Pontecampaña (km 51), da dove inizia un piacevole tratto in cui corriamo su sentieri tra gli alberi e punti su roccia naturale, che dobbiamo affrontare con pazienza già che può succedere di dover scendere dalla bici per evitare di cadere.

Si arriva a Casanova (km 52) e poco dopo a Porto de Bois, dove la pista si unisce alla piccola strada LU-4001 per arrivare ad O Coto, da cui passa anche la N-547. In questo punto cambiamo provincia per entrare nell’ultima che visiteremo nel Cammino di Santiago, quella di A Coruña.

Il sentiero pedonale torna ad allontanarsi dalla strada nazionale per passare per Leboreiro, paese che viene citato nel Códice Calixtino con el nome di Campus Leporaruis (“monte delle lepri”). Ha una grande tradizione giacobina e nel S. XII aveva un ospedale per pellegrini. Del suo centro, richiamano l’attenzione la chiesa, dedicata a X, e il cabazo che si trova proprio di fronte.

Un cabazo è un hórreo -a seconda della zona della Galicia gli hórreos hanno nomi diversi, come piorno, cabana o paneira– di tipologia meno elaborata. Dato che venivano fatti in vimini e paglia, non ne rimangono molti esemplari antichi e questo – anche se restaurato- è un’eccezione.

Iglesia de Santa María en LeboreiroChiesa di Santa María a Leboreiro  ((Fotografia ceduta da José Antonio Gil Martinez su Flickr sotto le seguenti condizioni)

La chiesa di Santa María di Leboreiro è in stile romanico-gotico. Sulla facciata principale si trova una statua della Vergine con in braccio il Bambino, relazionata ad una leggenda locale. Si dice che la scultura della Vergine custodita dentro il tempio fu trovata per un miracolo in una fonte lì vicino, e che per conservarla fu quindi costruita la chiesa. Ogni notte, la scultura si spostava e tornava alla fonte dove era stata trovata, fino a che uno scultore locale non intagliò questa immagine sul timpano della porta e da quel momento la scultura della Vergine rimase per sempre al suo posto. Se avete l’opportunità di entrare nella chiesa, Tournride vi consiglia di farlo, dato che oltre alla statua potrete vedere gli impressionanti affreschi che restano sul muro a nord.

Dopo essere usciti da Leboreiro si passa per Disicabo per poi addentrarsi nel poligono industriale di Melide, dove hanno cercato di rendere più gradevole il percorso ai pellegrini creando un parco con alberi in loro onore – anche se l’aspetto continua a non essere idilliaco-.

Dopo aver attraversato il poligono, la strada e il sentiero pedonale tornano a separarsi per portarci a visitare l’ultima località di questa tappa, la pittoresca cittadina di Furelos (km 58,5) sulla riva dell’omonimo fiume. Il cammino fino a lì segue il monte che, come nei tratti precedenti, sarà un vero e proprio pantano se quel giorno ha piovuto.

L’entrata a Furelos è attraverso un ponte medievale a gobba d’asino, con quattro grandi archi. E’ il più grande e il meglio conservato del Medioevo nel Cammino Francese in Galizia. Dopo averlo attraversato si percorre il paese sulla sua via principale lastricata, che passa accanto ad una chiesa dedicata a San Juan. Anche se la sua origine è medievale, si vede chiaramente che ha diverse aggiunte posteriori.

Dopo aver passato Furelos manca poco per arrivare al nostro fine tappa. Dobbiamo solo seguire una pista in cui si alternano ghiaia e asfalto per arrivare a Melide, luogo in cui potremo goderci una buona razione di pulpo á feira e riposare in vista della grande emozione che ci attende domani: l’arrivo a Santiago de Compostela.

Puente medieval de piedra en FurelosPonte medievale Furelos (Fotografia ceduta da José Antonio Gil Martínez su Flickr sotto le seguenti condizioni)

TAPPA 12: DA O CEBREIRO A SARRIA – CAMMINO FRANCESE IN BICICLETTA

Distanza da Santiago: 150 km

Distanza di tappa: Via San Xil 40 km / Via Samos 46 km

Tempo stimato: 5 – 7 ore

Quota minima: 450 m

Quota massima: 1339 m

Difficoltà della tappa: Media

Punti di interesse: Triacastela, Samos, Sarria

Mapa de itinerario: Mappa dell’itinerario: Per vedere il percorso su Google Maps fare click qui 

Mapa de la etapa 12 del Camino Francés en bicicleta desde O Cebreiro hasta SarriaFare click sull’immagine per ingrandire

Durante questa tappa il cambio di regione diventa evidente. Ci lasciamo alle spalle Castilla e León e ci addentriamo in Galizia: sentieri “spaccagambe”, un’infinità di piccole cittadine e tanto verde rurale.Non incontreremo grandi città fino a Santiago, ma oggi arriveremo a Sarria, dove troveremo tutti i servizi.

La tappa di oggi è caratterizzata da un inizio in discesa pronunciata fino a O Cebreiro, intercalato da due salti sotto forma di piccole rampe. Dall’Alto do Poio in profilo sarà in continua discesa fino a Triacastela.

A Triacastela dobbiamo scegliere l’itinerario, dato che ci sono due varianti. Il cammino più tradizionale, che è il più corto e diretto (anche se il profilo è più complesso) passa da San Xil, verso nord. La variante sud è più lunga di 6,5 km, ma la deviazione è giustificata dalla visita al monastero di Samos, uno dei più monumentali congiunti monastici della Galizia.

Qui sotto vi raccontiamo in dettaglio tutto il percorso… Tournride vi augura un Buon Cammino!

Pista asfaltada del Camino Francés ya en GaliciaCammino Francese in Galizia ((Fotografia ceduta da tunante80 en Flickr sotto le seguenti condizioni)

PROFILO E PERCORSO GENERALE DELLA TAPPA

Questa tappa ha un primo tratto comune, da O Cebreiro fino a Triacastela. A Triacastela il cammino si biforca e torna a riunirsi 5,5 km prima di Sarria, ad Aguiada.

Fino a Triacastela possiamo scegliere di percorrere i sentieri pedonali o seguire il corso della LU-633. La strada si può prendere già a O Cebreiro (nella parte settentrionale del paese) e ci porta direttamente al finale di tappa, passando per tutte le località intermedie. Il percorso è più diretto rispetto ai sentieri pedonali, con meno salti. Comunque, dal momento il cui usciamo da O Cebreiro bisogna salire prima fino all’Alto di San Roque e poi fino a quello di Poio (1339 m, quota máxima del Cammino Francese Galizia). Dall’Alto de Poio si scende fino a Triacastela, prima dolcemente e poi con pendenze fino al 17%.

Se andiamo da O Cebreiro fino a Triacastela in bicicletta sui sentieri pedonali, sicuramente in alcuni punti dovremo scendere e spingere la bici, soprattutto nelle due prime salite ai passi. Il fondo è molto pietroso in diversi punti dei sentieri, sia in salita che in discesa.

L’itinerario pedonale esce dal sentiero acciottolato accanto all’ostello comunale. Questo porta ad uno stretto sentiero che poi sbocca su un’ampia pista forestale e in pochi metri ci porta sulla LU-633, per entrare a Liñares (3,2 km). Proseguiamo su un sentiero parallelo alla strada fino all’Alto di San Roque e quindi fino a Hospital de la Condesa (5,7 km). Pochi metri dopo aver passato Hospital de la Condesa la tappa torna a separarsi dalla LU-633 per passare per Padornelo e salire fino all’Alto de Poio, ma in questo tratto Tournride vi consiglia di seguire la strada. La rampa finale della salita ha un’inclinazione media del 13% ed è formata da grandi pietre sciolte.

Dall’Alto de Poio (8,5 km) il sentiero pedonale è in pietra, non molto ampio e corre parallelo alla LU-633. Dopo aver passato Fonfría (12 km) la strada e il sentiero si separano un poco oltre O Biduedo. I cammini giacobini che uniscono O Biduedo (14,3 km), Filloval (17,3 km), Ramil e Triacastela (21,1 km) sono piste di terra, a volte con pietre, ma sono ciclabili.

Corredoira desde Ramil hasta Triacastela con el tiempo nubladoMulattiera da Ramil a Triacastela ((Fotografia ceduta da Gus Taf su Flickr sotto le seguenti condizioni)

A Triacastela il cammino si biforca fino a Aguiada: possiamo prendere per San Xil (14 km di strada) o per Samos (20,5 km strada). Il cammino per San Xil presenta un profilo più complicato rispetto a quello che passa per Samos e durante la prima metà non c’è modo di utilizzare la strada, si possono percorrere solo sentieri. La strada si biforca alla fine della via principale di Triacastela, con due segnali che danno indicazioni.

  • La via per San Xil devia verso nord, su una pista asfaltata che esce dalla LU-633 indicando “San Xil” e che, con una pendenza media dell’8% ci porta fino a A Balsa. Il percorso da lì a San Xil (25,8 km) si supera su sentieri dal fondo complesso con molti salti, anche se questo si può evitare prendendo la precedente pista asfaltata. Da San Xil la pendenza si ammorbidisce fino all’Alto de Riocabo, quota più alta di questo cammino alternativo (890 m).

Da questo punto il cammino entra nel monte ed è in discesa costante, inizialmente con una media del 4% fino a Montán (28,9 km) e quindi un poco più tranquillo ma con salti marcati passando per Fontearcuda (29,6 km), Furela (31,5 km) e Pintín (32,8 km). La prima parte tra l’alto di Riocabo e Montán si realizza su un percorso in cui è necessario prestare molta attenzione, dato c’è un tratto con grandi pietre che creano una scalinata naturale. Si può evitare seguendo la strada fino all’incrocio con la LU-5602, che prosegue direttamente da Sarria passando per tutte le cittadine della tappa.

  • La via per Samos si prende girando a sinistra a Triacastela ed ha un profilo più semplice (quota massima di 592 m). La LU-633 segue per gran parte il suo percorso, passando per tutte le cittadine fino a Teiguín, il paese successivo a Samos. A Teiguín la strada prende verso ovest, in direzione Sarria, ma il cammino pedonale abbandona la strada per unirsi a nord con la via di San Xil.

Nella prima parte del percorso, da Triacastela a San Cristovo (24,9 km), i pellegrini a piedi vengono con noi sull’argine della LU-633. Prima di entrare a San Cristovo il sentiero si allontana dalla strada e torna a riunirsi a Renche (26,6 km). Torna a biforcarsi all’uscita dal paese e passa per Freituxe (28,4 km) e San Martiño do Real (29,5 km). Se prendiamo la strada non passaremo per Freituxe. Da San Martiño manca poco per arrivare a Samos, da cui usciremo prendendo la LU-633. Dopo aver passato Teiguín un segnale giacobino indica verso una strada asfaltata su una rampa che esce dalla strada verso destra. Se la prendiamo passeremo per (33,9 km), Sivil (39,8 km) e Calvor fino a sboccare a Aguiada, dove potremo seguire la LU-5602 fino a Sarria. Se vogliamo accorciare il cammino è meglio seguire la LU-633 da Teiguín fino a Sarria, evitando la deviazione.

Tramo del Camino por San Xil rodeado de naturaleza salvajeTratto del Cammino attraverso San Xil ((Fotografia ceduta da Fresco Tours su Flickr sotto le seguenti condizioni)

Come potete vedere, questa tappa offre sufficienti opportunità di percorso, dato che potremo scegliere in ogni momento se prendere il sentiero pedoanle o la strada e inoltre abbiamo due vie da poter scegliere nel tratto finale della tappa, con connessioni tra loro o direttamente con Sarria. Che cammino scegliere è una decisione personale e qualunque strada ci lascerà un buon ricordo, dato che tutte scorrono in ambienti naturali incredibili. La strada è anche una delle più belle dell’entroterra regionale, visto che uno dei suoi tratti è il più alto di tutta la rete di strade della Galizia.

Dato che spesso ci chiedete consiglio su che strada scegliere, per finire vi proponiamo la strada consigliata da Tournride, per combinare la sicurezza con la visita alle località giacobine che offrono maggior patrimonio, sempre dando la priorità ai percorsi pedonali. Se il clima non è buono o c’è eccessiva affluenza di pellegrini, consigliamo di prendere la strada con i segnali di sicurezza adeguati:

  1. O Cebreiro – Alto do Poio: LU-633
  2. Alto do Poio – Triacastela: ruta peatonal extremando las precauciones
  3. Triacastela – Sarria:
  • Via per San Xil. Seguire il cammino pedonale fino a A Balsa. Strada da lì fino a Montán. Da Montán a Sarria prendere i sentieri pedonali.
  • Via per Samos. Prendere i sentieri pedonali. Da Teiguín è più facile prendere la LU-633, ma il cammino giacobino che collega con Aguiada è completamente ciclable.

CONSIGLI PRATICI

  • Molti pellegrini a piedi iniziano il loro cammino a O Cebreiro, ma non molti ciclisti perché così non si rispetta la distanza minima percorsa per ottenere la Compostela (si devono percorrere come minimo 200 km). Comunque, ognuno è libero di decidere cosa fare secondo il tempo a disposizione e secondo le proprie preferenze e quindi, come sempre, vi lasciamo infomazioni su come arrivare a O Cebreiro.

In questo caso, non ci sono autobus (e nemmeno treni o aerei!) che arrivino direttamente a O Cebreiro. La cosa migliore è arrivare a Piedrafita do Cebreiro, località in cui Alsa Alsa offre sufficienti collegamenti con Lugo e Santiago. Offre collegamenti anche con grandi città come Madrid o Barcellona, anche se con minor frequenza. Una volta arrivati a Piedrafita non ci sono altre possibilità che prendere un taxi fino al paese, sono 3,5 km e il prezzo è di solito di 10€. Oppure andare a piedi.

Inoltre, già sapete che Tournride vi consegna la bici il giorno prima dell’inizio del vostro viaggio nell’alloggio che avete scelto a O Cebreiro. Inoltre possiamo farci carico del vostro bagaglio in eccesso per farvelo trovare ad aspettarvi alla fine del vostro cammino, così non dovrete preoccuparvi di pesi inutili!

  • Attenzione a non perdersi tra Triacastela e Samos. Ci sono pochi segnali giacobini verticali, ci sono soprattutto frecce gialle. A volte le frecce vengono modificate un poco, per far passare i pellegrini per attività commerciali private. Inoltre, in questa zona si tengono gare di trail running e ci sono frecce azzurre dipinte sugli alberi per guidare i partecipanti. Ricordate che le nostre sono solamente gialle, seguendo la tradizione di Valiña (l’inventore appunto delle frecce gialle)! Se guardate bene la nostra mappa della tappa prima di partire o se la stampate come PDF, non avrete problemi.
  • Se prendete i cammini pedonali, fate particolare attenzione agli incroci con la strada. Ce ne sono molti!
  • Come nella tappa precedente, vi consigliamo di fare attenzione alle condizioni climatiche, che qui cambiano in fretta e ci possono obbligare a prendere un itinerario specifico, specialmente in caso di molto vento, pioggia o neve. Nel periodo delle pioggie o della neve o con eccessiva affluenza di pellegrini, Tournride vi consiglia di percorrere l’intera tappa sulla LU-633.
  • In Galizia troverete piccole cittadine ogni pochi km, quindi non avrete bisogno di portarvi dietro provviste o acqua in più. Comunque, alcuni paesini di questa tappa (soprattutto nella via di San Xil) non hanno attività dedicate ai pellegrini, ma sono prettamente rurali. Per questo, in molte non troverete alcun servizio.
  • Se prendete la variante a Samos perché desiderate visitare il monastero, vi consigliamo di controllare con anticipo gli orari di visita, dato che non sono molto ampi.

ITINERARIO DETTAGLIATO E PATRIMONIO STORICO-ARTISTICO

Come nella precedente, questo tratto del Cammino Francese combina un grande interesse paesaggistico e naturale con la visita in alcuni enclavi manumentali di grande importanza patrimoniale, come il monastero di Samos. Nel frattempo, passeremo per decine di piccoli ambienti rurali, una configurazione abitativa tipica della Galizia; dove si vive “vicini ma separati”. Non è un caso che in Galizia ci siano il 39% dei nuclei abitati di Spagna, anche che ci viva solo il 5,8% della popolazione del paese!

La prima parte della tappa, fino a Fonfría, si percorre sul tratto di strada più alto della Galizia, che scorre lungo gli Ancares . Questa frontiera naturale e politica, che abbiamo attraversato nella tappa precedente, è stata dichiarata Riserva della Biosfera dall’UNESCO. Conserva la natura in tutto il suo splendore e grazie alla configurazione complessa del suo territorio, si è sempre trovata in una condizione di relativo isolamento, che ha favorito la conservazione delle tradizioni e dell’architettura popolare. Questo si nota già a O Cebreiro, con le sue pallozas (tipiche abitazioni con tetto in paglia) e case di granito e ardesia, ma oggi diventerà ancora più evidente vedendo altri paesi in lontananza e passando per alcuni di essi.

In seguito andremo verso Sarria lungo il margine settentrionale della Sierra do Courel, , una delle aree naturali protette più importanti della Galizia. Occupa più do 21000 ettari, piena di valli tra montagne con boschi mediterrani e atlantici. Vi abitano centinaia di specie, molte delle quali a loro volta protette. Ci sono lupi (non preoccupatevi, evitano gli uomini!) aquile e gufi reali, anche se sono sempre più difficili da trovare. Prima c’erano anche orsi bruni, anche se oggi il loro habitat in Galizia si riduce agli Ancares.

Benvenuti nella terra degli Apostoli!

Preciosa vista panorámica desde el alto de los AncaresAncares (Fotografia ceduta da Oscar Gende Villar su Flickr sotto le seguenti condizioni)

DA O CEBREIRO A TRIACASTELA, IL PERFETTO TRATTO MONTANO

Abbandoniamo O Cebreiro e, su sentieri o strada, arriviamo in poco più di 3 km a Liñares, la prima cittadina della nostra tappa. Con meno di 70 abitanti che per la maggior parte si dedicano all’agricoltura e all’allevamento, questo paese riceve i pellegrini con la sua chiesa dedicata a San Esteban (Santo Estevo in galiziano) che si ritiene sia stata fondata nel S. VIII. Anticamente questa parrocchia dipendeva dall’importante monastero di Santa María do Cebreiro, a cui arrivavano rifornimenti di lino, da qui il suo attuale nome.

Il cammino pedonale attraversa la strada all’uscita di Liñares e prosegue su un sentiero di pietre fino al passo di San Roque prima ed a quello di Poio dopo. E’ un percorso abbastanza “spaccagambe”, con salite e discese continue. Possiamo anche prendere la LU-633.

L’Alto di San Roque (1275 m di altitudine) è contrassegnato da un’imponente statua in bronzo. Lo scultore galiziano Jose María Acuña la creò nel 1993 e cercò di mostrare la durezza del cammino che il pellegrino deve percorrere su queste vie.Vestito con abiti medievali giacobini, si tiene il cappello con una mano perché non voli via con il vento, mentre si appoggia al bastone per continuare a salire. Le visuali intorno a questo punto sono imponenti.

Estatua de un peregrino haciendo el Camino de Santiago en una montañaStatua di Santiago (Fotografia ceduta da Fresco Tours su Flickr sotto le seguenti condizioni)

Da questo punto la discesa è un po’ brusca, sui sentieri pedonali, mentre la strada scende in maniera più graduale. Si passa per Hospital de la Condesa (km 5,7), chiamato così perché ospitava anticamente un ospedale rivolto ai pellegrini, probabilmente patrocinato da qualche aristocratico.

Da Hospital de la Condesa il cammino pedonale scorre su un sentiero di ghiaia parallelo all’argine destro della strada e se ne separa 800 metri più avanti, in una deviazione verso destra. Questa deviazione ci porta a Padornelo e da lì all’Alto de Poio, da cui torna a passare la LU-633. Questo tratto di salita dall’Alto de Poio consigliamo percorrerlo sulla strada, data la pietrosità del fondo e la forte rampa finale, di solo 300 metri ma decisamente erta.

L’alto de Poio è, con i suoi 1339 metri di altitudine, il punto più alto che raggiungeremo in tutta la Galizia. Questo offre viste molto suggestive sulla catena montuosa circostante.

Dall’alto de Poio a Fonfría ci sono 4 km, che i pedoni realizzano sull’argine sinistro della strada. Noi li percorreremo rapidamente perché il profilo è praticamente in piano.

Fonfría (km 12) è un piccolo paese il cui nome deriva da “fonte fredda” (“fuente fría”, in galiziano), in riferimento alle sorgenti d’acqua di montagna. Ad oggi, si può ancora vedere una fonte all’entrata della cittadina, che butta acqua che arriva dai rilievi di Rañadoiro.  

Dopo aver percorso 1 km da Fonfría entriamo nel municipio di Triacastela e il primo paese che visiteremo in questo momento è O Biduedo (km 14,3), dove si trova una semplice cappella dedicata a San Pedro. Nell’area di Lugo sorgono molte betulle (“bidueiros” in galiziano) sulla riva dei fiumi e in questa cittadina anticamente dovevano essercene molte, tanto che rimasero nel suo nome.

Da O Biduedo la linea della strada e del cammino pedonale si distanziano, il cammino si addentra nella montagna. La gran parte del tratto è ciclabile, anche se ci sono momenti in cui il fondo si compone in parte di lastre di ardesia, quindi vi consigliamo di prestare molta attenzione.

Queste montagne nel Medio Evo erano lo scenario di una tradizione molto simbolica, relazionata al Códice Calixtino. Si dice che durante l’undicesima tappa, che andava da Villafranca del Bierzo a Triacastela (Aymeric andava a cavallo, per questo poteva percorrere distanze tanto grandi) i pellegrini dovessero prendere una pietra di queste montagne di Triacastela e portarsela fino a Castañeda, da cui passavano nell’ultima tappa, che andava da Palas a Compostela. A Castañeda dovevano lasciare la pietra nei forni di calce del posto, dove si preparava la malta per la costruzione della cattedrale. In questo modo, tutti i pellegrini portavano il loro contributo alla costruzione della casa di Santiago.

Foto desde las montañas de Triacastela
Vista delle montagne di Triacastela (Fotografia ceduta da Rocío Guerrero su Flickr sotto le seguenti condizioni)

Passiamo per la piccola cittadina di O Filloval (km 17,3) o O Fillobal, come preferite, dato che questa cittadina si può scrivere con “b” con “v” e con l’articolo o senza… Non è molto chiaro quale sia la forma corretta, né in galiziano né in castigliano! Dopo aver passato questo confuso punto ortografico, il cammino attraversa la LU-633 per passare Pasantes, all’altro lato della strada. Giusto prima di entrare a Triacastela si passa per Ramil, una piccola enclave rurale che custodisce un tesoro naturale: un grande castagno centenario. Non si conosce l’età esatta di questo albero, ma si crede che possa avere circa 800 anni!

Árbol castaño antiguo situado en RamilCastagno di Ramil (Fotografia ceduta da Gus Taf su Flickr sotto le seguenti condizioni)

A Ramil ci troviamo praticamente all’entrata del nucleo urbano di Triacastela, a cui arriviamo su un sentiero di terra tra alberi e pascoli. A Triacastela poi, ci renderemo conto che in questa città l’impatto del Cammino di Santiago e del flusso dei pellegrini è fortissimo, soprattutto passandoci tra giugno e settembre.

Questa affluenza non è un fenomeno nuovo, anzi, quando nei S. XII e XIII il pellegrinaggio era in auge, Triacastela aveva più pellegrini che abitanti. Di fatto, si dice nel Códice Calixtino che molti albergatori di Compostela si avvicinassero a Triacastela per convincere i pellegrini ad alloggiare nei loro alberghi una volta arrivati a Santiago. Promettevano le migliori sistemazioni e riservavano una camera in cambio di un pagamento, ma molte volte i pellegrini si accorgevano al loro arrivo che gli alloggi non corrispondevano affatto alle promesse e che avavano pagato un prezzo eccessivo.

I tentativi di truffa non erano permessi, tanto che a Triacastela si trovava un carcere per pellegrini. Lì veniva rinchiuso chi si faceva passare per pellegrino per aprofittare della buona volontà delle persone e ottenere elemosine, cibo o alloggio gratis. Questo antico edificio si trova oggi quasi in rovina e possiamo vederlo prima di entrare nella piazza maggiore.

Triacastela deve il suo nome alla supposta esistenza, anticamente, di tre castri o castelli nella zona (gli storici non sono concordi). C’è anche chi dice che il toponimo deriva dalla sua condizione di punto di passaggio verso Cartiglia, anche se questi sono una minoranza.

Estatua de piedra con la cruz del Camino de Santiago en TriacastelaMonumento al pellegrino a Triacastela (Fotografia ceduta da Rocío Guerrero su Flickr sotto le seguenti condizioni)

Risulta chiaro che possiede una grande tradizione giacobina, che si evidenzia nella sua urbanizzazione, dato che la via principale coincide con il tracciato del cammino e il suo nome non lascia dubbi, visto che si chiama rúa do Peregrino (Via del Pellegrino) e rúa Santiago (Via Santiago). Inoltre, la sua chiesa parrocchiale è dedicata all’apostolo e si crede che sicuramente l’antico ospedale di pellegrini era associato ad essa. Si conserva l’abside romanico del tempio, anche se il resto è barocco (S. XVIII) e nella sua pala d’altare maggiore si vede una grande figura di Santiago vestito come un pellegrino. Sulla torre si trova uno scudo con un’incisione che rappresenta tre torri di castello, fatto che ha dato vita alla teoria che il nome della località derivi proprio da questo.

Triacastela è un buon posto per riposare e per fermarsi a prendere qualcosa in uno dei molti locali che si incontrano. Quindi dobbiamo proseguire dritto sulla strada principale e decidere che via vogliamo prendere per arrivare a Sarria.

Entrada a la iglesia de TriacastelaChiesa di Triacastela (Fotografia ceduta da Alejandro Moreno Calvo su Flickr sotto le seguenti condizioni)

DA TRIACASTELA A SARRIA PER SAN XIL

La via da Triacastela a Samos nacque secoli fa per influenza del imponente monastero che si trova lì, ma quella che passa per San Xil nacque per buon senso. In bicicletta la logica delle distanze non è quella che conta, mentre camminare per 5 km fa la differenza. Soprattutto quando ci si muove in una orografia tanto complessa come quella galiziana!

Passando per San Xil ci mettiamo meno ad arrivare e, come passando per Samos, percorreremo un paesaggio spettacolare. Il profilo di questa via è più complicato di quella di Samos, richiede maggiore sforzo fisico sulle rampe inizali fino all’alto di Riocabo e maggior capacità tecnica nella discesa (se la affrontiamo su sentieri pedonali).

Per prendere questa via bisogna lasciare Triacastela girando a destra alla fine della sua strada principale. Dopo aver attraversato la strada prenderemo una pista asfaltata con frecce gialle e segnali che indicano “San Xil”. Questa parte del cammino è semplice e ci porta a A Balsa in circa 2 km, la prima cittadina di questa tratta.

A Balsa è una piccola cittadina rurale in cui si trova una cappella dedicata alla Nostra Signora delle Nevi. La visita è un preludio di ciò che ci aspetta fino a Sarria: pittoresche cittadine di piccolissima dimensione che mantengono intatta la loro essenza rurale e tradizionale, poco abituate a trarre beneficio economico dai pellegrini di passaggio.

Da A Balsa fino a San Xil il cammino pedonale è complesso: con salti e un fondo di pietre e terra che diventa fangoso appena piove (piuttosto comune in questa zona). Se volete risparmiarvi questa parte, potete uscire da A Balsa e seguire la strada. Seguendo il cammino pedonale la vista naturale è più selvaggia, ma anche prendendo la strada la vista è mozzafiato e potremo godercela di più.

Camino de Triacastela a San Xil con un peregrino al fondoCammino da Triacastela a San Xil (Fotografia ceduta da Fresco Tours su Flickr sotto le seguenti condizioni)

San Xil (km 25,8) è una cittadina molto piccola e senza servizi, ma la sua toponomastica indica sicuramente un passato giacobino piuttosto importante. Il santo a cui è dedicata è molto importante in Francia, specialmente nei punti di passaggio della via verso Santiago, per questo la relazione di questa località con il pellegrinaggio deve arrivare da lontano.

La salita da San Xil fino all’Alto di Riocabo si percorre su strada. Non è eccessivamente dura, ma può essere che lo sforzo sostenuto nella tappa precedente si faccia sentire e ci costi più del normale. L’alto di Riocabo determinerà un cambio nella dimanica della tappa, dato che da qui comincia la discesa verso Sarria. Il cammino pedonale si addentra nel monte attraverso “corredoiras”, cammini di terra e pietre tra grandi querce o “carballos”, come direbbero i locali.

Alcuni punti di questa discesa sono piuttosto complessi, compreso un tratto con grandi pietre che si accavallano come fossero una scala. Con la pioggia diventa abbastanza scivoloso e dato che è in discesa, dovremo tirar fuori tutte le nostre capacità tecniche. Se non ci sentiamo in grado, la cosa migliore è scegliere la deviazione all’alto di Riocabo e continuare sull’asfalto. Sboccheremo sulla LU-5602 e da lì potremo prendere la strada fino a Sarria o deviare sul cammino pedonale in qualunque dei molti incroci tra le due vie.

Vistas en la subida al alto de RiocaboVista sulla salita all’Alto di Riocabo ((Fotografia ceduta da Fresco Tours su Flickr sotto le seguenti condizioni)

La cittadina successiva a cui arriviamo, sia per il sentiero sia per la strada, è Monta. Il cammino non arriva ad entrare in questa piccola cittadina rurale e da qui fino a Sarria i sentieri sono molto più ciclabili di quelli che ci hanno portato fino a Triacastela.

Se ci interessa, possiamo deviare dentro il paese per vedere la chiesa di Santa María de Montán. Il tempio è romanico, di semplice fattura (pietre e ardesia), con un portico d’entrata su cui si apre una piccola finestra. All’interno richiama l’attenzione l’altezza della navata che sembra più piccola, dall’esterno. La pala d’altare maggiore è neoclassica (S. XIX).

Lasciandosi Montán alle spalle, proseguiamo pedalando in leggera discesa fino a Fontearcuda (km 29,6) e, da lì, un sentiero di terra ci porta ad attraversare la LU-5602 e un fiume. Quindi pedaliamo circa 700 metri tra i campi e sbocchiamo di nuovo sulla strada.

La strada passa nel mezzo di Furela (km 31,5) appena 500 m più avanti e, dopo averla superata, entriamo nel municipio di Sarria. In questa piccola cittadina senza servizi si trova una semplice cappella dedicata a San Roque, dipinta di bianco fuori e con un campanile sulla facciata principale. Dopo aver girato intorno alla cappella, il sentiero torna ad attraversare la strada e il Cammino prosegue parallelo ad essa, distanziandosene poco a poco fino ad entrare a Pintín.

Da Pintín (km 23,8) fino a Aguiada si va prima su asfalto e poi su un sentiero che si addentra nel bosco. Il fondo può risultare un poco complicato, pietroso e fangoso se piove. Altrimenti, possiamo sempre prendere la LU-5602. A Aguiada (km 34,7) ritroviamo i pellegrini che sono passati per la via di Samos e percorriamo insieme a loro i poco più che 5 km che ci mancano per arrivare a Sarria.

Aguiada è una piccola località da meno di 50 abitanti, che offre servizi di attenzione ai pellegrini e una piccola cappella rurale dedicata a Nostra Signora dell’Assunta.

Da Aguiada il Cammino corre permanentemente giunto alla LU-5602, quindi per molti di noi risulterà più comodo andare sull’argine.

Tramo del camino de San Xil con una peregrina haciendo el Camino de SantiagoTratto del Cammino San Xil (Fotografia ceduta da Fresco Tours su Flickr sotto le seguenti condizioni)

Se alcuni pellegrini nel Medio Evo (con la fatica che si faceva Allora a fare un km!) decidevano di aumentare la lunghezza del loro Cammino solo per passare per il meraviglioso enclave monastico di Samos, qualcosa di speciale deve sicuramente avere.

Molti pellegrini a piedi decidono di prendere la via di San Xil per evitare per quanto possibile i tratti l’alfalto, dato che in questa tappa ce ne sono un paio. Per noi può diventare un punto a favore, dato che dopo la tappa del giorno precedente potremo prendere una strada senza eccessivo traffico, il cui profilo è più semplice di quello della via per San Xil. Inoltre, il percorso su asfalto non sminuisce la vista dell’imponente paesaggio naturale che ci circonda durante tutta la tappa: alberi centenari tipici dei boschi ripariali, come querce, castagni e betulle.

Per prendere questa via dobbiamo girare a sinistra alla fine della via principale di Triacastela, passando per il comune e la piazza della Diputación. Quindi, le frecce ci indicheranno di riprendere la LU-633. I primi 4 km fino a San Cristovo do Real si fanno su strada, in leggera pendenza negativa.

In questo tratto asfaltato può richiamare la nostra attenzione il fatto che parte della strada si trova incastrata tra grandi pareti verticali di pietra. Stiamo circolando sul Desfiladero de Penapartida, luogo che, secondo leggende locali, si formò durante un pellegrinaggio della Vergine a Compostela. Arrivando in questa zona, trovò un’enorme pietra che le impediva di proseguire così chiamò due angeli che scesero dal cielo con un enorme raggio che divise in due la roccia, creando questo spazio naturale che secoli dopo fu utilizzato per il passaggio della strada.

Dalla strada una deviazione verso destra ci porta ad un sentiero di ghiaia in forte pendenza su cui entriamo nel paese di San Cristovo. Questa piccola cittadina di meno di 35 abitanti sembra cristallizzata nel tempo, visto che conserva molta della sua architettura popolare (anche se alcuni esempi sono in stato migliore di altri). La sua chiesa parrocchiale (S. XVII) prende importanza per la sua pala d’altare maggiore, un’opera d’arte churrigueresca nascosta nella campagna galiziana. Il fiume Oribio passa in mezzo al paese e le sue rive si riempiono di grandi alberi. Per uscire dal paese dobbiamo attraversare un ponte e quindi addentrarci nel monte attraverso corredoiras e grandi piste tra gli alberi.

Durante i successivi 5,5 km, da San Cristovo fino a San Martiño do Real, il cammino scorre in mezzo alla natura. Nonostante ci siano alcuni tratti con salti e altri in cui il terreno è poco stabile, a meno che non abbia piovuto il percorso si può affrontare in bicicletta senza nessun problema.

All’uscita del paese di San Cristovo passiamo per l’ostello pubblico Casa de Lusío, che occupa un’antica casa rurale del S. XVI ceduta dall’ultima proprietaria alla comunità benedettina di Samos. Questa, a sua volta, la cedetta alla Xunta de Galizia, che iniziò a restaurarla nel 2007 perché recuperasse una funzione che aveva già ricoperto in passato, quella di locanda. Oggi le antiche stanze nobili della residenza sono piene di letti e di angoli per riposare dedicati ai pellegrini, essendo stata restaurata in maniera moderna ma rispettando al massimo la sua configurazione originale, così come gli elementi costruttivi più caratteristici, come gli archi esterni, lo scudo (con otto conchiglie) e il suo grande camino conico in quella che originariamente era la cucina. L’antica casa rurale è circondata da un terreno di 15 ettari, in cui si trovano antichi maneggi, un mulino, una fucina da fabbro e una cappella.


Entrada al Albergue Casa Forte LusíoCasa Forte Lusío (Fotografia ceduta da Xacobeo su Flickr sotto le seguenti condizioni)

L’albergo offre anche spazi pensati con funzione espositiva e museale. L’idea iniziale era installarvi un’esposizione permanente su Vicente Vázquez Queipo de Llano, un matematico, fisico e politico che nacque in questa casa nel 1804. La sua più nota eredità è lo sviluppo delle tavole logaritmiche che si usano ancora oggi e per le quali ricevette un premio nella Esposizione Urniversale di Parigi del 1867.

Su sentieri coperti dalle chiome degli alberi, tra cui la luce filtra per disegnare forme stravaganti che sciolgono la nostra immaginazione e ci trasportano in un mondo fantastico (non a caso “Il bosco animato” si ispirò al bosco galiziano), percorriamo poco meno di 2 km fino a Renche.

Senda en el bosque hacia Samos con un peregrino haciendo una parada de descansoSentiero nel bosco verso Samos (Fotografia ceduta da Luca Terzaroli su Flickr sotto le seguenti condizioni)

Renche (km 26,6) si trova oggi al margine della LU-633 ed è una piccola località rurale che il Papa donò nel S. XVI al monastero di Samos, con la condizione che i monaci vi andassero tutti i giorni con cibo e vino per i pellegrini. La sua chiesa è dedicata all’apostolo, anche se la sua caratteristica è, senza dubbio, il suo meraviglioso contorno naturale in cui ci addentriamo all’uscire dalla località e percorrere altri 2 km fino a Freituxe.

In questo tratto da Renche a Freituxe il fondo e il tracciato sono variabili, visto che ci sono alcune rampe di terra, pietra o ghiaia. A Freituxe (km 28,4) si arriva in salita. Pochi servizi si trovano in questa località e, dopo averla passata, ci aspetta il tratto più complicato di questa tappa, soprattutto a causa del fondo, con grandi pietre sciolte. E’ necessario prestare molta attenzione e, se vogliamo evitarlo, non abbiamo altra scelta che prendere direttamente la strada da Renche a San Martiño senza passare per Freituxe. Anche se, in questo caso, è un peccato perderci questo piacevole ambiente naturale.

A San Martiño do Real (km 29,5) siamo di nuovo sul margine della LU-633. Ci manca poco per arrivare a Samos, ma magari vale la pena fare una fermata alla chiesa dedicata a San Martín in questa località, se ci interessa il romanico rurale. Come quella di Montán sulla via di San Xil, la fattura è semplice, di pietra e ardesia (i materiali più a portata di mano in questa zona) e quasi non ha decorazioni. Nell’entrata si trova anche un portico, riflesso della durezza del clima della zona, che in caso di pioggia o neve rende necessario un luogo in cui potersi riparare all’esterno.

All’uscita dal paese il cammino pedonale attraversa la strada con un sottopasso e, quindi, un pannello informativo e le frecce gialle ci indicano l’incrocio (senza attraversamento pedonale) della LU-5601. Su di un sentiero tra gli alberi, dal fondo irregolare e tracciato “spaccagambe”, arriviamo fino a Samos.

Prima di entrare a Samos il Cammino ci lascia ad una quota più alta, da dove godremo di una vista mozzafiato del monastero, prima di arrivarci. Da lì scendiamo in modo netto fino al centro urbano. Se prendiamo la strada entriamo in paese da nord e il panorama non è altrettanto eccezionale.

Entrada a la localidad de Samos con el monasterio al fondoVista del monastero di Samos in entrata al paese (Fotografia ceduta da José Antonio Gil Martínez su Flickr sotto le seguenti condizioni)

A Samos (km 31), troveremo tutti i servizi e potremo goderci il suo monastero che porta con sè quasi 1500 anni di occupazione monastica, interrotta solo per un breve periodo del S. XIX. Il monastero di San Julián de Samos ebbe molta influenza politica, sociale e spirituale; tanto nei suoi dintorni quanto anche su una scala maggiore. Lì alloggiarono per alcuni periodi grandi intellettuali e re, alcuni molto legati al pellegrinaggio.

Le origini di questo monastero risalgono al S. VI, quando San Martín de Dumio promosse l’insediamento di un gruppo di monaci in questo luogo nascosto tra i monti. San Martín Dumiense fu un vescovo e teologo che nacque in Ungheria e, dopo la visita alla Terra Santa in Oriente, arrivò ad essere vescovo di Praga. Aveva tanta influenza che riuscì a far cambiare la religione ufficiale svedese dall’arianesimo al cattolicesimo e promosse che la gente comune abbandonasse i culti ereditati dall’epoca romana per avvicinarsi a quelli cristiani. I monasteri che furono fondati sotto suo ordine erano diretti da Regole di origine ispano-visigota, come quella che San Fruttuoso aveva sviluppato un secolo prima nel Bierzo o quella che San Isidoro redattò a Sevilla. Con il passare dei secoli la chiesa decise di uniformare le Regole, eliminando quelle di questo tipo per cambiarle con quella benedettina di Cluny, un processo che terminó nel S. XII.

Questo cambio ebbe luogo a Samos nel S. X, quando si abbandonò la Regola di San Fruttuoso per l’ ““ora et labora” benedettino. Data la relazione dell’Ordine di Cluny con il Cammino di Santiago e con la Corona, il monastero prese via via più importanza. Nel S. XVI arrivò al suo momento di maggior splendore, in quel secolo uscirono dalle sue mura otto futuri vescovi e grandi intellettuali religiosi. Uno di essi fu Padre Benito Feijoó, che diede impulso all’illuminismo in Spagna e fu uno dei primi a scrivere saggi nella penisola iberica, tra cui alcuni molto controversi come “In difesa della donna”, che proclamava l’uguaglianza di genere in un secolo in cui la situazione era tutt’altro che ugualitaria.

Patio dedicado al Padre Feijoó en el monasterio de SamosCortile dedicato al Padre Feijoó nel monastero di Samos (Fotografia ceduta da José Antonio Gil Martínez su Flickr sotto le seguenti condizioni)

Nel S. XIX l’ambiente di pace intellettuale del monastero cambia radicalmente quando diventa ospedale dove vengono curati i feriti della guerra d’Indipendenza. Poi, con gli espropri, l’edificio dovette essere abbandonato, ed i monaci poterono tornare ad abitarlo 24 anni più tardi.

Da quel momento questo maestoso insieme è stato occupato da monaci che continuano a “pregare e lavorare”, e una parte di questo lavoro è la cura della locanda dei pellegrini che si trova nel monastero. Essendo un monumento storico-artistico, esiste un orario per levisite turistiche, che vi consigliamo di consultare il giorno prima per organizzare l’arrivo a Samos quando è aperto.

Portada de la entrada de la iglesia de San Xulián de SamosFacciata della chiesa di San Xulián di Samos (Fotografia ceduta da Emilio su Flickr sotto le seguenti condizioni)

Nonostante le sue antiche origini, la maggiornaza di ciò che vediamo oggi è rinascimentale e neoclassico (S. XV-XVII), dell’“epoca d’oro” del monastero. E’ curioso vedere come, nonostante tutto sia stato fatto monumentale e di grandi dimensioni, si cercava di mantenere un aspetto sobrio. Per questo, non ci sono molte decorazioni. Dell’insieme sono soprattutto notevoli quattro aspetti: la sua chiesa, i chiostri, la biblioteca e la cosiddetta Cappella del Cipresso.

Alla facciata della chiesa mancano le torri che non furono mai costruite, e per questo pare un poco “tozza”. Fuori c’è una scalinata che dobbiamo ricordare, dato che ci tornerà in mente quando arriveremo alla cattedrale a Compostela.

All’interno il monastero ha due chiostri, uno dei quali il più grande di Spagna. E’ dedicato a padre Feijoó e, al centro, un’enorme scultura dell’artista Francisco Asorey, che fu uno dei grandi innovatori della scultura del S. XX, lo rappresenta con gli abiti mentre sostiene dei grossi libri.

Claustro de las Nereidas en el monasterio de SamosChiostro delle Nereidi nel monastero di Samos (Fotografia ceduta da José Antonio Gil Martínez su Flickr sotto le seguenti condizioni)

L’altro chiostro è quello delle “Nereidi”, chiamato così perché una delle fonti barocche nel suo centro rappresenta quattro di queste ninfe mitologiche che sostengono una coppa. Come aneddoto, si racconta che uno scalpellino del S. XVI decise di prendersi gioco ai visitanti incidendo in un geroglifico la frase “Cosa guardi, tonto?” in uno degli architravi.

La cappella del Cipresso rimane un poco separata dal congiunto. E’ molto più antica (S. IX) e il suo nome deriva dall’albero centenario che si innalza maestosamente accanto ad una delle sue mura. Il cipresso è segnato da un caratteristico tratto nero, risultato di un fulmine che lo colpì direttamente durante una tempesta. La cappella sicuramente era, inizialmente, una sorta di cella monastica.

Capilla del Ciprés junto al monasterio de SamosCappella del Cipresso accanto al monastero di Samos (Fotografia ceduta da José Antonio Gil Martínez su Flickr sotto le seguenti condizioni)

Dopo aver lasciato Samos le frecce del Cammino indicano di seguire l’argine della strada e quindi un sentiero tra il fiume Sarria e la LU-633. Il sentiero si amplia in alcuni punti per creare aree di riposo accanto al fiume, un punto molto gradevole in cui riposare un poco se non ci siamo fermati a Samos.

Poco oltre 1 km dopo l’uscita da Samos vedremo alla nostra destra Teiguín (km 32,8), una piccola cittadina che si trova sull’argine destro della strada. Dopo averla superata un segnale verticale giacobino indica una deviazione verso una rampa a destra che abbandona la LU-633 per addentrarsi nel monte.

Seguendo la deviazione ci ricongiungeremo a Aguiada con i pellegrini della via di San Xil, alternando tratti di terra e asfalto mentre seguiamo il corso del fiume Sarria. Se preferite andare più direttamente potete seguire la LU-633. In 9 km arriverete alla fine della tappa, alternando salita e discesa ma senza eccessivi salti.

Se prendiamo la deviazione inizieremo una salita abbastanza forte su asfalto fino a Pascais (km 33,9) e, da lì, scenderemo un poco fino ad un piccolo torrente dove si trova la chiesa di Santalla o Santa Eulalia de Pascais, altro esempio di fattura romanica nascosto nella campagna galiziana. Di quanto fu costruito nel S. XII si conserva l’abside, il muro nord e una delle porte; il resto è barocco. E’ notevole soprattutto la qualità della pala d’altare maggiore, quindi se ne avete l’opportunità vi invitiamo ad andare a vederla.

Costeggiamo la chiesa e su una “corredoira” tra gli alberi giungiamo a Gorolfe, dove arriviamo di nuovo su una pista asfaltata che ci porta ad attraversare il fiume Sarria. Dopo averlo attraversato proseguiamo alternando sentiero e asfalto per passare per Sivil (km 39,8), da cui ci manca poco per passare per Calvor e unirci al resto dei pellegrini a Aguiada (km 41,5).

Da Aguiada ci restano, come nell’altra via, circa 5,5 km per arrivare a Sarria. Possiamo percorrerli sul cammino pedonale, che per la sua gran parte corre accanto alla strada o possiamo pedalare direttamente sulla LU-5602.

TAPPA 11: DA PONFERRADA A O CEBREIRO – CAMMINO FRANCESE IN BICICLETTA

Distanza da Santiago: 202 km

Distanza di tappa: 52 km

Tempo stimato: 5 – 7 ore

Quota minima: 480 m

Quota massima: 1302 m

Difficoltà della tappa: Molto elevata

Luoghi di interesse: Cacabelos, Villafranca del Bierzo, O Cebreiro

Mappa dell’itinerario: Per vedere il percorso su Google Maps fare click qui 

Etapa 11 del Camino de Santiago en bicicleta desde Ponferrada a o Cebreiro

Questa tappa consta di due parti ben distinte. La prima va dall’uscita di Ponferrada fino a Las Herrerías (km 44) e qui la via pedonale è perfettamente ciclabile. Si attraversa la valle del Bierzo su ampi sentieri di terra, strade regionali o vie asfaltate. Si può procede anche lungo la strada, sulla LE-713 fino a Villafranca del Bierzo e poi sulla N-VI e la NA-006A fino a Las Herrerías.

A Las Herrerías inizia la seconda parte, bisogna scalare le marce! Per chi non ha attraversato i Pirenei, la salita in bicicletta a O Cebreiro sarà, senza dubbio, il tratto di salita più duro con cui confrontarsi di tutto il Cammino Francese. Ci sono segnali diversi per pedoni e ciclisti, data la pericolosità di alcuni dei sentieri. Consigliamo che solamente i ciclisti più esperti valutino di prendere il cammino tradizionale. In generale sarà meglio percorrere tutto il cammino su asfalto, prima sulla CV-125/1 fino a La Laguna e poi su una strada asfaltata che attraversa la frontiera su una quota superiore rispetto al cammino pedonale.

Scaliamo le marce e prendiamocela con calma… Oggi attraversiamo gli Ancares!

Imagen de caballos alimentándose en el monte de los AncaresGli Ancares ((Fotografia ceduta da Anlopelope su Flickr sotto le seguenti condizioni)

PROFILO E PERCORSO GENERALE DELLA TAPPA

L’uscita da Ponferrada può diventare lunga, come spesso accade nelle città. Per questo Tournride vi propone una variante più semplice. Si deve solamente attraversare il ponte del Castello e prendere la seconda uscita alla rotonda di Plaza Portales. Seguendo Avda. de Asturias sempre dritto, attraverseremo altre cinque rotonde e passeremo sotto la N-VI. Alla rotonda dopo il sottopasso giriamo a sinistra e saremo già arrivati a Columbrianos. Se preferite seguire la via giacobina tradizionale, dovete seguire il tracciato verde nella nostra mappa di tappa.

A Columbrianos, dobbiamo girare a sinistra su una via che esce obliquamente poco prima del passaggio pedonale che attraversa la strada a metà del paese.

Su strade asfaltate proseguiamo fino a Camponaraya (km 7). Proseguendo dritto sulla strada che attraversa la cittadina passaremo per alcuni capannoni industriali e, dopo aver attraversato la rotonda che c’è lì, dovremo prendere un sentiero asfaltato che lascia la strada sulla sinistra, accanto ad una cantina.

In leggerissima pendenza positiva proseguiamo per questo sentiero asfaltato lasciando un punto di ristoro alla nostra sinistra. Attraversiamo la A-6 su un cavalcavia e quindi percorriamo un piacevole tratto di circa 3 km su un’ampia pista di terra attraverso vigneti.

Arriveremo così a Cacabelos (km 16), che attraversiamo da est a ovest per uscire su un ponte di pietra sul fiume Cúa. Il ponte ci porta direttamente sulla LE-713, che seguiremo in leggera pendenza fino a Pieros, piccola località sulla destra della strada.

Seguiamo sulla LE-713 dopo aver lasciato Pieros e in 2 km l’asfalto si riempie di segnali contraddittori. Alcuni indicano una biforcazione che appare alla nostra destra e altre suggeriscono di proseguire dritto. Ci sono due opzioni diverse per arrivare a Villafranca del Bierzo:

  • Se andiamo a destra, proseguiremo in costa su asfalto per 300 metri per poi prendere un sentiero ampio di terra verso sinistra. Con un tracciato abbastanza disteso, anche se con continui “saltelli”, arriviamo a Valtuille de Arriba e da lì torniamo in direzione sudovest su sentieri di terra e ghiaia fino a Villafranca del Bierzo.
  • Se andiamo dritto percorreremo la LE-713 per 2 km in pendenza negativa, fino ad arrivare ad una deviazione che ci porta a destra sotto forma di sentiero (attenzione a non superarlo, non è ben segnalato!) Dopo 1,5 km su questo sentiero arriveremo al punto in cui i due sentieri si riuniscono per entrare Villafranca del Bierzo.

Le due opzioni sono del tutto ciclabili. La prima abbandona la strada per un paesaggio più naturale, ma il tracciato non è molto regolare e il fondo è di terra. Per la strada percorreremo i 2 km fino alla deviazione in un attimo, dato che con tanta discesa non dovremo nemmeno pedalare.

Campos de viñedos en el BierzoVigneti del Bierzo ((Fotografia ceduta da malditofriki su Flickr sotto le seguenti condizioni)

Da Villafranca del Bierzo (km 24) la dinamica della tappa cambia abbastanza. Il tracciato continua ad essere fattibile fino a Las Herrerías (km 44) ma ora non ci muoviamo su strade secondarie o sentieri, ma prendiamo la N-VI. Il cammino pedonale scorre su un passaggio a sinistra dell’asfalto, ma noi possiamo prendere l’argine. La N-VI non presenta troppo traffico al giorno d’oggi, dato che la A-6 è la via di scorrimento principale.

Di fatto, anche la A-6 ci accompagnerà per tutto il percorso fino all’uscita a Los Ancares. La attraverseremo più volte passando sotto enormi viadotti. Passiamo quattro cittadine nel nostro percorso lungo la N-VI: Pereje (km 29), Trabadelo (33,5) e La Portela de Valcarce (38). Dopo aver superato l’enorme stazione di servizio di La Portela de Valcarce prendiamo una deviazione verso sinistra rispetto alla N-VI dove indica “Vega de Valcarce”. Lasciamo la strada nazionale alla nostra destra e prendiamo la strada locale (N-006A) che corre lungo la riva del fiume Valcarce.

Proseguendo sulla N-006A passiamo per Ambasmestas (km 39) e Vega de Valcarce (40,5). La strada locale sbocca di nuovo sulla N-VI, su cui entriamo a Ruitelán (42,5). Dopo essere passati attraverso Ruitelán andiamo avanti circa 200 metri sulla strada nazionale, ma dopo un paio di curve vedremo la deviazione a sinistra per la CV-125/1, su cui entriamo a Las Herrerías.

Comincia il bello! Aggiustiamo il rapporto, mettiamo il pignone più grande e la corona più piccola, e prepariamoci per affrontare il tratto più duro del Cammino Francese insieme al passo dei Pirenei. Il panorama di questo tratto si imprimerà nella vostra memoria, un ambiente naturale che offre mille sfumature differenti in ogni epoca dell’anno.

Subida a O Cebreiro rodeado de campos verdesSalita a O Cebreiro ((Fotografia ceduta da Miguel Vicente Martínez Juan su Flickr sotto le seguenti condizioni)

Sulla CV-125/1, buona pista asfaltata, iniziamo a salire da Las Herrerías con pendenze del 10% circa. In 2 km arriveremo ad un punto in cui vedremo dipinte sull’asfalto indicazioni diverse per pedoni e ciclisti. Noi dovremo proseguire dritto senza prendere il sentiero di terra. Il nostro percorso è più lungo ma con un fondo migliore e, anche se non sembra, con pendenze meno accentuate rispetto alla via pedonale.

Seguendo la strada, con pendenze tra il 7 e il 25%, arriviamo ad un punto in cui la strada si biforca. Qui dobbiamo scegliere se proseguire dritto per entrare a La Faba (km 47,5) o deviare a destra per andare direttamente a La Laguna (km 50). Tenete conto che se decidiamo di andare a La Faba dovremo poi prendere il sentiero pedonale per arrivare a La Laguna, più percorribile del tratto iniziale ma stretta, dal fondo pietroso e con pendenze medie del 15%. Solo delle leggende come John Tomac riusciranno a salire senza dover mai scendere dalla bici!

A La Laguna de Castilla salutiamo Castilla e León, visto che è l’ultima località che attraversiamo di questa regione. Forse è per questo che ne hanno inserito il nome nella toponomastica!

Uscendo da La Laguna i segnali giacobini indicano di proseguire su un sentiero che prende a sinistra rispetto alla strada asfaltata, su cui i pedoni percorrono gli ultimi 900 metri di salita fino al limite provinciale con la Galizia, segnalato da una grande pietra miliare con le insegne del Cammino. Il sentiero è abbastanza ampio, per quanto possibile, ma il fondo è molto complesso. Proseguire diritto sulla pista asfaltata facilita abbastanza il percorso. Se vogliamo veder la pietra miliare della frontiera possiamo lasciare la bici e prendere un sentierino di 100 metri per andare a vederla e poi tornare indietro.

Da qui siamo solo ad 1 km dal nostro finale di tappa: O Cebreiro. Qusta graziosa e tradizionale cittadina ci riceve per offrirci il miglior ricostituente possibile… Se Braccio di Ferro avesse saputo che esiste il “Caldo Gallego” non avrebbe mai assaggiato gli spinaci!

Palloza antigua de piedra en O CebreiroPalloza a O Cebreiro ((Fotografia ceduta da Jim Anzalone su Flickr sotto le seguenti condizioni)

CONSIGLI PRATICI

  • Ponferrada è il punto in cui molti ciclisti iniziano il cammino. E’ il chilometraggio minimo per ottenere la Compostela! Se decidete di iniziare il vostro cammino da Ponferrada, vi aiutiamo ad arrivarci:
  1. Autobus: Ponferrada è un punto di passaggio della A-6, l’autostrada che collega la Galizia con Madrid. E’ un punto di transito abbastanza importante, non avremo quindi problemi ad arrivarci con l’autobus. Per vedere tutte le connessioni con Ponferrada si può guardare su Checkmybus, anche se la compagni con più itinerari e orari è Alsa.
  2. Treno: Ci sono abbastanza collegamenti ferroviari, dato che si tratta di uno svincolo ferroviario abbastanza importante. Non ci sono treni ad alta velocità, per i quali bisogna andare a León, ma non avrete problemi a trovare il percorso adeguato. La cosa migliore è guardare sulla pagina di Renfe.

A Ponferrada non c’è aeroporto, il più vicino è quello di León. Non dimenticate che potete anche utilizzare anche compagnie come Blablacar per condividere automobili.

Inoltre, già sapete che Tournride vi consegna la bici il giorno prima dell’inizio del vostro viaggio all’alloggio prescelto a Ponferrada (o nell’ufficio di SEUR, si trova qui ma ricordate che chiude durante il fine settimana). Possiamo anche occuparci del vostro equipaggio in più per riconsegnarvelo al finale del vostro cammino, così non sarete appesantiti da pesi inutili!

  • L’uscita pedonale di Ponferrada può essere un po’ complicata (il percorso verde nella mappa di Tournride). Raccomandiamo di seguire l’itinerario che abbiamo sviluppato per semplificare la via e che abbiamo incluso nel tracciato rosso.
  • A Ponferrada inizia un Cammino giacobino che è stato nominato ufficiale nel 2016 Cammino d’Inverno. Date le condizioni climatiche decisamente dure della zona di Os Ancares e di Lugo, questo itinerario è una buona opzione per entrare in Galizia quando c’è molta neve. Si spinge più verso sud e entra per Ourense, percorrendo la meravigliosa zona della Ribeira Sacra. Si unisce con la Vía de la Plata (che ha origine in Siviglia) a A Laxe, molto vicino a Santiago de Compostela.
  • Se percorrete questa via in estate, tenete conto che da Las Herrerías non troverete nessun servizio fino a La Laguna de Castilla, dato che sicuramente non passerete per La Faba. Fondamentale portare acqua per affrontare la salita!
  • Questa tappa si percorre per la gran parte su strade nazionali e locali. Questo permette di mantenere un buon ritmo di marcia senza troppo rischio, dato che non sono strade con eccessivo traffico. Comunque, consigliamo sempre di portare gli adeguati segnali e prendere le precauzioni necessarie.
  • Riassunto dei consigli per la salita a O Cebreiro in bicicletta: 1) Fare molta attenzione al tracciato di salita per ciclisti che abbiamo segnalato nella mappa, che è diverso dal tracciato per i pedoni.

2) Salire poco a poco. Non ci sono punti per riposare, quindi se sforziamo all’inizio potremmo arrivare alla fine molto stanchi. Se manteniamo una salita costante arriveremo senza problemi.

  • O Cebreiro è un finale di tappa molto piccolo. Nonostante offra molti servizi al pellegrino, in estate può essere che la troviate molto affollata. Se vi accorgete che è così, sappiate che a Liñares (andando avanti per 3 km) c’è un ostello. Non ha molti posti, quindi se volete essere sicuri potete arrivare fino a Piedrafita do Cebreiro. Non è propriamente sul Cammino Francese, ma offre molti più servizi e rimane a 3,5 km.

ITINERARIO DETTAGLIATO E PATRIMONIO STORICO ARTISTICO

In questa tappa combineremo il tragitto tra i paesaggi naturali di bellezza estrema come la Valle del Bierzo e la salita a Os Ancares, con il passaggio per incantevoli cittadine dal patrimonio giacobino come Cacabelos o Villafranca del Bierzo, “la piccola Compostela”.

Intanto, visiteremo anche molte piccole popolazioni rurali in cui la gente, la gastronomia, l’architettura popolare iniziano a cambiare gradualmente, abbandonando le radici castigliane per somigliare di più a ciò che ci aspetta in Galizia.

Finiremo a O Cebreiro, cittadina in cui, secondo la leggenda, era custodito il Sacro Graal, simbolo di grande importanza plasmato sulla bandiera di Galizia. A O Cebreiro troveremo, sicuramente, un posto per riposare tra le sue grandi pallozas (tipiche costruzioni galiziane) e paesaggi meravigliosi… Le sue albe e i suoi tramonti non lasciano indifferenti nessuno.

Benvenuti in Galizia, ora mancano solo 150 km per arrivare a Santiago!

Iglesia de Santa María Real en O CebreiroChiesa di Santa Maria la Real a O Cebreiro ((Fotografia ceduta da José Antonio Gil Martínez su Flickr sotto le seguenti condizioni)

DA PONFERRADA A CACABELOS… DI PONTE IN PONTE FACCIAMOCI PORTARE DALLA CORRENTE!

Per uscire da Ponferrada abbiamo due opzioni. La più semplice è prendere per il Ponte del Castello e alla rotonda prendere la seconda uscita per continuare dritto per altre 5 rotonde. Dopo aver superato la N-VI su un sottopasso vediamo un’altra rotonda e, girando a sinistra, entriamo a Columbrianos.

Questo non è il percorso tradizionale e, pertanto, non è segnalato. Noi diTournride ve lo proponiamo perché sappiamo che l’uscita dalle città è abbastanza confusa per le biciclette. Se però preferite seguire il vero e proprio cammino giacobino, vi indichiamo anche quello.

L’uscita tradizionale attraversa sul Puente de la Puebla e devia a destra su calle Av. Huertas del Sacramento, che sbocca su una rotonda. Giriamo a destra e attraversiamo alla prossima rotonda, lasciando alla nostra destra il Museo dell’Energia.

Chiamato anche “La Fabbrica della Luce”, il Museo dell’Energia è soprattutto uno spazio divugativo e scientifico sulla produzione di energia. Occupa l’edificio di quella che era la prima centrale termica che fu costruita in tutta Spagna. Un’investigazione ha dimostrato, anni dopo, che durante l’atto inaugurale, nel 1949, ebbe luogo un fallito attentato a Franco. Negli anni 70 la centrale venne chiusa e fu costruita un’altra centrale chiamata Compostilla II, accanto al Sil e molto vicina alla prima, e che funziona ancora oggi.

Museo de la Energía al lado del río SilMuseo dell’Energia ((Fotografia ceduta da Ene.Museo su Flickr sotto le seguenti condizioni)

Lasciando il museo sulla destra, giriamo a sinistra sulla rotonda e entriamo nella città di Compostilla. Nonostante ci siano indizi di insediamenti precedenti, la città ebbe origine dalla costruzione di case ad opera di Endesa per i suoi operai della centrale termica. Il nome si deve a Compostela, testimonianza del passaggio giacobino. Nel centro del paese c’è la chiesa parrocchiale, che fu costruita durante il S. XX ed è circondata da un parco.

Uscendo ora da Compostilla su calle Cabo de Finisterre, attraversiamo la N-VI con un sottopasso e quindi deviamo verso sinistra per arrivare a Columbrianos. Su calle Real ci ricongiungiamo ai pellegrini in bici che hanno deciso di uscire da Ponferrada sulla via più semplice che Tournride vi ha proposto.

Columbrianos è una popolazione di circa 1400 abitanti dedicata principalmente all’agricoltura, specialmente ai fiori, ai vini e alle insalate. La strada non percorre tutta la località, ma si dispiega nel suo centro urbano per continuare ininterrottamente verso ovest dalla strada di San Blas.

Su una strada asfaltata tra i campi attraversiamo Fuentes Nuevas e, in pochi metri, la strada principale di Camponaraya (che coincide con LE-713).

Camponaraya è il risultato dell’unione di due differenti cittadine: Campo e Naraya, quest’ultima è la più antica. Si sono uniti nel XV secolo, quando Naraya già contava con diversi ospedali di pellegrini. Dopo la sua strada principale attraversiamo una rotatoria e, in seguito, dobbiamo prendere una strada lastricata che parte a sinistra, accanto alle strutture di un magazzino. Saliamo in costa su un pendio fino a raggiungere una giunzione superiore della A-6 e finiamo su una comoda pista sterrata tra i vigneti.

Il cambiamento dell’ambiente è molto piacevole, lasciamo dietro il traffico e circoliamo tra piacevoli vigneti berciani. La strada sale e scende costantemente, ma dolcemente. Attraversiamo la strada con attenzione ed entriamo su una pista asfaltata a Cacabelos.

Pueblo de Cacabelos con viñedos al fondo
Cacabelos ((Fotografia ceduta da Rufino Lasaosa su Flickr sotto le seguenti condizioni)

Cacabelos (km 16) è uno dei nuclei più grandi che visiteremo oggi.  Ci lasciamo sulla destra la sede del Consiglio Regolatore della Denominazione di Origine di El Bierzo e su calle Santa María entriamo nella monumentale enclave, il cui punto nevralgico si trova alla destra del fiume Cúa.

Nonostante ci siano resti che dimostrano che sulla riva del fiume c’erano insediamenti fin dal Paleolitico, l’origine di Cacabelos che conosciamo oggi è quella romana. Si chiamava Bergidum Flavium, e dopo la caduta dell’Impero e la scomparsa del regno Visigoto il territorio rimase quasi abbandonato. Nel S. X viene nominato per la prima volta con il nome Cacabelos, anche se l’origine di questo nome non è chiara.

Come curiosità storica, Cacabelos dal S. XII al XIX fu sotto la giurisdizione dell’Arcivescovo di Santiago de Compostela. Prima era sotto la diocesi di Astorga, ma nel 1108 Diego Gelmírez, arcivescovo di Santiago, che aveva spinto per costruirne la cattedrale, ordinò di costruire la chiesa di Santa María a Cacabelos, cosa che irritò il vescovo di Astorga per l’ingerenza sul suo territorio. Alla fine il Re diede ragione a Gelmírez… in quel momento l’arcivescovo di Compostela aveva molto potere!

La chiesa di Santa María è ancora in piedi al giorno d’oggi e si trova accanto alla piazza principale, al centro del paese. Conserva l’abside romanico, anche se il resto è del XVI. La torre, che spicca al centro della facciata, è del S. XX ma fu costruita seguendo forme romaniche.

Nella stessa calle Santa María passeremo anche per l’eremo di San Roque. Il tempio fu dedicato a questo santo nel S. XVI a causa della grande epidemia di peste che colpì Cacabelos, dato che a questo santo vengono attribuite proprietà protettrici rispetto a questa malattia. Il tempio ospita il Museo parrocchiale di Cacabelos, che espone arte sacra del S. XVIII.

La via pedonale sbocca sul ponte sul Cúa. Ci sono indizi che già in epoca medievale ci fosse un ponte in questo stesso punto, cosa che precisamente rese Cacabelos un passaggio obbligato nel percorso del Cammino di Santiago.

Dopo averlo attraversato proseguiamo diritto e ci lasciamo sulla destra l’ostello municipale. Ha una configurazione curiosa, perché è organizzato in stanze doppie nel cortile della chiesa della Vergine delle Angustie, circondando completamente il tempio.

Ci lasciamo alle spalle Cacabelos seguendo la LE-713 in pendenza positiva. I primi 16 km di tappa li abbiamo passati tra il ponte di Ponferrada e quello di Cacabelos, mentre ora tra i vigneti andremo a Villafranca. Poi la riva del fiume ci condurrà fino alla frontera con la Galizia… Pellegrini, manca poco!

Puente de Cacabelos con el río circulando por debajo de élPonte di Cacabelos ((Fotografia ceduta da José Antonio Gil Martínez su Flickr sotto le seguenti condizioni)

DA CACABELOS A VILLAFRANCA DEL BIERZO, “LA PICCOLA COMPOSTELA”

Dopo 2 km di rampa in salita arriveremo a Pieros, una piccola cittadina sulla destra della strada. All’uscita dal paese, dopo solo 200 m, vedremo una deviazione verso destra e molti segnali dipinti sulla strada.

Dato che il cammino tradizionale segue il corso della LE-713, abbastanza scomodo per chi va a piedi e pericoloso, è sorto questo percorso alternativo. Va verso nord, passando per Valtuille de Arriba, e quindi torna a riunirsi al cammino tradizionale prima di entrare a Villafranca.

I due cammini sono ciclabili e la differenza della distanza da percorrere è di solo 1,5 km. La deviazione è più lunga e forse un po’ più dura. Continua in salita per qualche metro e poi percorre sentieri di terra e ghiaia su un tracciato pieno di salti discontinui. Il percorso su strada ha un tracciato molto più semplice, dato che dopo la deviazione prosegue in discesa il corso della LE-713 per 2 km, per poi prendere un sentiero verso destra, dove si riunisce con il cammino alternativo.

Alcuni metri dopo che i sentieri si sono riuniti, il sentiero di terra diventa una pista asfaltata su cui entriamo a Villafranca del Bierzo. Questa località deve la sua nascita e il suo sviluppo al cammino di Santiago e alla sua vicinanza con la Galizia (a cui appartenne per molto tempo). Le sue tradizioni e le feste popolari iniziano ad allontanarsi dalle radici leonesi per somigliare sempre più a quelle galiziane.

Dal momento in cui l’ordine di Cluny creò un monastero nel S. XI tra questi monti per attendere i pellegrini, lo fecero anche molti altri ordini e questa località finì per ospitare una moltitudine di ospedali e servizi: farmacie, templi, lebbrosari, negozi, ecc. Di fatto, si installarono qui molti commercianti franchi, da cui il nome: “villa francorum”. I monaci di Cluny furono quelli che iniziarono a coltivare vigne in questa zona, prodotto che oggi è caratteristico e particolare del Bierzo.

Appena entrati nella località, vediamo alla nostra sinistra la chiesa di Santiago. Dal S. XII questo tempio ha il priviliegio di essere l’unico che, insieme alla cattedrale di Santiago, può concedere il giubileo. I pellegrini molto malati che non riescono ad arrivare a Santiago potranno qui ottenere il perdono e il loro pellegrinaggio verrà considerato terminato, per questo Villafranca è nota come “la pequeña Compostela”.

Iglesia de Santiago en Villafranca del BierzoChiesa di Santiago a Villafranca ((Fotografia ceduta da Javier Perez su Flickr sotto le seguenti condizioni)

La chiesa è dedicata all’apostolo e la sua costruzione è semplice: una sola navata coperta da una volta a botte che si conclude su un abside semicircolare che si apre solo su tre piccoli vani. Questa semplicità contrasta molto con la qualità scultorica delle facciate, in particolare la Porta del Perdono. Esattamente identica a quella della cattedrale di Compostela, questa porta viene aperta solo negli anni di giubileo perchè i pellegrini malati la attraversino. E’ proprio necessario aver percorso come minimo 150 km per ottenere l’indulgenza!

Proseguendo dritto per la via acciottolata, scomoda per i ciclisti, ci troviamo di fronte il Castello del Bierzo. Questa costruzione quadrangolare, principalmente in pietra, fu costruita nel S.XVI e fu pensata più come palazzo fortificato. Ha quattro torri, in cui sono scolpiti i blasoni della famiglia reggente.

Proseguendo sulla strada costeggiamo il Castello e giriamo a destra. Poco dopo un segnale indica la deviazione verso la rampa pedonale che ci porta al centro storico del paese.

Su questo viale acciottolato passiamo di fronte al Comune del Bierzo ed al Convento de los Padres Paúles. Questi religiosi arrivarono al convento nel 1899 (prima era occupato dai gesuiti) ma 7 anni fa hanno lasciato l’edificio a causa della mancanza di domanda per i loro studi seminarici. Da quel momento è passato sotto il comune di Villafranca. In una delle sue parti è stato collocato il Museo di Scienze Naturali, che mostra esemplari impagliati di diverse specie, soprattutto uccelli. Parte dell’edificio funge anche da ostello.

Proseguiamo su calle de la Alameda Baja, lasciando i bei giardini alberati alla nostra destra. Dopo una curva a sinistra vediamo la Collegiata di Santa Maria di Cluniaco. Questo monumentale edificio è il risultato di sovrapposizioni di diversi ampliamenti dal S. XII in poi, quando i monaci di Cluny si installarono in questa valle tra i monti per fondare un punto di attenzione ai pellegrini, l’origine di Villafranca del Bierzo.

L’Ordine di Cluny, nato in Francia, creò tutta una rete di monasteri per incoraggiare il pellegrinaggio e aiutare i viandanti nel loro viaggio verso Santiago, con il beneplacito e l’appoggio della Corona. La rete di grandi centri che crearono rese il pellegrinaggio giacobino quello che è oggi e aiutò a diffondere lo stile romanico, conseguendo per la prima volta che lo stesso stile architettonico venisse utilizzato in tutta europa.

Della sua fattura romanica iniziale in questo convento non resta niente, già che nel S. XIV il pellegrinaggio vive un momento di declino e la località viene abbandonata. Due secoli più tardi venne deciso di trasformare il monastero in una collegiata, ricostruendolo completamente. Pertanto, il monumentale edificio che vediamo oggi è rinascimentale, con una impressionante varietà di rivestimenti utilizzati per i diversi spazi del tempio.

Lasciandoci alle spalle la Collegiata, seguiamo la strada e attraversiamo il ponte sul fiume Burbia, uscendo già da Villafranca del Bierzo.

SEGUIAMO LA N-VI SULLA RIVA DEL VALCARCE E ARRIVIAMO AI PIEDI DI LOS ANCARES A LAS HERRERÍAS

All’uscita di Villafranca il cammino pedonale segue il corso della N-VI su un percorso asfaltato. Per noi risulta molto più comodo proseguire sul ciglio della strada, arriveremo in un lampo, anche perché il tracciato è molto semplice! Da quando fu costruita l’autostrada, sulla strada nazionale non c’è molto traffico e scorre tra i grandi dislivelli montagnosi del Bierzo, un vero e proprio mare verde. In autunno potremo vedere come gli alberi si tingono di mille colori, dal giallo chiaro al rosso e al verde… Uno spettacolo della natura!

All’uscita da Villafranca la strada gira verso sinistra per immettersi sulla N-VI. Nel punto dell’innesto, sulla destra, l’artista Raquel Montero sviluppò alla fine del 2016 la sua opera “Il bosco azzurro”. In una zona che era andata a fuoco nel 2015, dipinse gli alberi carbonizzati di un intenso colore azzurro per trasformare il paesaggio desolato in qualcosa di magico.

Sulla N-VI, ora proseguiamo sul ciglio destro per 3 km per arrivare a Pereje, una piccola cittadina in cui troviamo alcuni bar. Per entrare in paese dobbiamo deviare all’ingresso, altrimenti lo sorpasseremo.

Proseguiamo per altri 4,5 km, per arrivare a Trabadelo, cittadina di circa 400 abitanti. Se sentiamo parlare qualcuno, ci renderemo conto di quanto siamo vicini alla frontiera, visto che in molti qui parlano gallego. Questa parte del Bierzo ha la sua storia, molto legata a quella gallega, cosa che sarà sempre più evidente man mano che ci avviciniamo alla comunità autonoma dell’apostolo.

All’uscita di Trabadelo bisogna stare attenti, dato che passando sotto il viadotto della A-6 bisogna prendere un sentiero di terra che ci riporta sulla N-VI. Potremmo perdere la deviazione se andiamo troppo velocemente!

Cartel de llegada al pueblo de Pereje por la carreteraPereje ((Fotografia ceduta da Bill Bereza su Flickr sotto le seguenti condizioni)

Nuovamente sulla strada nazionale, attraversiamo un’altra volta il viadotto della A-6 e passiamo davanti alla stazione di servizio di Valcarce. Mitico punto di sosta dei camionisti e autisti in generale sul loro cammino dalla Galizia al centro della Spagna, offre i suoi servizi a tutti coloro che desiderano fermarsi, 24 ore su 24 per tutto l’anno. Sotto, si trova un negozio di prodotti tipici del Bierzo, dove potremo comprare vere e proprie squisitezze.

Dopo aver superato la stazione di servizio prendiamo a sinistra sulla N-VI per La Portela de Valcarce. Questa cittadina si chiama così perché anticamente fungeva da “porta” che si apriva e si chiudeva davanti ai passanti a seconda che pagassero oppure no la tassa ai signori di quelle terre. Alfonso VI finì per abolire questi pedaggi, visti gli abusi a cui spesso davano luogo, dato che questo era un punto chiave per i collegamenti del resto della Spagna con il nord-ovest.

Tornando sulla N-VI, pochi metri dopo, dobbiamo fare attenzione. Bisogna abbandonare la N-VI, prendendo la deviazione verso sinistra dove indica “Vega de Valcarce”.

Cambiamo la nazionale per la strada locale. Sulla N-006A, una strada poco frequentata che segue il corso del fiume Valcarce, proseguiremo fino a Ruitelán passando per diverse località giacobine.

La prima che visitiamo è Ambasmestas, un tranquillo insediamento che ospita una fabbrica di sottaceti e un caseificio molto antichi, risalenti alla fine nel S. XIX. Proseguiamo poi fino a Vega de Valcarce. Questa cittadina sarà la più grande che troveremo fino alla fine della tappa. Se non abbiamo comprato niente da mangiare o non abbiamo molta acqua, vi consigliamo di fermarvi in uno dei suoi molti negozi per procurarvi qualcosa.

Vacas pastando en el campo al lado de peregrinos haciendo el Camino de Santiago en Vega de ValcarceVega de Valcarce ((Fotografia ceduta da calafellvalo su Flickr sotto le seguenti condizioni)

Vega de Valcarce è costeggiato da due castelli, di cui il più importante è quello del Serracín. Si trova ad una quota più alta, tra le montagne che sorgono sulla riva sinistra del fiume Valcarce. Si chiama così perché il conte che lo reggeva si chiamava Sarracino. Sicuramente fu costruito nel S. X, anche se la gran parte di ciò che resta oggi è del XIV e i suoi resti non sono completi.

A Vega de Valcarce si trova anche un antico mulino fluviale, restaurato da poco. E’ del S. XIX, ad un solo piano. Conserva tutti i macchinari, mossi dalla corrente dell’acqua che scorre sotto l’edificio.

Usciamo da Vega de Valcarce e proseguiamo sulla strada asfaltata fino ad arrivare alla N-VI. In pochi metri arriviamo a Ruitelán, la cui via principale è proprio la strada. Lì troviamo la chiesa di San Juan, inizialmente costruita nel S. XIII ma restaurata nel XVII.

La particolarità della chiesa di San Juan è la cappella di San Froilán, sulla destra dell’altare maggiore. Secondo la leggenda, quando questo santo terminò il suo seminario nel S. IX, ebbe una crisi spirituale. Decise di ritirarsi in una grotta nelle montagne del Bierzo per vivere come un eremita e si crede appunto che dove oggi si trova questa cappella si trovasse all’epoca la grotta naturale. Dopo un lungo periodo di isolamento, San Froilán decise di mettere alla prova la propria unione con Dio riempiendosi la bocca di carboni ardenti. Vedendo che non si bruciava, decise di terminare il suo ritiro spirituale e dedicó molti anni a predicare per tutta la zona del Bierzo e della Galizia.

Lasciamo Ruitelán alle spalle sulla N-VI e, dopo circa 900 metri, la strada disegna una curva pronunciata verso destra. Prima di arrivare, dobbiamo abbandonare la strada nazionale per una pista asfaltata che compare alla nostra sinistra, seguendo la riva del fiume. In meno di 500 metri siamo già a las Herrerías… E’ il nostro punto di partenza per la salita a O Cebreiro!

ADDENTRANDOCI A LOS ANCARES…. CI TOCCA LA SALITA A O CEBREIRO IN BICICLETTA

Las Herrerías è un gradevole paesino, dalla forma allargata, che si trova alle pendici dei monti, sulla riva sinistra del fiume das Lamas. Si entra in paese attraversando il fiume su un ponte di origine romana ad un solo arco, che è stato restaurato da poco. Las Herrerías deve il suo sviluppo e il suo nome poco originale proprio alla sua tradizionale lavorazione del ferro (herrera). Anticamente c’erano qui quattro fonderie che lavoravano i metalli delle montagne circostranti e questo trasformò la località in un importante punto di commercio. Di fatto, una delle fabbriche si trova oggi ben conservata con tutti gli utensili in un edificio chiamato A Casa do Ferreiro.

All’uscita di Las Herrerías è evidente come la pendenza aumenti considerevolmente. Iniziamo l’ascesa! Si tratta di una buona strada asfaltata (CV-125/1). All’uscita del paese la pista si biforca e dobbiamo prendere a destra, in direzione “La Faba”. Un chilometro più avanti il cammino pedonale e quello ciclabile si dividono, con segnali differenziati dipinti a terra.

Noi proseguiamo per la strada asfaltata, che prende sempre più pendenza. Non ci sono punti di sosta o altipiani lungo la salita. La salita è continua fino a la Faba, varia solo l’inclinazione, con tratti dal 7 al 25% di pendenza percentuale. La cosa migliore è aggiustare corone e pignoni e cercare di mantenere un ritmo lento ma costante di salita. Se nei primi chilometri ci sforziamo troppo, probabilmente alla fine la pagheremo e saremo costretti a scendere dalla bici.

Subida a O Cebreiro por un camino de tierraSalita a O Cebreiro ((Fotografia ceduta da Miguel Vicente Martínez Juan su Flickr sotto le seguentis condizioni)

Su questa strada circolano pochissime auto, quindi il traffico non dovrebbe rallentare la nostra marcia. Saliamo per 2 km, fino a che compare una netta deviazione alla nostra destra. I segnali sull’asfalto consigliano ai ciclisti di girare a destra per andare direttamente a La Laguna senza passare per La Faba, e anche noi di Tournride vi diamo lo stesso consiglio.

Se queste raccomadazioni vengono ignorate e si continua dritto, una curva pronunciata ci porterà a La Faba e da lì l’unica maniera di uscire è seguendo i sentieri pedonali o tornando sui nostri passi fino alla stessa deviazione. Il sentiero pedonale è inclinato e dal fondo pericoloso, oltre che piuttosto stretto, quindi sicuramente sarà necessario scendere e spingere la bicicletta.

Se prendiamo la netta deviazione verso destra, proseguiremo salendo per la CV-125/1. La pendenza si addolcisce leggermente, ma la stanchezza accumulata inizia a farsi sentire e compensa il bilancio. In 3,5 km arriveremo a La Laguna de Castilla, ultimo paese di questa regione. Siamo a 1165 metri di altitudine e ci restano solo 2,5 km per arrivare a O Cebreiro e entrare a Lugo. Se lo desideriamo, possiamo goderci i meravigliosi paesaggi di questa piccola cittadina di solo 25 abitanti.

Appena usciti da la Laguna, una pietra miliare giacobina indica la deviazione verso il sentiero di terra e pietre che compare alla nostra sinistra. Anche se questa volta i segnali non sono differenziati, consigliamo di seguire la strada asfaltata. La pista di terra che si percorre per attraversare la frontiera ha un pessimo fondo, con grandi pietre e anche se è molto più ampia delle precedenti, non ha alcun tipo di protezione che prevenga le cadute dal lato della montagna. Se proseguiamo sulla strada seguiremo un percorso parallelo ma ad una quota un poco più alta.

Dopo un paio di km arriviamo alla frontiera. Sulla strada non ci sono segnali, ma c’è un piccolo sentiero che porta alla via pedonale, dove si trova una grande pietra miliare con i simboli del Cammino che indica il limite provinciale. Se vogliamo, possiamo lasciare la bici e andare a vederlo.

Dopo solo pochi metri entriamo finalmente a O Cebreiro. A questo punto vi sarete già resi conto del radicale cambio di paesaggio, architettura e gente di cui siamo testimoni in solo una tappa… Benvenuti in Galizia!

TAPPA 10 DA ASTORGA A PONFERRADA – CAMMINO FRANCESE IN BICICLETTA

Distanza da Santiago: 256 km

Distanza di tappa: 54 km

Tempo stimato: 5 – 6 ore

Quota minima: 510 m

Quota massima: 1052 m

Difficoltà della tappa: Alta

Punti di interesse: Castrillo de los Polvazares, Rabanal del Camino, Cruz de Ferro, Molinaseca, Ponferrada

Mappa dell’itinerario: Per vedere il percorso su Google Maps fare click qui  

Mapa de la etapa 10 del Camino Francés en bici desde Astorga a PonferradaFare click sull’immagine per ampliare

Questa tappa presenta una difficoltà decisamente più elevata delle precedenti, ma viene ricompensata con dei paesaggi spettacolari e la visita ad uno dei punti cardine del Cammino Francese la Cruz de Ferro (1502 m). La LE-142 ci accompagnerà praticamente per tutta la tappa, dato che il cammino pedonale in molti tratti corre parallelo ad essa. Data la pericolosità dei sentieri in alcuni punti, vi consigliamo di deviare dai segnali giacobini e seguire la strada. Analizziamo più dettagliatamente ogni tratto del percorso generale della tappa.

All’uscita di Astorga, la pendenza positiva sarà costante ma dolce, soprattutto durante i primi 20 km. Arrivando a Rabanal del Camino la salita diventa più dura fino alla Cruz de Ferro. Sono 8,6 km con pendenza media tra il 4 e il 5,5%.

Da Astorga fino a Manjarín, i sentieri pedonali sono più o meno percorribili in bicicletta, anche se in alcuni tratti per percorrerli è necessario scendere dalla bici. Ma da Manjarín fino a Molinaseca vi consigliamo caldamente di prendere la strada. Soprattutto i tratti prima di entrare nell’Acebo de San Miguel e a Molinaseca sono molto pericolosi.

Sulla strada potremo godere di una vista mozzafiato e dovremo solo fare attenzione al traffico, dato che ci sono curve e traffico in entrambi sensi di marcia. La discesa è ripida, tra il 3,5 e il 14%.

Se si prendono le opportune precauzioni non v’è alcuna tappa nel Cammino Francese che dovremmo intraprendere con un senso di disagio per la sua pericolosità. Questa è una delle tappe più particolari del cammino, che ci porta a punti naturali spettacolari e, semplicemente, dobbiamo prendere itinerari alternativi in punti specifici.

Vi presentiamo il percorso dettagliato nel testo qui di seguito. E come sempre, Tournride vi augura il meglio per il vostro Cammino.

Amanecer en la Cruz de FerroAlba alla Cruz de Ferro ((Fotografia ceduta da Gus Taf su Flickr sotto le seguenti condizioni)

PROFILO E TRACCIATO GENERALE DELLA TAPPA

Usciamo da Astorga su calle San Pedro, che ci porta ad una rotonda su cui attraversiamo la N-VI e prendiamo la strada che ci accompagnerà per tutta la tappa la LE-142. Sul suo argine o sulla pista asfaltata parallela ad esso, in 1,7 km attraversiamo la A-6 su un cavalcavia e dopo solo 1,5 km arriviamo a Murias de Rechivaldo.

All’entrata di Murias de Rechivaldo, il sentiero giacobino segue verso sinistra mentre la LE-142 prosegue dritto. Il sentiero è un’ampia pista dal fondo favorevole, così che possiamo prendere la strada che preferiamo. Tenete solo in considerazione che solamente se prendete la strada passerete per Castrillo de los Polvazares, una pittoresca cittadina di case e strade dichiarata Insieme Storico-Artistico nel 1980. E’ considerato uno dei luoghi più belli della Maragatería.

La strada e il sentiero si ricongiungono di nuovo in meno di 3 km, punto in cui i segnali giacobini indicano di uscire dalla LE-142, che prosegue verso sud e non torna ad incrociare il nostro cammino fino a 14 km dopo, a Rabanal del Camino. Dall’incrocio tra la LE-142 con il sentiero che esce da Murias de Rechivaldo fino a Rabanal del Camino, la rotta prosegue su una piccola strada rurale asfaltata o su un sentiero di ghiaia ad essa parallelo. Il tracciato continua ad essere piuttosto semplice, in salita quasi impercettibile, visto che la pendenza relativa non supera mai il 3%.

Seguendo la strada rurale passiamo per Santa Catalina de Somoza (km 9), El Ganso (km 14) e arriviamo a Rabanal del Camino (km 20). All’uscita da Rabanal, il sentiero giacobino abbandona la LE-142 verso sinistra e torna ad incrociare la strada dopo un km. Questo tratto è consigliabile percorrerlo sulla strada perché alla fine del sentiero ci sono alcuni scaloni e il fondo è pietroso.

A partire da questo punto la salita diventa più dura con una media del 5%. Seguendo la strada, arriviamo prima a Foncebadón (km 26). Quando vediamo il cartello di entrata alla cittadina, i segnali giacobini indicano di abbandonare la strada per entrare in paese. Qui, le vie che attraversano Foncebadón e percorrono quindi 1,2 km tra i monti sono ampie e perfettamente ciclabili.

Di nuovo sulla strada, proseguiamo salendo per 600 m per arrivare alla mitica Cruz de Ferro, dove secondo la tradizione giacobina dobbiamo lasciare una pietra che portiamo con noi dall’inizio del pellegrinaggio.

Imagen de la Cruz de FerroCruz de Ferro (Fotografia ceduta da Rubén Ojeda su Wikimedia sotto le seguenti condizioni)

Dalla Cruz de Ferro fino a Manjarín, dove si trova la Encomienda Templaria de Tomás, una delle più note personalità del Cammino Francese, ci sono solo 2,3 km da percorrere sull’argine della strada o su un sentiero di terra alla sua destra.

Dopo aver passato Manjarín, dobbiamo affrontare una delle discese più intense di tutto il Cammino Francese. Sono 17,5 km fino a Molinaseca. Il percorso pedonale segue il tracciato della LE-142, ma devia in alcuni punti piuttosto ampi per perdersi tra le montagne. Anche se ci sono ciclisti che optano per seguire questi sentieri giacobini, noi di Tournride raccomandiamo caldamente ai pellegrini in bici di scegliere la strada per tutta questa parte della tappa. Anche se siete ciclisti esperti con buona capacità tecnica, in diversi punti dovrete condividere il sentiero con i pellegrini a piedi, cosa che può generare incidenti. Alcuni sentieri sono stretti, dal fondo pietroso, pendenza pronunciata e molte volte corrono lungo barranchi. Una bella combinazione!

La LE-142 corre nel mezzo del Acebo de San Miguel e continua scendendo con pendenze medie del 9% fino a passare per il nord di Riego de Ambrós e arrivare a Molinaseca (km 45,7 di tappa). Passare per questa strada si dimostrerà un’esperienza meravigliosa, dato che le viste sono eccezionali.

Anochecer en el Acebo con el cielo anaranjadoTramonto ad Acebo. Fotografia ceduta da Jorge Gañán

Arrivando a Molinaseca attraversiamo il fiume Meruelo sul bel ponte di pietra del paese e quindi seguiamo il corso della strada o del sentiero parallelo fino a Ponferrada. All’entrata di Ponferrada il cammino pedonale prende un marciapiede abbastanza ampio.

Arrivare al centro di Ponferrada è semplice, dato che il cammino ci lascerà sulla grande via del Castello e, semplicemente girando a destra quando arriviamo in vista del ponte che attraversa il Sil passeremo per il maestoso castello della città e finiremo nella piazza del comune.

In generale, questa tappa è complessa ma è di solito quella che i pellegrini in bicicletta ricordano di più. Semplicemente, raccomandiamo prudenza nella discesa tra Manjarín e Molinaseca e indossare i dispositivi catarifrangenti e l’illuminazione opportuna se la situazione metereologica è negativa e c’è poca visibilità, per evitare complicazioni con le auto sulla LE-142.

Calle principal del pueblo de Acebo con la sombra de un peregrinoVia principale del paese di Acebo. Fotografia ceduta da Jorge Gañán

CONSIGLI PRATICI

Se iniziate il vostro percorso da Astorga, vi aiutiamo ad arrivarci:

  1. In autobus: Astorga è il centro di un grande incrocio di strade (A-6, AP-71, N-VI). Alsa comunica con tutto il nord della Spagna e anche con le capitali del Levante e del Sud. Anche Eurolines (http://www.eurolines.es/es/ ) ferma ad Astorga e comunica con altre capitali europee.
  2. In treno: Astorga è collegata direttamente con la Galizia (Ferrol, a Coruña e Vigo), Madrid, Barcelona, País Vasco (Bilbao, Irún) e altre città della Castilla e León con collegamenti regionali. Maggiori informazioni nella pagina di Renfe.  http://www.renfe.com/

Ricordate che Tournride viconsegna le biciclette nel vostro alloggio a León se iniziate da lì  e possiamo occuparci del vostro equipaggio in più perché vi aspetti nel vostro punto di arrivo alla fine del Cammino.

Per ottenere le credenziali ad Astorga il modo più semplice è recarsi all’ostello della Associazione del Cammino di Santiago di Astorga (http://www.caminodesantiagoastorga.com/index.php?modulo=30 ), dove ve le potranno consegnare. Si trova piuttosto vicino al centro, accanto alla Piazza Maggiore.

  • Rispetto all’ itinerario, Tournride vi consiglia di scegliere il percorso stradale nel tratto tra Rabanal fino a Foncebadón e nel tratto che va da Manjarín fino a Molinaseca. Negli altri tratti, potete scegliere il tragitto che preferite.
  • Attenzione al maltempo, vi consigliamo di informarvi sempre riguardo alle previsioni del tempo. Il tratto tra Rabanal del Camino e Manjarín è particolarmente noto per il suo clima duro da montagna, con molta nebbia, vento e forti tormente.
  • Ci sono sufficienti cittadine che offrono tutti i servizi. A meno che non sia estate e faccia molto caldo non c’è bisogno di sovraccaricarsi con rifornimenti supplementari.
  • Oggi più che mai è fondamentale che le sacche siano ben equilibrate, per rendere il più possibile stabile la bicicletta.
  • In meno di 5 km da Astorga si arriva a Castrillo de los Polvazares. Il cammino non ci passa, ma si tratta di una deviazione semplice e breve. Questa cittadina può essere perfetta per fare colazione, dato che ci mettiamo poco per arrivarci, offre tutti i servizi ed è particolarmente piacevole.

ITINERARIO DETTAGLIATO E PATRIMONIO STORICO-ARTISTICO

Quella di oggi è una tappa di transizione. Saluteremo la regione della Maragatería con la sua capitale e praticamente in piano proseguiremo fino a Rabanal del Camino, passando per piccole cittadine di antichi mulattieri in cui si conserva molto bene l’architettura popolare. A partire da qui cambia tutto, il tracciato diventa più duro e il paesaggio diventa verde, ci addentriamo nel Bierzo, i panorami leonesi diventeranno solo un ricordo!

Percorrendo i monti di León passeremo per uno dei punti più riconoscibili del Cammino Francese la Cruz de Ferro. Inizieremo quindi una vertiginosa discesa in cui i panorami spettacolari intorno a noi saranno la nostra migliore compagnia e passeremo per piccole e graziose cittadine come Acebo de San Miguel.

Dopo aver attraversato il magnifico ponte medievale di Molinaseca, saremo già a pochi passi dal nostro finale di tappa Ponferrada, dove vi consigliamo una tranquilla passeggiata per sfruttare al massimo il vostro soggiorno nella capitale berciana.

Buon cammino!

Vistas desde el alto de las montañas de León antes de la bajada a MolinasecaVista sulle montagne di León prima di scendere a Molinaseca. Fotografia ceduta da Jorge Gañán

USCIAMO DA ASTORGA E CON UN TRACCIATO (PER ORA) TRANQUILLO CI DIRIGIAMO A RABANAL DEL CAMINO

L’uscita da Astorga è molto più semplice rispetto a quella di altre città precedenti, come Pamplona, Burgos o León. Dalla cattedrale di Astorga, dobbiamo prendere calle Portería, che si trova di fronte. Girando a destra alla prima, proseguiamo per calle San Pedro fino a che gira a sinistra e ci porta ad attraversare su un passo pedonale la N-VI. Di fronte, si trova ora la LE-142, su cui usciamo da Astorga.

Prima di attraversare la A-6 con un cavalcavia, si passa accanto alla deviazione per Valdeviejas. Poco dopo, arriviamo in vista dell’eremo di Ecce Homo. Sulla porta di questo monumento si trova un cartello in cui si legge “La Fede, fonte di salute” in diverse lingue. Questo si riferisce ad un’antica leggenda ambientata nell’eremo.

All’interno dell’eremo si trovava anticamente un pozzo in cui i pellegrini si dissetavano. Si racconta che il figlio di una pellegrina fosse caduto nel pozzo e che la donna avesse chiesto aiuto all’Ecce Homo e che l’acqua del pozzo aumentasse perché il bambino potesse uscirne. Per questo miracolo venne cambiata l’attribuzione del tempio, che prima era dedicato a San Rocco.

Ecce Homo è Gesù sofferente che prima di essere crocifisso fu sottoposto a molte torture. Quando Ponzio Pilato lo mostró alla folla dopo averlo torturato, alcuni testi sostengono che gridò “¡Ecce Homo!” (“Ecco l’uomo!”). Quando si vuole sottolineare l’umanità di Dio, lo si rappresenta così, in sofferenza.

Ermita del Ecce Homo en ValdiviejasEremo Ecce Homo (Fotografia ceduta da Rubén Ojeda su Wikimedia sotto le seguenti condizioni)

Dopo aver attraversato la A-6 su un cavalcavia, proseguiamo sull’argine della strada o sullo stretto sentiero parallelo e arriviamo a Murias de Rechivaldo (km 3,5).

Dopo aver visitato la capitale di Maragatería, Astorga, passeremo ora per diverse cittadine della regione, durante il nostro cammino verso Foncebadón. Questi paesi, come Castrillo de los Polvazares (che potremo visitare se proseguiamo per meno di 2 km sulla LE-142 verso nord) sono insediamenti di antichi mulattieri. Qui vivevano i commercianti che trasportavano le mercanzie dai porti della penisola fino all’entroterra. Molti si sono conservati molto bene, soprattutto Castrillo, che è stato dichiarato Insieme Storico-Artistico ed è la cittadina maragata più graziosa. Mantiene in eccellente stato il pavimento in pietra del S. XVII, che fu posto all’epoca per facilitare il passaggio dei carri dei mulattieri.

Le case di Murias e Castrillo seguono le direttrici delle case maragate tradizionali. Sono in pietra, con gli stipiti di porte e finestre dipinti e grandi porte a doppia anta, necessari per permettere ai mulattieri di far entrare i carri.

Casa en Castrillo de Polvazares Castrillo de los Polvazares Castrillo de los Polvazares (Fotografia ceduta da Juantiagues su Flickr sotto le seguenti condizioni)

Tournride vi consiglia di entrare a Castrillo de los Polvazares, una cittadina incantevole, che in bicicletta risulta molto vicina. A Murias de Rechivaldo, è notevole la chiesa di San Esteban, che ha un campanile con una specie di portico con le scale, dove le cicogne spesso nidificano.

Se passiamo per Castrillo de lo Polvazares dobbiamo ritornare sulla LE-142 e in solo 1,3 km deviamo a destra per proseguire sulla LE-6304. Qui partono tre vie parallele su cui si può transitare la strada LE-6304 (a doppio senso), una pista di ghaia (pista pedonale per pellegrini) e una pista agricola di terra rossiccia. Prendendo la via che ci sembra migliore e con un tracciato quasi piano arriviamo a Santa Catalina de Somoza in solo 2 km.

Santa Catalina de Somoza è un’altra cittadina di antichi mulattieri con un’architettura popolare simile. Ha anche una grande tradizione giacobina, che si manifesta nella sua configurazione urbana, con il Cammino come via principale e spina dorsale dell’insediamento.

A Santa Catalina de Somoza nacque uno dei grandi personaggi e conoscitori del Cammino Francese, chiamato Bienvenido Merino. Per oltre 30 anni ha creato souvenir artigianali per i pellegrini, che incide nel legno mentre si ferma a parlare con chiunque lo desideri, raccontando aneddoti giacobini. Conobbe alcuni dei pellegrini più famosi, come Paulo Coelho, che invitò a casa sua a bere qualcosa. Quando lo scrittore brasiliano pubblicò, dopo alcuni mesi, il suo romanzo “Il pellegrino di Compostela”, Bienvenido ricevette una copia per posta. Inoltre, in alcune edizioni del libro la fotografia della copertina è la porta azzurra della casa di Bienvenido, con le conchiglie che vende appese fuori.

Puerta de Bienvenido Merino en Santa Catalina de Somoza

Porta della casa di Bienvenido a Catalina de Somoza

Seguendo il percorso della LE-6304 in 4 km arriviamo a El Ganso, piccola cittadina maragata. Dopo averla attraversata, in 4 km si passa per un incrocio verso Rabanal Viejo. A pochi metri da questo punto si trovava uno degli alberi più noti del Cammino Francese, la “Quercia del Pellegrino”, che è stato lì per decine di anni fino a che una tormenta nel 2013 lo sradicò. Non è un’esagerazione quando, nei consigli di tappa, vi diciamo che le condizioni climatiche a volte sono difficili!

Poco dopo, sulla sinistra della strada, si trova l’eremo della Vera Cruz, del S. XVIII, che attualmente si trova accanto al cimitero. Dopo esserci passati accanto, arriviamo a Rabanal del Camino (km 20).

Come indica il suo nome, Rabanal del Camino per secoli è stata punto di passaggio dei pellegrini e ad oggi, con l’ascesa del Cammino Francese, è stata rinnovata ed è diventata molto accogliente. L’architettura popolare segue le direttrici maragate e alcuni dei punti di accoglienza e pernottamento occupano queste antiche dimore, con grandi cortili centrali.

A Rabanal del Camino, i Templari ricoprirono una presenza storica di grande importanza e approfittarono di questo insediamento come base, prima del loro quartier genarale a Ponferrada. Intendevano così proteggere meglio i Pellegrini, dato che la parte alta dei monti di León erano piene di banditi e animali selvatici. La chiesa parrocchiale della località è testimonianza della presenza dei Templari. Dedicata a Nostra Signora dell’Assunzione, è stata voluta da questo ordine di cavalieri nel S. XII ed è uno dei rari esempi di tempio romanico che si trovano a León.

Grazie alla sua posizione e ai servizi, divenne un importante centro giacobino durante il Medio Evo. Aymeric Pycaud lo usó come punto di sosta nella sua IX tappa, come racconta nel Codex Calixtinus; e si dice che Filippo II dormì in una delle case della “calle Real” (si chiama così per questo) quando peregrinó a Compostela.

Per poter visitare la parte antica di Rabanal del Camino bisogna deviare dalla LE-142, dato che la strada percorre il paese verso sud, ma ad una quota più bassa. Il cammino in entrata ci lascia direttamente alla calle Real.

Iglesia de Nuestra Señora de la Asunción en Rabañal del Camino

 Chiesa di Nostra Signora dell’Assunzione a Rabañal del Camino (Fotografia ceduta da Rubén Ojeda su Wikimedia sotto le seguenti condizioni)

RGGIUNGIAMO LA CRUZ DE FERRO IN CIMA AL MONTE IRAGO E INIZIAMO LA DISCESA VERSO MANJARÍN

All’uscita da Rabanal del Camino il paesaggio e il tracciato cambiano, diventando rispettivamente più verde e più ripido. Comunque, la salita non è particolarmente dura, a meno che non ci confrontiamo con venti forti e pioggia.

Il cammino pedonale scorre inizialmente sulla destra e poi a sinistra della strada, a quote diverse. La cosa migliore è affrontare questo tratto sull’argine destro della LE-142, dato che il cammino può risultare un po’ stretto e il fondo non è ottimale.

Per entrare a Foncebadón è necessario deviare a sinistra sul sentiero di ghiaia che appare dopo il cartello d’ingresso alla cittadina, se non la costeggiamo sul lato nord. Il sentiero in uscita, che si riunisce alla strada, non è consigliabile nonostante sia ciclabile.

Vista del pueblo de Foncebadón nevado en invierno Vista di Foncebadón in inverno (Fotografia ceduta da Jorge Gañán su Wikimedia sotto le seguenti condizioni)

Anche oggi, quando si visita Foncebadón si percepisce come sia un nucleo che, come la fenice, sta cercando di risorgere dalle proprie ceneri. La cittadina sorse nel S. XI quando un eremita, chiamato Gaucelmo, si installò lì e costruì un ospedale per pellegrini e una chiesa. Questa zona era pericolosa, per le dure condizioni climatiche e la poca sicurezza dei percorsi. L’aiuto di questo monaco ai viandanti gli valse la cessione di queste terre da parte di Alfonso VI. Con il passaggio dei secoli il nucleo crebbe grazie al commercio dei mulattieri e al flusso dei pellegrini, ma con l’industrializzazione e con il diminuire del passaggio, divenne difficile resistere in un posto tanto duro come Foncebadón. Per questo negli anni 60 tutti se ne andarono e rimase disabitato.

I pellegrini che intrapresero il pellegrinaggio durante gli anni 70 e 80 raccontano che passare per questo luogo non era piacevole, visto che c’erano cani che si rifugiavano nelle case ancora in piedi e attaccavano i pellegrini per rubare il loro cibo. In quelle circostanze si capisce molto bene perché i pellegrini non si separavano mai dai loro bastoni! Oggi, con la ripresa del Cammino Francese, ci sono case che sono state riabilitate e Foncebadón recupera la sua vita offrendo servizi ai pellegrini, diventando un posto sempre più gradevole.

All’uscita di Foncebadón, saliamo per la LE-142 per 2 km con una media del 4% di inclinazione fino ad arrivare alla Cruz de Ferro, uno dei punti più riconoscibili del Cammino Francese, sulla cima del Monte Irago. Da lì si gode una vista mozzafiato.

Si dice che la Cruz de Ferro fu collocata nel S. XI da Gaucelmo, l’eremita di Foncebadón, che la pose sopra un grande tronco di legno perché si vedesse da lontano e guidasse i pellegrini nell’ultimo tratto di salita ai Monti di León. Oggi questa croce si trova nel Museo de los Caminos ad Astorga, la cui sede è il Palacio Gaudí di cui abbiamo parlato nella tappa precedente. Quella che vediamo qui è una copia, che si erge su un grande albero di 5 m circondato da migliaia di pietre che i pellegrini provenienti da tutto il mondo si portano dall’inizio del loro viaggio per lasciarle qui.

Cruz sobre un palo en el pueblo de Foncebadon con un peregrino a su ladoFoncebadón, Fotografia ceduta da Paul Quayle

In realtà, la Cruz de Ferro è un crociero,/b> cruceiro in gallego, un monumento che da quando si entra in Galizia si vede su ogni percorso. La tradizione di erigere cruceiros ha radici celtiche, dato che si pensava che le anime dei defunti vagassero per i sentieri e, per questo, i loro familiari lasciavano lì offerte per loro. Molte volte queste offerte erano pietre e i punti in cui venivano accumulate si chiamavano milladoiros. Con la conquista romana, queste tradizioni sopravvissero e, di fatto, nella zona di Galizia e Asturia si trovano molte pietre miliari con incise iscrizioni sui Lari del Cammino (divinità come Mercurio). Anche quando il cristianesimo divenne ufficiale questi riti agli incroci dei sentieri sopravvissero e, per togliere le connotazioni pagane, vennero erette croci latine.

La Cruz de Ferro si può considerare, quindi, un cruceiro con un enorme milladoiro intorno, che con tutte queste pietre accumulate è evidente testimonianza della grande affluenza sui sentieri giacobini. La forza che l’immagine di tante pietre e tante speranze deposte lì nel corso dei secoli rende questo sito un posto molto speciale.

Dopo aver raggiunto Cruz de Ferro proseguiamo, meglio sulla strada, in leggera discesa fino a Manjarín. Anticamente qui si trovava una cittadina che ospitava un ospedale per pellegrini, ma ad oggi rimangono solo le fondamenta delle case, che vedremo su entrambi i lati dalla strada.

Ancora in piedi si trova solo uno degli ostelli più inconfondibili del cammino, la Encomienda Templaria di Manjarín, diretta da Tomás Rodríguez. Portando avanti la tradizione templare, da anni fornisce latte, biscotti e acqua ad offerta libera. Fino a qualche anno fa non aveva corrente o acqua, anche se da poco sono stati installati due pannelli solari.

Peregrino haciendo el Camino de Santiago por Manjarín Manjarín (Fotografia ceduta da José Antonio Gil Martínez su Wikimedia sotto le seguenti condizioni)

CI ADDENTRIAMO NEL BIERZO, PARADISO NATURALE ATTRAVERSO CUI SCENDIAMO FINO A MOLINASECA

Dopo aver superato Manjarín iniziamo una delle discese più ripide del cammino, che dobbiamo affrontare su strada. Ci troviamo ufficialmente nel Bierzo e le viste mozzafiato ci accompagnano per tutto il tragitto. Chi direbbe che solo 30 km prima abbiamo attraversato steppe e brughiere leonesi!

Durante i primi 2,5 km il terreno è abbastanza piano, ma poi inizia una discesa che, anche se su strada è meno impegnativa che sui sentieri, raggiunge pendenze relative 13-14%. Particolarmente erto è l’arrivo a Acebo de San Miguel, una piccola cittadina con uno speciale incanto e che è la prima che visiteremo nel Bierzo.

Acebo si trova sulle pendici della montagna, con la strada come spina dorsale e via principale. Casette di pietra con aguzzi tetti neri di ardesia e balconi che offrono vedute spettacolari ci accolgono offrendo diversi servizi ostelli, bar e ristoranti.

All’uscita di Acebo si trova un monumento di ferro che rappresenta una bicicletta con un bastone da pellegrino. E’ in ricordo di Heinrich Krause, un pellegrino tedesco che nel 1988 precipitò qui con la sua bici mentre si dirigeva verso Santiago sui sentieri giacobini tradizionali.

I viandanti ci salutano dall’argine sinistro della strada fino a quando deviano su un sentiero che corre lungo la LE-142, prima sulla destra, poi sulla sinistra. Noi superiamo i segnali e proseguiamo sull’asfalto fino ad arrivare a Riego de Ambrós. La strada costeggia la cittadina berciana a nord, ad una quota più elevata.

A Riego de Ambrós si può visitare l’eremo di San Sebastián, con la sua fonte vicina e la parrocchia di Santa María Magdalena che accoglie una bella pala d’altare del S. XVIII. I pellegrini a piedi abbandonano la località su un cammino di pietra e lastre di ardesia. Questa parte del cammino è impraticabile per i ciclisticosì che se entriamo a Riego de Ambrós la cosa migliore è tornare sulla LE-142 per proseguire sul nostro percorso.

Casa antigua en el pueblo de Riego de AmbrósRiego de Ambrós (Fotografia ceduta da José Antonio Gil Martínez su Wikimedia sotto le seguenti condizioni)

Dopo 5 km di discesa arriviamo a Molinaseca, il cui monumento più riconoscibile è il ponte di pietra sopra il fiume Meruelo. Non sono pochi i viandanti che, dopo la forte discesa dei monti del Bierzo, trovano nella rinfrescante acqua di questo fiume il miglior rimedio per i loro piedi stanchi.

Appena passato il cartello d’entrata a Molinaseca, si innalza accanto alla strada l’eremo di Nostra Signora delle Angustie. Si dice che l’eremo fosse lì già nel S. XI, anche se quello che vediamo oggi fu costruito tra il S. XVI e il XX. Si appoggia alla montagna che, di fatto, è parte della struttura. Il suo alto campanile al centro della facciata occidentale dovette essere costruito nel 1931 per fare da contrappeso, dato che la spinta della montagna minacciava di far crollare il tempio.

Seguendo la strada si arriva al ponte di pietra, chiamato comunemente “Ponte dei Pellegrini”. Si pensa che la sua origine risalga al tempo dei romani, ma non è dimostrato. Ci sono molte fonti medievali che lo citano dal S. XII. Oggi ha sette archi di diverse epoche e dimensioni, perché risalenti a diversi ampliamenti.

All’attraversare il ponte ci troviamo immersi nel flusso di calle Real di Molinaseca dove troveremo tutti i servizi di cui abbiamo bisogno. La via termina nuovamente sulla LE-142. Manca poco per arrivare a Ponferrada, ma per chi preferisce fermarsi in cittadine piccole e godersi la tranquillità della campagna, Molinaseca può essere una buona opzione.

El Puente de Molinaseca sobre el río con una iglesia al fondoPuente de Molinaseca (Fotografia ceduta da José Antonio Gil Martínez su Wikimedia sotto le seguenti condizioni)

ULTIMI CHILOMETRI FINO A PONFERRADA

Uscendo da Molinaseca proseguiamo sulla LE-142, ora su un tracciato molto più semplice, quasi pianeggiante. In 5 km attraversiamo il ponte sul fiume Boeza e, successivamente, i segnali giacobini indicano di prendere una deviazione verso sinistra per prendere un cammino e sboccare sulla Avda. del Castillo, nel nucleo urbano di Ponferrada. Alla stessa via si arriva seguendo la strada senza prendere la deviazione, così che è una questione di preferenza (il cammino è totalmente ciclabile).

Seguendo la Avda. del Castillo arriviamo al ponte sul Sil e, alla nostra destra, appare davanti a noi il monumentale castello templare di Ponferrada.

Se attraversiamo il ponte ci addentreremo nella zona più moderna della città e, se restiamo su questo lato, potremo vedere il castello e la piazza comunale.

Benvenuti a Ponferrada!

El castillo de PonferradaCastillo de Ponferrada (Fotografia ceduta da Alejandro Bolado su Wikimedia sotto le seguenti condizioni)

UN POMERIGGIO A PASSEGGIO PER PONFERRADA, MONUMENTALE ENCLAVE TRA IL SIL E IL BOEZA

Ponferrada è una città divisa in due dal maestoso fiume Sil. Sulla riva orientale si trova la zona monumentale, dove si trova la maggior parte del patrimonio architettonico e culturale medievale della città, così come i diversi musei. Sulla riva occidentale si trova la parte più moderna della città, modulata e organizzata urbanisticamente come una grande zona di espansione dove si concentra la zona industriale, residenziale e di uffici.

La dimensione e la monumentalità dei luoghi da visitare convertono la capitale berciana nel finale di tappa perfetto. Vi proponiamo un percorso di 12 minuti durante il quale, in meno di 1 km, troverete tutti i percorsi per conoscere meglio questo posto meraviglioso e comprendere come è arrivato ad essere ciò che è oggi. Potete vedere qui la mappa del percorso.

Speriamo che vi piaccia la capitale del Bierzo, una regione naturale intorno al fiume Sil, che è riuscita a che tutto ciò che forma parte della sua Denominazione di Origine sia sinonimo di qualità.

Avete voglia di conoscere più a fondo Ponferrada

Vista panorámica de PonferradaVista panoramica di Ponferrada (Fotografia ceduta da José Luis Filpo Cabana su Wikimedia sotto le seguenti condizioni)

Tutto iniziò con il “pons-ferrata”, un ponte di ferro per i pellegrini giacobini.

Nonostante ci siano indizi che sulle rive del Sil ci fosse un qualche tipo di insediamento nell’Età del Ferro e al tempo dei romani, non c’è alcun documento o fonte ufficiale che lo confermi.

In cambio, ci sono documenti che riflettono chiaramente come nel 1082 il vescovo di Astorga avesse dato ordine di costruire un ponte sopra il Sil per facilitare il passaggio dei pellegrini. Sul ponte furono poste delle catene di ferro che impedivano il passaggio a chi non pagava il pedaggio corrispondente, e per questo fu chiamato “pons-ferrata”. Ci sono altri studiosi che ritengono che il nome, in realtà, venga dal rinforzo di ferro che fu dato alla struttura. Sulla riva orientale, dall’altra parte del ponte. Sorse durante il secolo successivo un insediamento urbano, intorno ad una chiesa dedicata a San Pedro.


L’altra parte del fiume rimase disabitata fino a che Fernando II, nella seconda metà del S. XII, costruì una piccola fortezza sul promontorio, giusto sulla riva del Sil. Intorno ad essa iniziò a crescere un altro insediamento e, nell’anno 1178, il re cedette il potere sopra questa parte di territorio all’Ordine dei Templari.

Come abbiamo già detto, attraversare i monti di León era una parte pericolosa del cammino a causa del clima rigido, la variabilità del terreno e la grande quantità di aggressori che si nascondevano dentro la fitta vegetazione. I templari, incaricati di proteggere i pellegrini, ampliarono la fortezza per ottenere una vigilanza maggiore sulla zona. Nel 1211 il successore di Fernando II, Alfonso IX, decise di donare la città al maestro dell’Ordine dei Templari a Ponferrada, che acquisirono quindi il potere completo.

Come tutto ciò che circonda i Templari, il loro mandato su pons-ferrata è pieno di leggende miracolose e gesta impossibili. Gli si attribuisce, per esempio, la scoperta della scultura della Vergine del Bierzo (la “morenica”) nel tronco di un leccio.

Durante i due secoli successivi la città fu fortificata e i templari accumularono un grande potere sull’area. Come già sappiamo dalle tappe precedenti, la supremazia templare terminó per diventare la loro stessa rovina. Visti dalla monarchia e persino dalla stessa chiesa di Roma come una minaccia per la propria autorità, una serie di maneggi tra re e papi finirono per soffocare l’Ordine dei Templari nell’anno 1312, a colpi di omicidi ed espropriazioni.

Scomparsi i cavalieri templari, chi ottenne i maggiori benefici a Ponferrada furono le grandi famiglie aristocratiche delle zone limitrofe Castiglia e Galizia. Nella zona leonese, gli Osorio che, come abbiamo visto nella tappa precedente, ostentavano il controllo di Astorga, presero intermittentemente la fortezza ponferradina. In Galizia, anche la famiglia dei conti di Lemos, insediati a Monforte, controllarono il castello durante alcuni periodi dei S. XV e S. XVI.

Le lotte di potere tra il Conte di Lemos e suo figlio all’inizio del S. XVI finirono con una grande battaglia nel castello. I Re Cattolici aprofittarono della situazione di instabilità per decretare che la fortezza passava sotto il loro potere. Posero un reggente a Ponferrada perché tenesse il controllo in loro nome e in questo modo si mantenne l’organizzazione ponferradina fino al S. XIX, secolo in cui la città crebbe molto dentro e fuori dalle mura.

Nel S. XX, la città cambiò molto con l’arrivo dell’industrializzazione. Iniziarono a sfruttare le vicine mine di carbone e ferro, con macchinari pesanti, e nel 1949 in città fu aperta una centrale termica.

Oggi a Ponferrada vivono circa 64 000 persone, che quotidianamente ricevono -come avviene da mille anni- i pellegrini che attraversano il Sil per proseguire con il loro cammino fino a Compostela.

Ora che conoscete la storia di Ponferrada… Avete voglia di conoscere i suoi monumenti più importanti

Barrio antiguo en la ciudad de PonferradaQuartiere Antico di Ponferrada (Fotografia ceduta da Gabriel Fernández su Flickr sotto le seguenti condizioni)

Cominciamo dal centro nevralgico il castello templare

A forza di ampliamenti storici, il recinto del castello che oggi possiamo visitare a Ponferrada occupa quanto otto campi da calcio!Abbiamo tanto da visitare! A prescindere dalle dimensioni, ciò che soprattutto impressiona di questo monumento, è il suo eccezionale stato di conservazione.

Non vi spieghiamo come arrivarci, perché è impossibile trovarsi a Ponferrada e non vederlo. Vanta oltre 8000 m2, con doppi e tripli muri difensivi torri merlate di diverse forme, barbacani (fori per sparare con i cannoni) e mura ciclopiche; e in più un immenso cortile interno.

Il castello in realtà è l’unione di due grandi progetti. Il primo castello ha origine sulla costruzione che i templari eressero nel S. XIII sopra la fortezza che Fernando II aveva precedentemente costruito. Quando l’Ordine dei Templari cadde, il signore di Osorio costruì il famoso “Castillo Viejo” in una parte di quello che c’era e, in seguito, il Conte di Lemos lo amplió enormemente costruendo un palazzo-fortezza (“Castillo Nuevo”). La parte nord, pertanto, è ciò che rimane della costruzione originale del S. XII.

Tutto il perimetro del castello era circondato da un fosso, tranne la parte che si innalza direttamente sulla riva del fiume. Passando attraverso la porta principale in muratura e fiancheggiata da due grandi torrioni, si entra nel cortile e da lì possiamo vedere l’enorme torre onorifica, struttura centrale del castello.

Castillo templario de Ponferrada con la bandera de España

A partire dalla seconda metà del S. XIX il monumento iniziò a deteriorarsi notevolmente, e si giunse persino a costruire recinti con le sue pietre e ad utilizzare il cortile come pascolo. Nel 1924 gli viene attribuito il titolo di Monumento Nazionale Storico Artistico e, pertanto, divenne oggetto di una protezione particolare. Comincia un processo di riabilitazione che al giorno d’oggi porta il cortile ad essere un museo. L’entrata costa 6€ ed è chiuso il lunedì. Gli altri giorni è aperto dalle 10.00 alle 18.00 con una pausa pranzo dalle 14.00 alle 16.00. Più informazioni sulla pagina del comune.

Lasciamo i musei e andiamo a conoscere la patrona del Bierzo

Di fronte all’entrata del castello di Ponferrada si trova il tempio di San Andrés. E’ relativamente nuovo (S. XVII) e al suo interno è custodita una statua di Cristo che precedentemente si trovava in una cappella del castello e per questo si chiama Cristo della Fortezza. Il tempio è di una sola navata e ospita una pala d’altare barocca con 6 statue nelle sue nicchie, oltre a quella di Cristo.

Proseguendo per la via pedonale Gil e Damasco, che costeggia il castello, vedremo alla nostra sinistra l’ufficio del turismo di Ponferrada e alla destra il Museo della Radio. Che ci sia qui un museo tematico tanto specifico si deve al fatto che questa è la città natale di Luis del Olmo, uno degli speaker più noti del paese e che presentò il programma più longevo della storia radiofonica spagnola: “Protagonistas” con più di 12000 puntate. In questo antico edificio del S. XVII, noto come la “Casa degli Scudi”, è esposta la collezione di apparati riceventi in uno spazio che espone le mode e gli usi che questo mezzo di comunicazione ha seguito durante la storia. Per maggiori informazioni sugli orari e i prezzi consultare la página web del museo.

Entrada principal del edificio del museo de la radio situado en PonferradaFacciata principale del museo della radio  (Fotografia ceduta da Alejandro Bolado su Wikimedia sotto le seguenti condizioni)

Proseguiamo il nostro giro prendendo calle Gil e Carrasco, che parte di fronte alla facciata del museo. Entriamo subito nella piazza della Virgen de la Encina (Vergine del Leccio), dove si trova l’omonima chiesa.

La Virgen de la Encina è la patrona della regione del Bierzo dall’anno 1908. Ci sono diverse leggende sul ritrovamento di questa immagine sacra, la maggior parte delle quali in relazione ai templari. Una di queste racconta che la Vergine fu portata da San Toribio nel S. V da Gerusalemme, quando intraprese il pellegrinaggio fino a lì (abbiamo raccontato la storia di questo santo nella tappa precedente). Quando divenne vescovo di Astorga custodì l’immagine in questa città e nel S. IX, prima dell’attacco dei musulmani, il vescovo dell’epoca la portò fuori da Astorga e la nascose nel bosco, dentro un leccio. Sei secoli dopo i templari decisero di ampliare il castello, e per questo ebbero bisogno di legnami per le costruzioni. Un giorno, l’8 di settembre, il giorno della Vergine, uscirono a prendere il legname e, tagliando un tronco di leccio, comparve la statua intatta, senza nemmeno un graffio.

L’immagine della Vergine è esposta nell’abside della sua basilica, in una cappelletta davanti alla pala maggiore. L’incisione che vediamo è del S. XVI, lo stesso secolo in cui venne edificato il tempio. Prima lì c’era una chiesa dedicata, della fine del S. XII, ma dato che era molto piccola, decisero di abbatterla per costruire questa. La costruzione dell’attuale tempio fu complicata, i lavori si dovettero fermare diverse volte per epidemie di peste, problemi amministrativi, ecc… Ci vollero quasi due secoli per terminarla, quindi anche se l’insieme è molto armonioso, vi si notano diverse influenze, dal tardogotico, al primo rinascimento, al classicismo e in alcuni punto al barocco gallego.

Basílica de Nuestra Señora de la Encina en PonferradaBasilica della Virgen de la Encina (Fotografia ceduta da Zarateman su Wikimedia sotto le seguenti condizioni)

Proseguiamo su calle Reloj e ci fermiamo al Museo del Bierzo ed alla Torre dell’orologio

Uscendo dalla Piazza della Virgen de la Encina verso nord, ci troviamo su calle Reloj (Via dell’Orologio). Quasi alla fine, prima di arrivare alla Piazza del Comune, vediamo alla nostra destra il Museo del Bierzo.

Anche se questo progetto fu deciso nel 1966, la costruzione non venne iniziata fino al 1984 e venne terminato 12 anni più tardi. Per molti anni a partire dal S.XVI, l’edificio che il museo occupa fu residenza del reggente della città, massimo potere di Ponferrada in nome del re. Il principale obiettivo del museo è di esporre la storia della città di Ponferrada e, in prospettiva più ampia, di tutta la regione del Bierzo. Ci sono pezzi dal Paleolitico fino al S. XX. Al pomeriggio apre solo dalle 16.00 alle 18.00, così, se vi interessa visitarlo ma non ne avete il tempo al pomeriggio, ci potrete andare alla mattina seguente a partire dalle 10.00.

Dopo essere passati davanti al museo attraverseremo un arco su cui si innalza la Torre dell’Orologio. In realtà l’arco è l’unica porta che resta delle mura medievali che costeggiano tutto il perimetro di Ponferrada. Sopra le mura, nel S.XVI vennero costruiti due corpi della torre, uno con lo scudo di Filippo II e quello superiore, con l’orologio. La terza sezione che oggi vediamo, con una campana, fu costruita nel secolo seguente.

Torre del Reloj en PonferradaTorre del Reloj (Fotografia ceduta da Lancastermerrin su Wikimedia sotto le seguenti condizioni)

Nel Museo del Bierzo si conserva il meccanismo originale installato nel S. XVI. Purtroppo non è possibile salire sulla torre dell’Orologio, da cui sicuramente si gode di una visuale eccezionale.

Dopo aver attraversato l’antica porta delle mura medievali, ci troveremo nella Piazza del Comune. Sia in questa stessa piazza che nelle strade circostanti troveremo molti ristoranti dove possiamo provare il meglio della gastronomia berciana: peperoni arrostiti, vino, castagne, ciliegie, ecc. Come piatto elaborato non possiamo perderci il botillo, maiale marinato, farcito e affumicato. Viene cucinato e accompagnato da patate, legumi o verdure. Una vera e propria delizia che ci darà molte energie!

Se ancora non avete fame e preferite andare avanti a camminare ancora un po’, Tournride vi propone di arrivare al ponte della Puebla e passeggiare sulla riva del fiume Sil. Per arrivarci bisogna uscire dalla Piazza del Comune su Calle Sta. Beatriz de Silva e scendere poi per Calle la Calzada. Si arriva direttamente al ponte, dove si ritiene che anticamente si trovasse il pons-ferrata che diede nome alla città. Dopo averlo attraversato ci troviamo in piazza di San Pedro, dove anticamente si trovava la chiesa intorno alla quale si sviluppò il primo insediamento medievale della zona.

Vi consigliamo di fare una passeggiata sulla riva orientale del Sil fino ad attraversare di nuovo il ponte del Castello e ritornare al punto di partenza del nostro giro.

Domani faremo un passo da gigante nel nostro pellegrinaggio… Entriamo finalmente in Galizia! Sempre più vicini alla meta, Tournride vi augura di godervi al massimo l’esperienza. Per questo saremo accanto a voi domani, proseguendo con voi il Cammino Francese in bicicletta.

Buon Cammino, pellegrini!

TAPPA 9: DA LEÓN A ASTORGA – CAMMINO FRANCESE IN BICICLETTA

Distanza da Santiago: 305 km

Distanza di tappa: 49 km


Tempo stimato:
4-5 ore

Quota minima: 800 m

Quota massima: 950 m

Difficoltà del percorso: Bassa

Luoghi di interesse: Santuario della Vergine del Cammino, Ospedale di Órbigo, Astorga

Mappa dell’itinerario: Per vedere il percorso su Google Maps fare click qui. 

Mapa de la etapa 9 del camino de santiago en bici desde León a Astorga


Fare click sull’immagine per ingrandire

L’uscita da León può risultare un po’ caotica ed è abbastanza lunga, dato che Trobajo del Camino e Vergine del Camino sembrano un’estensione urbana infinita. Dopo aver percorso questa zona residenziale e industriale, ci si presentano due opzioni per arrivare a Ospedale di Órbigo, il punto intermedio della tappa. Il cammino tradizionale segue il percorso della N-120. Quello alternativo è un po’ più lungo, ma si allontana dal traffico, tra campi e strade secondarie.

Dopo aver attraversato l’impressionante ponte di Ospedale di Órbigo, il cammino si biforca di nuovo, e dovremo nuovamente scegliere tra la strada o i campi per arrivare al passo della Croce di Toribio, da cui godremo di una meravigliosa vista panoramica di Astorga. L’entrata ad Astorga è molto più semplice di quella di León, l’unica difficoltà è la differenza di quota da superare.

In generale il carattere industriale degli agglomerati urbani per cui passa l’itinerario tradizionale può rendere questa tappa un po’ pesante. Se preferiamo attraversare i campi, la distanza da percorrere si allunga.

L’unico aspetto che può complicare abbastanza questa tappa saranno le condizioni climatiche. Se ha piovuto vi consigliamo di prendere la N-120, dato che le strade di campagna si riempiono molto di fango. Se c’è vento, le quote elevate del cammino per Villares di Órbigo possono riusultare impegnative.

Buon cammino!

Vista del cielo en un día precioso desde Astorga

Dintorni di Astorga, fotografia ceduta da Fernando Álvarez

PROFILO E TRACCIATO GENERALE DELLA TAPPA

Vista la confusione in uscita da León, cerchiamo di semplificare al massimo le indicazioni. Dobbiamo lasciare la città attraverso il ponte di San Marcos, accanto all’Albergo Storico. Per arrivare alla cattedrale, è più semplice scendere per calle Ancha e girare a Casa Botines, proseguendo dritto fino a costeggiare San Isidoro. Girando obliquamente a sinistra arriveremo subito a calle Renueva e alla Avenida Suero de Quiñones, che ci lascerà direttamente al ponte.

Dopo aver attraversato il ponte di San Marcos dobbiamo proseguire dritto per Avenida Quevedo, attraversando una rotonda. Dopo aver percorso poco più di un km, vedremo come il viale curva verso destra, mentre di fronte a noi compare una passerella di metallo. Entrambi i percorsi attraversano le rotaie del treno e per i ciclisti è meglio seguire il viale.

A Trobajo del Camino, proseguiamo per il viale fino alla svolta verso sinistra. Dopo questa curva bisogna prestare attenzione perché si deve prendere la prima a destra. Si tratta di una rampa abbastanza erta, che ci porterà a proseguire fino a Virgen del Camino. La pendenza verticale si addolcirà gradatamente.

Tenendoci paralleli alla N-120, arriveremo a Virgen del Cammino (Km 7,5 del percorso). Dopo aver passato questa cittadina, prendiamo per calle Paz, una diramazione verso sinistra della N-120. In 500 metri vediamo come il suolo si riempie di frecce contraddittorie. Questo è il momento di scegliere che cammino vogliamo prendere per Ospedale di Órbigo:

1. Cammino tradizionale: Segue il percorso della N-120, quindi potremo prendere sentieri pedonali o strada asfaltata. Sono 24 km e si passa per San Martín del Cammino. Il profilo, in generale, è in leggera pendenza negativa.

Proseguendo dritto alla deviazione, dobbiamo attraversare la A-66 attraverso un tunnel e quindi proseguire parallelamente alla N-120 per arrivare a Valverde de la Vergine (Km 12), San Miguel del Camino (Km 13,5), Villadangos del Páramo (Km 21) e San Martín del Camino (Km 25,5).

2. Cammino alternativo: Non ha una vera e propria giustificazione storica, ma permette di evitare il traffico della strada. Sono 28 km su pista e, dopo un paio di salti iniziali, il profilo si mantiene in leggera pendenza negativa.

Girando a destra prendiamo la LE-5522 per arrivare a Fresno del Camino in cinque minuti e a Oncina de la Valdoncina in 10. Poi su piste di terra andremo verso Chozas de Abajo e, nuovamente su una strada secondaria, arriveremo a Villar de Mazarife (Km 12). Sulla LE-6524 arriviamo a La Milla del Páramo e su piste di buona terra battuta a Villavante, da cui solo ci separano 4 Km per riunirci al cammino tradizionale e entrare a Ospedale di Órbigo.

Puente de piedra que lleva desde Paso Honroso a Hospital Órbigo

Ponte di Paso Honroso e di Ospedale Órbigo. Fotografia ceduta da Javier Diez Barrera

Ad Ospedale di Órbigo (Km 33) attraversiamo un magnifico ponte medievale e dobbiamo nuovamente decidere il cammino da percorrere. Abbiamo due opzioni:

1. Cammino tradizionale: Prosegue parallelo alla N-120 fino quasi ad arrivare a San Justo de la Vega, dove devia verso destra per arrivare alla Cruz de Toribio. Sono 9 Km alla deviazione e uno in più per arrivare alla croce. Il tracciato è pianeggiante per i primi 5 Km e, poi, in leggera salita.

2. Cammino alternativo: Devia verso destra dopo aver passato Ospedale di Órbigo per arrivare a Villares de Órbigo e a Santibáñez de Valdeiglesias. Sono in totale circa 3 Km in più da percorrere, ma su piste di terra che possono essere fangose se ha piovuto di recente. Il tracciato alterna pendenze positive e negative un po’ più accentuate rispetto al cammino tradizionale, ma fattibili.

Ad ogni modo, arriviamo alla Cruz de Santo Toribio (Km 45), una struttura su un passo che ci offre una veduta magnifica di Justo de la Vega e di Astorga.

Cruz de Santo Toribio hecha de piedra

Cruz de Santo Toribio, fotografia ceduta da RFMyFL

Da questo punto, scendiamo di 1,5 km con una differenza di quota di 73 metri, che ci porterà a San Justo de la Vega, dove ci si collega di nuovo con la N-120.

Per entrare ad Astorga bisogna attraversare le rotaie. I pedoni lo fanno su una passerella sopraelevata (una rampa senza scale), anche se si può proseguire sulla N-120 da San Justo e evitare la passerella. Quindi attraversiamo la rotonda in entrata alla città andando sempre dritto e affrontiamo un’ultima breve rampa che ci porta ad Astorga, accanto alla Plaza Mayor.

Palacio Episcopal de Astorga con la muralla romana enfrente

Palazzo Episcopale di Astorga e le mura romane, fotografia ceduta da FONENDEZ

CONSIGLI PRATICI

Se iniziate a León il vostro cammino, vi aiutiamo ad arrivarci.

  1. In autobus. La stazione si trova in Avda. Ingeniero Saenz de Miera. La compagnia più diffusa è Alsa, che offre collegamenti con quasi tutto il nord della Spagna. Da Salamanca potete arrivare anche con Vivas Vivas e dalle cittadine più piccole come Burgos o Palencia con Abel.
  2. In treno. León è uno snodo ferroviario piuttosto importante. Per orari e prezzi consultare la pagina di Renfe.
  3. In aereo. L’unico collegamento permanente che c’è, è all’aeroporto di Barcellona, operato da Air Nostrum.

Ricordate che Tournride vi consegna le biciclette al vostro alloggio a León se iniziate da lì  e possiamo portare il vostro equipaggio in più per riconsegnarvelo alla fine del vostro cammino.

Le distanze tra le cittadine sono brevi e sono piene di servizi, non avrete problemi di rifornimento.

Se questa rotta si percorre durante l’estate, non dimenticate di portare con voi una buona protezione solare e acqua. Ci lasciamo alle spalle i rettilinei tra i campi senza alberi, ma siamo ancora a León e il sole è forte.

Per quanto riguarda la scelta del cammino, è questione di gusti. Più diretto con traffico o più lungo attraverso piste agricole, anche se in bici quasi non si notano differenze nella distanza. Un consiglio: se ha piovuto raccomandiamo prendere il cammino tradizionale della N-120 per evitare il fango.

ITINERARIO DETTAGLIATO E PATRIMONIO STORICO-ARTISTICO

In questa tappa, all’inizio e alla fine troviamo due città cariche di storia e patrimonio culturale. Nel mentre, diremo addio alle pianure dei dintorni leonesidato che domani il profilo si romperà con la salita alla Cruz de Ferro andando verso Ponferrada.

La N-120 è diventata la colonna vertebrale delle molte cittadine il cui nome riflette il passato giacobino. Tanti luoghi “del Camino” ci ricordano la storicità di questi sentieri. Oggi, sono sorte alternative meno storiche ma che ci allontanano dal rumore e dal traffico generato dalla strada.

Anche se tutto il percorso si può sviluppare più al nord o al sud, l’unico punto della tappa che rimane un passaggio obbligato è Ospedale di Órbigo, cosa di cui rallegrarsi. Questa fermata offre l’opportunità di conoscere storie d’amore medievale e di attraversale il suo storico“Paso Honroso”.

USCIAMO DA LEÓN PER VIE CONTORTE E VISITIAMO IL MODERNO SANTUARIO DELLA VERGINE DEL CAMMINO

All’uscita da León passiamo per alcuni punti che vi abbiamo consigliato di visitare nel giro finale della tappa precedente , così se il giorno prima non c’è stato il tempo di visitarli, vi consigliamo di farlo adesso.

Costeggiando la Basilica di San Isidoro arriviamo al Parador, dove dobbiamo attraversare il Bernesga attraverso il bel Ponte di San Marcos del S. XVI. E’ di mattoni, con grandi pile frangicorrente che sostengono volte a botte. Nel S. XX fu necessario ampliarlo, ma la sua forma originale venne ben rispettata.

Puente de San Marcos en León que pasa por encima del río

Ponte di San Marcos a León, fotografia ceduta da Javier Diez Barrera

Dopo aver passato il ponte percorriamo le vie del quartiere residenziale. Per entrare a Trobajo del Camino bisogna attraversare le rotaie, sulla strada o sulla passerella. Del suo passato giacobino solo le rimane il nome e un eremo dei quattro originari, che stoicamente resiste in mezzo a giganti di cemento. E’ dedicato all’apostolo e le sue origini risalgono al Medio Evo, anche se ciò che oggi vediamo sono restauri risalenti al S. XVIII.

Passato Trobajo del Camino ci addentriamo nel poligono industriale occidentale di León. Dopo averlo attraversato, torniamo sulla N-120 fino a Virgen del Camino, località dormitorio tagliata a metà dalla strada.

Nonostante tutto, in questa località si respira modernità, anche nel suo inconfondibile santuario principale. Il nome della cittadina è indicativo del continuo passaggio di pellegrini nel corso dei secoli. Narra una leggenda che nel S. XVI la Vergine apparve qui ad un pastore di nome Alvar, ordinandogli di parlare con il vescovo perché costruisse una chiesa in questa posizione. Dubitando della credibilità della propria parola di fronte al vescovo, il pastore chiese aiuto alla Vergine. Maria prese una fionda e tirò una grande pietra, perché il vescovo la vedesse e credesse al miracolo. L’eremo fu eretto nel punto in cui si trovava questa pietra miracolosa e intorno ad esso nacque il paese, che crebbe al passaggio dei pellegrini.

Nel 1957 si iniziò a costruire un nuovo tempio che, per le sue marcate caratteristiche moderne, non faremo fatica a riconoscere. Un misto di diversi materiali come il cemento, il vetro, la pietra o il legno in un edificio il cui marcato carattere orizzontale è rotto da un’altissima croce verticale che funge da torre. Le sculture della facciata sono dell’artista José María Subirachs e le vetrate furono realizzate a Chartres (Francia).

Basílica de la Virgen del Camino situada en León

Basilica a Virgen del Camino a León, fotografia ceduta da cmramirezl

Dopo aver superato il tempio, bisogna posizionarsi sul lato sinistro della N-120 per uscire dal paese. Prendendo calle Paz dovremo scegliere, dopo 500 metri, per che cammino vogliamo arrivare a Ospedale di Órbigo.

PRENDIAMO IL CAMMINO DA VIRGEN DEL CAMINO FINO A OSPEDALE DI ÓRBIGO

Come lasciano intravedere i molteplici segnali contraddittori dipinti sull’asfalto, esiste una piccola rivalità tra le cittadine per cui passano entrambi i cammini per disputarsi le attenzioni dei pellegrini. In realtà, il cammino tradizionale fu sommerso dal rumore del traffico quando fu aperta la N-120, per questo le cittadine vicine hanno visto un’opportunità d’oro per offrire alternative più tranquille.

Sono 4 Km in più sul cammino alternativo a Villar de Mazarife, una distanza praticamente insignificante in bicicletta, quindi la scelta tra un cammino e l’altro si riduce ad una questione di gradimento.

Se prendete il cammino tradizionale seguirete il corso della N-120, dovendovi prima districare in un groviglio di strade. Dall’argine della strada si attraversa senza problemi, mentre andando per il cammino pedonale bisogna deviare un poco per prendere un sottopasso sotto l’autostrada.  

Per cammini di terra e asfaltati, la vista ci offre il panorama dei dintorni leonesi con alcuni alberi sparsi, intercalati da capannoni industriali. In poco meno di 2 Km arriveremo a Valverde la Virgen e in ulteriori 1,5 km a San Miguel del Cammino, entrambe località con la N-120 come colonna vertebrale. A San Miguel c’era fino dal S. XII un ospedale di pellegrini e oggi ospita il golf club più importante della provincia di Leòn.

Seguendo il corso della strada lasciamo sulla destra il poligono industriale e una grande urbanizzazione, battezzata “del Cammino Santiago” per la sua vicinanza al Cammino Francese. Arriveremo così a Villadangos del Páramo, altro nome poco originale tenendo conto il deserto dei dintorni. La tradizione giacobina di questa cittadina, risorta durante la Riconquista, risale all’intitolazione della sua chiesa parrocchiale a Santiago Apostolo (S. XVII-XVIII).Sulla porta vengono raccontati gli episodi dei suoi miracoli, come quello della sua apparizione durante la Battaglia di Clavijo. Per ricordare questi fatti, ogni 25 luglio un abitante del paese di traveste da Santiago Matamoro ed entra a Villadangos su un cavallo bianco come la neve e brandendo una spada.

Iglesia de Villadangos del Páramo

Chiesa di Villadangos del Páramo, fotografia ceduta da antonio 69290

Proseguendo per la N-120 o per un sentiero di terra parallelo al suo argine sinistro, arriviamo in leggera discesa a San Martín del Camino. Anche se non offre molti servizi e nemmeno un patrimonio notevole, la sua posizione quasi equidistante tra León e Astorga l’hanno resa un punto importante del Cammino Francese per il suo elevato numero di pernottamenti.

In continua ma leggera pendenza a favore percorriamo i 7 Km che ci separano da Ospedale di Órbigo, tra campi di granturco e cereali. In un sentiero di terra parallelo all’argine destro della N-120, un cartello giacobino con la conchiglia gialla ci indica la svolta a destra per entrare nel paese. Se prendiamo la strada, dobbiamo stare attenti a non superarlo.

Nel caso in cui abbiate deciso di andare per il cammino alternativo da Vergine del Camino, avrete seguito sentieri di terra e strade secondarie tra piccole cittadine, fino ad arrivare a Villar de Mazarife. Alcuni di questi sentieri corrispondono ad antiche vie romane. Vi invitiamo ad essere prudenti nell’attraversare la N-120 sulla rotonda subito prima di immettervi sul cammino tradizionale.

A “PASO HONROSO” IMPARIAMO LEGGENDE MEDIEVALI E SCEGLIAMO IL CAMMINO FINO ALLA CROCE DI SANTO TORIBIO

Ospedale di Órbigo è divisa dall’omonimo fiume, su cui si trova il ponte che ha reso famosa questa località. Il Ponte di Órbigo uno dei monumenti più importanti di tutta la tappa, suggeriamo quindi ai pellegrini in bici che vanno su strada, di deviare per visitarlo.

Puente del Paso Honroso en Hospital de Órbigo

Ponte del Paso Honroso a Ospedale di Órbigo, fotografia ceduta da Miguel Cortés

Il fondo del ponte è di ciottoli, abbastanza scomodo per i ciclisti. Oggi la costruzione risulta abbastanza sproporzionata per la piccola dimensione del fiume, ma prima della costruzione dell’invaso Barrios de Luna il torrente era molto più grande. Storicamente c’è stata continuità nelle costruzioni per superare il fiume fin dai tempi dei romani, dato che da qui passava la strada tra León e Astorga. Inoltre, il luogo fu teatro di diverse battaglie, come quella tra svevi e alani nel S. V o quella che ebbe luogo contro i francesi durante la Guerra di Independenza del S. XIX.

Ad ogni modo, è soprattutto noto per essere il punto in cui ebbe luogo, secondo le cronache, il “Paso Honroso”. Un cartello informativo alla metà del ponte narra le gesta a tutti i visitanti e oggi Tournride le riassume per voi.

Anche se nel S. XV le giostre a cavallo erano già obsolete, si dice che in questa località un cavaliere chiamato Suero de Quiñones era tanto innamorato di una certa Leonor che chiese al re di indire un gran torneo per conquistare l’ammirazione della dama. Il re glielo concesse e il torneo fu celebrato durante il mese di luglio dell’anno giacobino del 1434. Il suo nome storico, “Paso Honroso”, deriva dal fatto che chiunque voleva attraversare il fiume passando il ponte, doveva battersi a duello, oppure doveva attraversare a nuoto l’Órbigo guadagnandosi la fama di codardo.. Erano esenti solo i pellegrini.

Per aumentare ancora di più la sua importanza nel torneo, don Suero promise di rompere più di 300 lance in tutto il mese e caricarsi ogni giorno un grande anello di metallo intorno al collo. Avendo mantenuto le promesse, peregrinò fino a Compostela e chiese all’Apostolo l’amore di Leonor, dicendo: “Se non le si compiace di corrispondermi, veramente non c’è gioia per me”. Si dice che l’anello corrisponda alla catenina d’oro che oggi pende dal reliquiario dell’apostolo nella cattedrale.

Le giostre di Paso Honroso furono raccontate da molti poeti e composte in differenti racconti. Erano tanto famose che persino Cervantes parla di Don Suero de Quiñones nel Don Chisciotte! Al giorno d’oggi, per ricordarlo, il primo fine settimana di giugno si celebrano ad Ospedale di Órbigo giostre medievali al Paso Honroso. Una gran festa medievale dove la gente si veste con costumi d’epoca, simula combattimenti con lanza, si vende artigianato e si mangia in grandi recinti coperti.

Foto de la feria medieval en Hospital de Órbigo con una chica disfrazada con el traje típico

Festa medievale a Ospedale di Órbigo, fotografia ceduta da Isa San Martín

Dopo aver attraversato il ponte, proseguiamo dritto su calle de Santiago. In pochi metri vedremo alla nostra destra la chiesa di San Juan Bautista, della metà del S. XVIII. Inizialmente apparteneva all’ordine di San Juan, i cavalieri di Gerusalemme. All’interno viene conservata una pala d’altare plateresca decisamente notevole.

Retablo en la Iglesia de San Juan Bautista

Pala d’altare nella chiesa di San Juan Bautista, fotografia ceduta da Thom Ryng.

Arrivando alla fine della via principale di Ospedale di Órbigo, ci troviamo di nuovo davanti a doppi segnali giacobini, alla seconda biforcazione del cammino di questa tappa. Proseguendo dritto, andremo per la N-120 fino alla Cruz de Toribio, già nei dintorni di Astorga, senza passare per altre località. Se prendiamo l’ampia pista che si apre alla nostra destra, ci perderemo tra campi e monti agricoli, visitando inoltre due località in soli 3 km in più di strada.

Sombra de dos peregrinos en el camino desde Villares a Hospital de Órbigo

Cammino a Villares da Ospedale di Órbigo con José Antonio Gil Martínez

Il cammino tradizionale è quello che segue il corso della N-120. Il tracciato è molto semplice, solo verso la fine la pendenza diventa leggermente positiva. Come consiglio, usate precauzione nei due incroci della N-120 necessari per prendere i sentieri giacobini, che variano dall’argine destro e sinistro. Se andiamo per la strada bisogna stare attenti dopo la seconda curva a destra, dato che lì si trova la deviazione che bisogna prendere per arrivare all’incrocio di Toribio.

Il cammino alternativo sarebbe sicuramente consigliabile, a meno che le condizioni climatiche siano avverse, soprattutto con la pioggia perché il fondo diventa facilmente fangoso. Offre molti più servizi che il cammino alternativo precedente, da Villar de Mazarife. Il tracciato è più complesso, soprattutto alla fine ci sono un paio di rampe con salti, ma fattibili.

Il paesaggio ora non sarà più tanto desertico, campi agricoli pieni di verdure e vegetazione, con il fiume Órbigo che fa capolino di quando in quando tra i pioppeti sulle sue due rive.

Estampa de una noche estrellada en el Río Orbigo

Notte stellata sul fiume Orbigo, fotografia ceduta da Miguel Ángel

In meno di 2 Km si arriva a Villares de Órbigo, cittadina che dà il nome ad un municipio in cui vivono meno di 700 persone che si dedicano principalmente ai lavori dei campi. A Villares c’è una chiesa di origine romanica con rimodellazioni barocche, dedicata all’apostolo ma con una bella statua della Vergine del Carmen. Il paese si unisce con Santibáñez de Valdeiglesias con un sentiero e una strada locale che percorreremo in pochi minuti.

Santibáñez ospita anche una chiesa parrocchiale, dedicata alla Santissima Trinità, che è l’asse portante del suo centro. All’interno c’è una famosa statua di San Roque e la sua tradizione giacobina si incarna nella sua iconografia, mostrandosi vestito come un pellegrino.

Nonostante questo, la cittadina di Santibáñez è più famosa per un divertente passatempo che i suoi abitanti realizzano ogni estate: uno dei labirinti di granturco più grandi del mondo. Il percorso cambia ogni anno ed è una bella attrazione per i pellegrini che passano la notte nell’ostello del paese.

Pueblo de Santibáñez de Valdeiglesias rodeado de campos verdes con flores

Santibáñez de Valdeiglesias, fotografia ceduta da Miguel Cortés

In realità, il fatto che per questa occasione venga scelto un labirinto ha un senso molto simbolico. Durante il giro a Logroño, la nostra quarta tappa, noi di Tournride vi abbiamo raccontato come il gioco dell’oca si ritiene sia stato disegnato dai templari, come rappresentazione del Cammino di Santiago. Come in Navarra vi parlavamo di ponti “tra cui la corrente ci portava”, qui il labirinto rappresenta la casella 42 del gioco dell’oca, che ci intrappolerebbe o ci porterebbe “dal labirinto al 30”.

Imagen del juego de la oca antiguo

Gioco dell’Oca, fotografia ceduta da Juan Francisco Piferrer

All’uscita di Santibáñez il terreno diventa un po’ più complesso, con una moltitudine di piccole pietre. Inoltre, iniziano i cambi di dislivello. Dovremo superare alcune rampe tra salti. Dopo tanta pianura quasi abbiamo dimenticato come si sale!

Prima di arrivare alla Cruz de Toribio passiamo per la “Casa degli Dei”. Questo progetto, iniziato dal catalano David Vidal nel 2009, prevedeva la riabilitazione di un antico capannone industriale per creare un punto d’accoglienza e aiuto per i pellegrini. Vengono offerti succhi e cibo gratis in cambio di un’offerta, da lasciare perché i prossimi pellegrini possano godere di questo servizio più che per pagare in qualche modo quello che si consuma, secondo le indicazioni di David. Alla fine del 2016 si annunciò la chiusura di questo particolare punto del Cammino Francese, ma anche se il suo futuro è incerto, ad oggi è ancora aperto.

Dalla Casa degli Dei, si prosegue di fronte su una pista di terra e, dopo aver girato a sinistra, si arriva a la Cruz de Toribio in 1,5 km. Davanti a noi si aprirà per la prima volta una vista panoramica di Astorga.

VEDIAMO ASTORGA DALLA CRUZ DE SANTO TORIBIO E PER RAMPE CORTE ARRIVIAMO ALLA FINE DELLA NOSTRA TAPPA

La croce che domina questa vista di Astorga venne elevata in onore di Toribio, un religioso del S. V. La sua vita di santo iniziò quando vendette tutto ciò che aveva per intraprendere il pellegrinaggio a Gerusalemme. Poi, fu nominato vescovo di Tui e di Astorga.

Le cronache raccontano che, come vescovo di Astorga, scrisse una lettera al Papa, mostrando la sua preoccupazione per una dottrina che stava prendendo piede in città. Si trattava del Priscillanesimo, che anni dopo sarebbe stato condannato come eresia. Il Papa, preoccupato per la situazione, disse a Toribio di organizzare una riunione e gli diede il potere di scomunicare tutti coloro che non condannavano il Priscillanesimo. Apparentemente, gli scomunicati affrontarono Toribio, che finì per essere espulso da Astorga.

Anni dopo Toribio era perseguitato dai visigoti e, arrivando ad Astorga, chiese rifugio ma gli fu negato l’accesso. Arrabbiato, salì al punto dove ora si trova la croce e disse le sue parole più favose: “Di Astorga, nemmeno la polvere”. Oggi, la città rende omaggio ad uno dei suoi grandi personaggi storici con questa grande croce.

Dopo aver goduto dei panorami che questo luogo ci offre, scendiamo su una rampa che si ricollega alla N-120 e ci lascia a San Justo de la Vega, cittadina satellite di Astorga. Per arrivare alla fine della tappa, possiamo proseguire sulla N-120 o prendere i sentieri pedonali. Sappiate che se non prendete la strada, dovrete passare sopra le rotaie del trenoutilizzando una passerella sopraelevata, che vi obbligherà a scendere dalla bicicletta.

Due rotonde e una ripida rampa più avanti, entriamo ad Astorga, l’antica Asturica Augusta dei romani.

Imagen de la catedral de Astorga

Cattedrale di Astorga, fotografia ceduta da Constantino Barreiro

UN POMERIGGIO IN GIRO PER ASTORGA

Astorga è una cittadina semplice da percorrere e con moltissimo da offrire, un perfetto finale di tappa. In questo caso, è necessario camminare solo 7 minuti per vedere i monumenti principali della città. In questa mappa che abbiamo disegnato per voi potete vedere l’ubicazione dei principali monumenti e musei, così come l’itinerario della passeggiata che vi proponiamo.

Astorga è la capitale della Maragatería, una regione dell’area centrale della provincia di León. Al visitarla, l’aspetto più notevole di questa cultura sono i molteplici locali che offrono il famoso cocido maragato. Oltre alla gastronomia, tutta questa zona condivide altri elementi di folclore e tradizione. L’origine di questa parola è molto discusso, si dice che potrebbe venire da un’espressione latina che significa “mori catturati” (mauri capti) di una qualche origine berbera. Oppure, come dicevamo nel riassunto storico della città, potrebbe avere a che fare con il lavoro dei mulattieri, commercianti che trasportavano con muli le merci, in questa zona. Andavano dalla Galizia (mare) a Madrid (dove ci sono i Gatos)da qui l’indicazione che erano quelli che andavano dal mar-a-gatos.

Vi invitiamo a provare le delizie maragate, ma anche a visitare una città con un glorioso passato romano e medievale. Per organizzarvi meglio, vi forniamo gli orari e prezzi delle visite. 

Buon riposo, pellegrini!

Per iniziare, un poco di Storia…

Dell’attuale città di Astorga si sa con certezza che fu un un importante centro romano. Quello che non è chiaro è cosa si trovava sulla collina su cui si trova la città prima che arrivassero i romani. Il saggio romano Tolomeo dice in uno dei suoi libri che si trovava qui la capitale delle tribù asturiche, che porterebbe al paradosso per cui il suo centro più importante non fosse nel territorio in cui oggi si trovano le Asturie.

Non ci sono chiare evidenze archeologiche che lì ci fosse qualcosa prima che arrivassero i romani, solo cronache e testi antichi di altre cittadine ne parlano. Sembra strano vista la posizione privilegiata, sopra una collina con buona visuale.

Quello che è sicuro è che nel 19 a. C. arriva ad Astorga la Legione X Gemina. Nella tappa anteriore abbiamo visto come un’altra legione, l’entità in cui si divideva l’esercito romano, avesse fondato León. Ad Astorga si installarono anche per controllare il territorio conquistato e i proventi delle miniere d’oro delle Médulas.

L’importanza che questo centro ricopriva, lo fece diventare la capitale di uno dei “conventi” romani, che sarebbe come una delle attuali province. Della sua funzione politica e amministrativa resta il suo grande foro, oggi sotto la Plaza Mayor.

Plaza Mayor de Astorga

Plaza Mayor ad Astorga, fotografia ceduta da FONENDEZ

Con l’arrivo del cristianismo e delle invasioni barbariche che finirono per innescare la caduta dell’Impero, la città migliora il proprio sistema difensivo costruendo delle enormi mura. Queste grandi mura del S. IV furono riabilitate nel Medio Evo e ancora oggi rimangono dei resti in uno stato di conservazione abbastanza buono.

Dopo il convulso periodo degli attacchi arabi, a partire dall’anno 1000, torna ad essere un insediamento permanente. Inizia così la sua evoluzione medievale, durante la quale finirà per perdere la sua struttura di strade a rete che aveva ereditato dalle sue origini romane, costruendo la sua grande cattedrale nel groviglio delle sue viuzze.

Durante il Medio Evo, Astorga passó per differenti modalità di governo, che per la maggior parte concentravano il potere nella persona di una importante famiglia, per concessione reale. Durante el S. XIII fue un señorío y en el S. XV, cuando llegó al trono Enrique IV, un marqués de la familia de Osorio cogió el poder. Durante il S. XIII fu un signorato e nel S. XV, quando arrivò al trono Enrique IV, un marchese della famiglia Osorio prese il podere. La città quindi divenne un marchesato in cui gli Osorio promossero molto il commercio e la crescita urbana. La precedente cattedrale romanica scomparve per lasciare il posto alla grande costruzione che vediamo al giorno d’oggi e altri ordini religiosi importanti, come le clarisse o i francescani, si installarono ad Astorga.


Nel S. XVII fiorisce il comercio in città. In gran parte il motivo di questo fu l’importanza che aveva accumulato dal S. XIV la mulattieria,
il trasporto di generi alimentari e articoli di consumo per mezzo di asini e mule. Molti articoli venivano trasportati dalla Galizia e si stabilirono degli importanti rapporti commerciali. Con il cacao che i mulattieri portavano dai porti di commercio con l’America sorsero differenti fabbriche che elaboravano un cioccolato artigianale che possiamo assaggiare ancora oggi.

La città continuò a crescere fino al S. XIX, quando differenti epidemie e la Guerra di Indipendenza contro Napoleone fecero calare la popolazione. Anche alcuni edifici emblematici furono abbattuti, come il castello medievale e gran parte delle mura.

Inoltre, alla fine del S. XIX in città arrivò la ferrovia. Questo cambiò molto l’organizzazione mercantile di Astorga, che perse la tradizione dei mulattieri e venne incrementata molto la produzione delle fabbriche artigianali, che adottarono metodi più industriali. La città crebbe molto, ampliandosi all’esterno delle mura dell’antico centro medievale.

Oggi Astorga è una città moderna che ha saputo mantenere il saper fare tradizionale che ha dato l’impronta alla gran parte della sua cultura. Qui troveremo tutti i servizi di cui abbiamo bisogno, potremo assaggiare il cioccolato che si mangiava nel S. XVII e passeggiare per le strade di stampo medievale o dal glorioso passato romano.

Fotografía de un palacio de Astorga con una muralla y un jardín enfrente

Astorga, fotografia ceduta da Javier Gallego

Prima fu Asturica Augusta: dal foro all’attuale Piazza Maggiore

Ad Astorga ci sono diversi resti romani, come per esempio le cloache e le terme. E’ molto interessante il fatto che, ciò che era l’antico foro romano, la “piazza” che rappresentava il centro politico dove si riuniva il governo cittadino, sia oggi lo stesso punto in cui si trovano la Piazza Maggiore e il Comune.

Il foro di Astorga era uno spazio di forma quadrangolare, circondato da un porticato. In uno dei suoi lati si apriva un grande abside dal pavimento di marmo, che si conserva ancora oggi. Si chiama Aedes Augusti e la particolarità di questo posto ha fatto pensare che fosse un tempio dedicato all’imperatore romano.

Nella via che parte accanto a quello che oggi è il Comune si trova il Museo Romano. Occupa l’edificio della “Ergástula”, una costruzione che formava parte del foro. Si ritiene che sicuramente era parte di un portico a forma di U, con al centro un tempio sopraelevato. Per quanto riguarda la sua funzione, non si si sa molto bene a cosa servisse. Ci sono studiosi che ritengono che servisse come prigione per gli schiavi sfruttati nelle miniere d’oro delle Médulas e del Monte Teleno.

Museo Romano de Astorga

Museo Romano di Astorga, fotografia ceduta da Roteiros Galegos

Nel 1999, il comune riuscì a recuperare la proprietà dell’immobile e creò una struttura superiore per renderlo sede del Museo Romano della città. Dentro, potremo trovare molti resti archeologici il cui obiettivo principale era che il visitante comprendesse come doveva essere la vita negli ultimi momenti dell’Impero Romano. La pagina web delmuseo è molto istruttiva. Potremo trovare gli orari e i prezzi della visita e potremo imparare un po’ di più sui romani.

Se ci interessa sapere di più sopra il passato romano di Astorga, possiamo visitare le terme, la cloaca nella nota “Domus del Mosaico del Oso y los Pájaros” (Casa del Mosaico dell’Orso e degli Uccelli), un’antica casa patrizia nel cui pavimento viene conservato un mosaico. La cosa migliore è percorrere la “Ruta Romana”, un’iniziativa promossa dal comune dal 2005. Le terme, la cloaca e l’Aedes Augusti si possono visitare solo percorrendo la “ruta”. Il resto si può visitare liberamente o pagando a parte. In questa web si trovano tutte le informazioni.

Domus del Mosaico del Oso

Domus del Mosaico dell’Orso, fotografia ceduta da Alberto

Ad oggi la Piazza Maggiore continua ad essere il centro della vita politica di Astorga. L’edificio del comune è uno dei grandi esempi del barocco civile della provincia di León. Durante il “Secolo delle Luci”, fu promossa la costruzione di molti edifici civili, dato che l’illuminismo dava molto risalto al dibattito sulla politica e al governo civile. Per questo molti edifici civili di Spagna sono barocchi, visto che alla fine del S. XVII e durante il S. XVIII era lo stile preponderante.

L’edificio, totalmente simmetrico, è organizzato in due piani, con una grande balaustra in ferro battuto al piano superiore. Le due grandi torri dei lati si uniscono al campanile centrale da una specie di balaustra intagliata a mo’ di contrafforti volanti. Dal suo orologio nella parte superiore escono Colás e Zancuda, due sculture di maragatos che, allo scoccare di ogni ora, suonano le campane con delle mazze fin dal S. XVIII.

Ayuntamiento de Astorga con personas en las terrazas y de paseo

Comune di Astorga, fotografia ceduta da Alberto Feijoo Ibaseta

Verso il gran monumento medievale di Astorga… La cattedrale di Santa Maria

Usciamo dalla Piazza Maggiore sulla via pedonale Pío Gullón, opposta al Comune. Dopo due incroci di strade, dobbiamo attraversare al passo pedonale e, prendendo la strada che si apre obliquamente alla nostra destra, arriveremo a calle Los Sitios, più ampia, che ci lascia a pochi metri dalla cattedrale, passando prima davanti al Palazzo Gaudí.

Come abbiamo già anticipato, prima che nel S. XV fosse iniziata questa monumentale cattedrale, ce n’era un’altra più piccola di stile romanico. Fu abbattuta per iniziare questo progetto, che ci vollero tre secoli per terminare. Questa dilatazione nei tempi di costruzione fece sì che l’evoluzione dell’architettura in questi tre secoli plasmasse la cattedrale, come una linea temporale incisa nella pietra. Questi edifici si iniziavano a costruire sempre dall’abside, la parte più sacra, e si terminavano con la facciata occidentale. Per questo, qui l’interno e l’abside sono in stile tardo gotico (S. XV), la facciata sud rinascimentale (S. XVI) e la facciata occidentale barocca (S. XVIII).

Catedral de Astorga y Palacio de Gaudí

Cattedrale di Astorga e Palazzo Gaudí, fotografia ceduta da David Martín

L’interno si divide in tre navate, la principale quella più ampia e alta, con grandi archi ogivali come elementi di separazione. Al di sopra sorge il secondo livello, un ulteriore giro di archi allo stesso modo ogivali.Nelle vetrate non troveremo vetri colorati come a León, ma la luce naturale entra nel tempio riversandosi liberamente, rotta solamente dalle fini decorazioni delle finestre.

Le volte della cattedrale di Astorga sono una meraviglia. Qui, i bordi delle colonne si allacciano formando complicate forme stellate che si possono ammirare senza che nulla interrompa la vista: la limpida luce del claristorio illumina le colonne, a cui mancano capitelli e decorazioni, facendo risaltare gli incredibili disegni simmetrici.

Interior de la Catedral de Astorga por dentro

Interno della Cattedrale di Astorga, fotografia ceduta da Xudros)

All’esterno, la facciata occidentale, riccamente decorata, è l’elemento più notevole. Opera di spicco del barocco leonese, somiglia ad una sorta di pala maggiore, come quella che si trova nell’abside all’interno dell’edificio, solo che questa è dorata e del S. XVI-. Nella parte bassa ci sono tre portoni strombati, possibilmente imitando il portale che si trova a León, con la più grande al centro. Ai lati, e non sopra, si ergono due grandi torri che si riuniscono al corpo centrale con alcuni contrafforti nella parte superiore.

Per quanto riguarda la decorazione, ci sono incise scene della vita di Cristo e appare anche Santiago vestito da pellegrino, evidenziando l’impronta che il passaggio del pellegrinaggio giacobino ha lasciato nella storia di Astorga.

Uscendo dalla cattedrale dobbiamo solo retrocedere alcuni passi per trovarci di fronte al Palazzo Episcopale di Astorga, il noto Palazzo Gaudí. Come abbiamo già detto nella tappa precedente quando abbiamo visitato casa Botines a León, il geniale architetto modernista realizzò pochi progetti fuori dalla Catalogna, e questo è uno di essi. Il progetto nasce quando nel 1886 il precedente palazzo episcopale della città viene bruciato ed il vescovo chiede a Gaudí che disegni una nuova residenza.

Palacio Episcopal por su entrada principal

Palazzo Episcopale, fotografia ceduta da PROtxbearmr

A seconda di come si guarda l’edificio, vengono in mente molte similitudini, da Disney alle cattedrali gotiche. Gaudí propose con questo palazzo una nuova interpretazione di molti elementi storici, usando elementi e forme tipiche di differenti stili. Bisogna tenere conto che nel disegno originale non c’era il recinto esterno che c’è oggi, di ferro e granito, che impedisce l’accesso quando il palazzo è chiuso.

Della facciata principale, un poco aggettante, si nota soprattutto il porticato inferiore. Quattro grandi archi a botte in cui le grandi chiavi di volta supportano una cupola su pilastri. Ogni facciata laterale dell’edificio si incorpora in uno dei grandi torrioni. Tre di questi sono uguali e solo uno li supera in dimensioni. La testiera dell’edificio, dalla parte opposta della facciata, imita un abside gotico.

Nonostante ne abbia l’aspetto, la forma dell’edificio non corrisponde con quella di una cattedrale, visto che si tratta di una croce greca. La copertura è di ardesia, a forma di capanna. Il palazzo ha quattro piani, contando il sotterraneo, che si vede nel fosso che circonda l’edificio, come nei castelli medievali.

Ci sono molte influenze in questa originale opera d’arte dell’architettura, anche se quella che più si nota è la cattedrale di León: tutte le finestre sono piene di vetrate alla cui elaborazione parteciparono molti prestigiosi laboratori. I disegni che mostrano somigliano a quelli della Saint Chapelle di Parigi.

Vidrieras del Palacio de Astorga

Vetrate del Palazzo di Astorga, fotografia ceduta da Manuel Sánchez Cantón

Palazzo Gaudí funge al giorno d’oggi da Museo de los Camminos. Dentro potremo vedere pezzi relativi al pellegrinaggio, mentre passeggiamo per le diverse stanze di quella che era stata pensata come una residenza ma che mai lo divenne.

Decidiamo se vogliamo proseguire la visita di Astorga e proviamo la sua gastronomia popolare

Noi di Tournride comprendiamo che dopo un’intensa giornata di pellegrinaggio, ampliare la visita turistica può risultare faticoso. Per questo, terminiamo qui la passeggiata, ma vi lasciamo con alcuni accenni su altre cose da poter visitare ad Astorga.

Come già detto, è possibile approfondire il passato romano di Astorga percorrendo la Ruta Romanaterme, cloache, antichi templi, case, il museo, ecc. Se ci interessa particolarmente l’arte medievale, nella chiesa di San Bartolomé (S. XI) vedremo una sovrapposizione di stili che ci risulterà molto interessante.

Per i più golosi consigliamo la visita al Museo del Cioccolato della città. Impareremo tutto sulla tradizione cioccolatiera di Astorga, luogo in cui il clima freddo permetteva un’eccellente conservazione di questo delicato materiale. Il museo si visita rapidamente, sono solo quattro sale.

Edificio del museo del Chocolate en Astorga

Museo del Museo del Cioccolato ad Astorga, fotografia ceduta da Chayo

Che visitiamo i monumenti oppure no, sicuramente non possiamo andarcene da Astorga senza assaggiare il piatto che la rende famosa: el cocido maragato.Il clima duro in cui vivevano i maragatos portò ad una gastronomia popolare forte e sostanziosa. La leggenda popolare dice che il cocido maragato si mangia al contrario, prima la carne, poi la verdura e per ultimo il brodo, perchè “se avanza qualcosa, che avanzi brodo”. Astorga è piena di ristoranti che offrono il piatto tipico, cosicchè non avrete problemi ad assaggiarlo.

Oltre al cocido, anche la cecina è tipica/b>E, per i più golosi, questa città è un vero paradiso: oltre al cioccolato, i mantecados e le melindres (tipici dolci locali) sono tutti artigianali. Una vera e propria gioia per il palato.

E’ necessario recuperare le forze perché domani ci aspetta la salita alla Cruz de Ferro. Siamo già molto vicini alla Galizia…

Buon cammino, pellegrini!

Atardecer en Astorga con el cielo anaranjado

Tramonto ad Astorga, fotografia ceduta da Alfredo Miguel Romero

TAPPA 8: DA CARRIÓN DE LOS CONDES A LEÓN – CAMMINO FRANCESE IN BICICLETTA

Distanza da Santiago: 401 km

Distanza di tappa: 96 km

Tempo stimato: 6 – 7 ore

Quota minima: 803 m

Quota massima: 900 m

Difficoltà della tappa: Bassa – Molto bassa

Punti di interesse: Terradillos de los Templarios, Sahagún, Mansilla de las Mulas, León

Mappa dell’itinerario: Per vedere il percorso su Google Maps fare click qui..

Mapa de la etapa 8 del Camino de Santiago en bicicleta de Carrión de los Condes a León

Fare click sull’immagine per ingrandire

In questa tappa del Cammino di Santiago in bicicletta andremo da Carrión de los Condes a León. Si tratta di un tratto lungo ma dal tracciato molto semplice in cui, peraltro, potremo percorrere gran parte del Cammino su piste asfaltate. Tra una pedalata e l’altra lasceremo la Terra dei Campi e entreremo nella provincia di León, percorrendo lunghi tratti senza centri abitati.

L’unica complicazione della giornata potremo trovarla all’entrata di León, sulle strade ad alto scorrimento e con molte curve. Per questo, Tournride presenta ai pellegrini in bici una via alternativa per entrare a León che non riporta segnali giacobini, ma risulta molto più sempice.

Se percorriamo questa tappa durante l’estate, dovremo far molta attenzione alla protezione solare e portare sempre una buona scorta di acqua.

PROFILO E TRACCIATO GENERALE DELLA TAPPA

Attraversiamo il Ponte Maggiore all’uscita di Carrión e proseguiamo per calle San Zoilo. Attraversiamo due rotonde sempre dritto e prendiamo la PP-2411 per 3,6 km, in piano.

La PP-2411 gira a destra, ma noi proseguiamo dritto sul sentiero di terra che coincide con la via Aquitana, antica strada romana. Si tratta di un rettilineo di 11 km tra i campi, in piano, con una leggerissima salita alla fine. Questo crea un cambiamento di gradiente che ci impedisce vedere Calzadilla de la Cueza fino a che non ci arriviamo effettivamente.

Antigua Vía Aquitana, recta de 18 Km de Carrión a Calzadilla de la Cueza

Antica Vía Aquitana, rettilineo di 18 Km da Carrión a Calzadilla de la Cueza

Dopo aver attraversato Calzadilla de la Cueza il cammino scorre su un sentiero parallelo alla N-120 e in 5,6 km arriva a Ledigos. La prima metà del percorso è in leggera salita (40 m di differenza di quota), ma prima di Lédigos si torna a scendere.

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Sentiero parallelo alla N-120 tra Calzadilla de la Cueza e Lédigos

Arrivando a Lédigos proseguiamo sulla N-120 per altri 3 km in leggera salita fino a Terradillos de los Templarios. All’arrivo a Terradillos de los Templarios, bisogna deviare a sinistra rispetto alla N-120 per entrare in paese. Abbiamo due opzioni:

  1. Proseguire sul tracciato giacobino e entrare a Terradillos. Da lì prenderemo un sentiero per 1,2 km che, dopo aver attraversato la P-973, arriva a Moratinos in 1,5 km. Dopo aver attraversato il paese, in 2,5 km si arriva a San Nicolás del Real Camino. All’uscita riprendiamo la N-120.
  2. Proseguire sulla N-120 senza entrare a Terradillos de los Templarios. Si va direttamente all’uscita di San Nicolás del Real Camino, rinunciando alla possibilità di visitare i paesi intermedi.

Lasciandoci San Nicolás del Camino alle spalle, la N-120 attraversa il fiume Valderaduey e, subito dopo, troviamo un piccolo sentiero, perpendicolarmente sulla destra. Se lo prendiamo, possiamo passare a visitare l’eremo della Vergine del Ponte e da lì proseguire su un sentiero fino a Sahagún.

Se non desiderate visitare l’eremo e preferite proseguire direttamente per Sahagún sulla N-120, sappiate che la strada costeggia Sahagún sul lato nord. Per questo, quando vediamo il cartello che indica la deviazione verso il centro cittadino, 10 km dopo l’uscita da Terradillos de los Templarios, dobbiamo prendere a destra per entrare nella cittadina e visitarla.

Sahagún (Km 41 della tappa) si percorre da est a ovest, attraversando il fiume Cea, all’uscita, per imboccare la via per León per 1,5 km fino a sboccare sulla N-120. Proseguiamo sulla N-120 per 2,2 km fino allo snodo tra la A-231 e la LE-6711.

Questo è il punto in cui dobbiamo scegliere se seguire il Cammino tradizionale o il Cammino alternativo. Le opzioni sono le seguenti:

  1. Cammino alternativo: Allo snodo girare a destra per prendere la LE-6711, che supera la A-231 con un cavalcavia. Porta direttamente a Calzada del Coto e da lì si alternano percorsi asfaltati e sentieri in terra per 32 Km fino ad arrivare a Mansilla de las Mulas, dove ritroviamo il Cammino tradizionale. Il Cammino passa anche per Calzadilla de los Hermanillos. Il tracciato è piuttosto semplice, in leggera salita fino a superare Calzadilla de los Hermanillos e in leggera discesa fino a Mansilla.
  2. Cammino tradizionale: All’incrocio proseguiamo dritto e vedremo che in pochi metri la N-120 gira a sinistra. Lì, sulla destra, parte un sentiero di terra molto breve che sbocca sulla Calzada del Coto, una pista asfaltata a doppio senso che corre parallela ad un sentiero di terra punteggiato di alberi equidistanti. Dopo 5,5 km di tracciato in piano si arriva a Bercianos del Cammino. Si attraversa su Calle Mayor e, in seguito, si riprende per 5,3 km la stessa via in leggera salita fino ad un sottopasso della A-231. Subito dopo, arriviamo a Burgo Ranero. Il tracciato è praticamente pianeggiante.

Da Burgo Ranero fino a Puente Villarente si percorre la LE-6615, che corre in discesa costante, come la strada per Calzada del Coto. Dobbiamo percorrere 14 km fino a Reliegos e poi altri 6 km fino a Mansilla de las Mulas.

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Calzada del Coto


Dopo la confluenza dei due Cammini aMansilla de las Mulas, dobbiamo uscire dal paese verso nord per prendere la N-601 per 4,5 km fino a Villamoros de Mansilla e, in seguito, percorrere altri 1,5 km fino a Puente Villarente.

A Puente Villarente ci restano 13 km di tappa e dobbiamo decidere per quale percorso entrare a León. Per i ciclisti seguire le frecce in entrata alla città è difficile, e anche pericoloso a causa delle strade da attraversare e il traffico. Per questo Tournride, oltre a spiegarvi il tracciato giacobino tradizionale, vi offre un’altra opzione esterna al tracciato del Cammino ma molto più agevole per i ciclisti. Queste sono le opzioni:

  1. Cammino tradizionale d’ingresso a León (con i segnali giacobini): All’uscita da Puente, sulla destra troviamo un ampio sentiero di terra. Inizialmente in piano, in 3 km arriva ad Arcahueja e da lì incontriamo un paio di rampe che portano ad un sentiero che costeggia la N-601 ad una quota più alta. Il sentiero termina nel poligono industriale di León e ci tocca attraversare la N-601 su un passaggio pedonale sopraelevato (con rampa, senza scale). Da questo punto, le frecce indicano l’entrata per Puente Castro, fino ad arrivare ad una grande rotonda dove dobbiamo girare a sinistra. Quando si arriva alla piazza dei tori di León, bisogna andare a destra per prendere Calle Corredera fino ad arrivare alla parte vecchia della città, dove si trova la cattedrale. Seguire i segnali può risultare complicato, visto che ci sono diverse svolte. Molte volte si tratta di frecce dipinte su lampioni o per terra.
  2. Entrata per la N-601 (senza segnali giacobini): All’uscita di Puente Villarente dobbiamo seguire la N-601 per quasi 9 Km, attraversando varie rotonde fino ad arrivare al poligono industriale della città, dove passeremo sotto la passerella pedonale azzurra. Dopo un paio di curve della N-601, arriveremo ad una rotonda in cui troviamo un cartello di benvenuto con lo scudo di León e con sopra un orologio. Dobbiamo attraversare la rotonda sempre dritto per prendere Avenida de Europa fino alla rotonda seguente. A questo punto prendiamo verso destra (Avda. Reino de León e quindi calle Juan XXIII) e proseguiamo superando sei incroci fino ad arrivare al settimo, quello con calle San Pedro. Girando a sinistra in questa via, ci troveremo a soli 300 metri dalla cattedrale.

 

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Passaggio pedonale sulla N-601 in entrata a León (Fotografia ceduta da Dani Latorre)

In generale, si tratta di una tappa lunga ma caratterizzata da un profilo estremamente semplice e ampie distanze tra le cittadine del percorso. La gran parte del Cammino pedonale corre su sentieri paralleli alla N-120, alla Calzada del Coto o alla N-601; quindi potremo scegliere se percorrere i sentieri oppure la strada asfaltata. I sentieri sono stretti ma il fondo è stabile. Se si percorre la strada asfaltata, molta attenzione in entrata a León, per via dell’intenso traffico.

Se pensate che questa tappa sia troppo lunga per voi, Tournride vi consiglia di riposare a Reliegos (km 69 della tappa), Mansilla de las Mulas (km 75) o Puente Villarente (km 82); qui troverete tutti i servizi di cui potreste aver bisogno.


CONSIGLI PRATICI

 

  • Se iniziate il vostro Cammino a Carrión de los Condes, noi di Tournride vi aiutiamo ad arrivarci. Independentemente da dove arriviate, dovete andare a Palencia, León o Burgos per prendere un autobus che vi porti a Carrión. Di queste tre città, León è l’unica che offre voli commerciali regolari. Da Barcellona, con Air Nostrum.

La frequenza degli autobus a Carrión non è molto elevata, quindi vi consigliamo di controllare l’orario con anticipo. Le compagnie Estébanez Aja e Abagon coprono la tratta da Palencia. Per arrivare da León o Burgos dovrete servirvi di AlsaSe gli orari degli autobus non si adattano alle vostre necessità, potete prendere un taxi da Palencia, che vi costerà intorno ai 45-50€. O, con un po’ di fortuna, può essere che ci sia qualcuno su una piattaforma di auto in condivisione che vi porti per 3-5€.Ricordate che Tournride vi consegnale biciclette al vostro alloggio a Carrión de los Condes se iniziate da lì e si può incaricare del vostro equipaggio in eccesso per farvelo trovare al vostro finale di Cammino.

  • In questa tappa troviamo ampie distanze tra le varie località, specialmente da Carrión de los Condes a Calzadilla (18 Km) e da Burgo Ranero a Reliegos (14 Km). Non ci sono fonti d’acqua potabile durante il percorso e i punti di ristoro sono pochi, quindi vi consigliamo di rifornirvi bene di acqua e cibo.
  • Molta attenzione con il caldo estivo, c’è poca ombra e il sole può risultare intenso.
  • Se piove possiamo trovarci in mezzo al fango transitando sulla Via Aquitana (da Carrión a Calzadilla de la Cueza), la Via Trajana (Cammino alternativo) e all’entrada a León per Arcahueja.
  • I chilometri di questa tappa sono molti per cui vi consigliamo di dosare le forze. Comunque, non è nulla di impossibile, visto che la maggior parte del percorso è in piano e le distanze si percorrono velocemente.

 

ITINERARIO DETTAGLIATO E PATRIMONIO STORICO-ARTISTICO

 

Oggi ci lasceremo alle spalle Palencia e la sua Terra di Campi per entrare a León, arrivando direttamente alla sua icona capitale: la meravigliosa cattedrale gotica di Santa Maria. Molti dei sentieri che ci porteranno fino a lì hanno mantenuto quasi invariato il loro tracciato dal tempo dei romani.. Sono Cammini carichi di Storia (con la maiuscola) che ci faranno scoprire il glorioso passato di grandi ordini medievali come l’ordine di Cluny a Sahagún o quello dei Templari a Terradillos dei Templari. Qualche sosta e saluteremo la Terra dei Campi oggi, più che mai, percorrendo grandi estensioni dorate di cereali con un tragitto molto semplice.

Una tappa facile, lunga ma con poche fermate, che ci spinge a lascairci andare fisicamente e mentalmente. Un Cammino per aprire gli occhi e sgombrare la mente.

Avete voglia di continuare a leggere per scoprire cosa ci aspetta durante il Cammino?

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Plaza Mayor di León (Fotografia ceduta da Jesús Martínez)

DA CARRIÓN A TERRADILLOS: SU INTERMINABILI RETTILINEI DEL PASSATO ROMANO, CON UNA SOSTA A CALZADILLA DE LA CUEZA E A LEDIGOS

Per uscire da Carrión de los Condes, dobbiamo attraversare Puente Mayor e passare in prossimità di San Zoilo. Se il giorno prima non l’avete visitata, questo può essere un buon momento per farlo, anche solo dall’esterno. Dopo aver attraversato due rotonde, percorriamo la PP-2411 per 3 km, una strada antica a doppio senso in cui i pellegrini a piedi camminano a margine.

Nonostante non si veda dalla strada, passeremo accanto alle rovine di quella che era l’antica abazia di Santa Maria de Benevívere, fondata nel S. XII e abbandonata dopo la confisca del XIX. Nonostante diversi ordini abbiano tentato di salvarlo, in quel secolo l’edificio fu demolito e i documenti in esso custoditi furono spostati all’Archivio Storico Nazionale.

Arriviamo al punto in cui la strada incontra la dritta pista di terra che ci porterà a Calzadilla de la Cueza, in un punto in cui la PP-2411 gira a destra.

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Via Aquitana (Fotografia ceduta da Kryf)

Questa pista dal fondo stabile – a meno che non piova e diventi fangoso – è l’antica Via Aquitana. In realtà, ai tempi dei romani era chiamata così la via che univa le due coste della Gallia (al giorno d’oggi, questo territorio è la Francia). Nel Medio Evo però si iniziò a chiamare con questo stesso nome questa via, che in epoca romanica si chiamava “Ab Asturica Burdigalame univa Astorga con Burdeos. Dall’inizio del pellegrinaggio a Santiago, i viandanti giacobini usavano questa antica via e, migliaia di anni dopo, noi seguiamo i loro passi.

Nonostante il sentimento di vicinanza storica che genera seguire un percorso che è rimasto inalterato durante secoli, c’è da dire che, per essere onesti, questo tratto è duro sia fisicamente che psicologicamente. Noi percorreremo rapidamente questo tratto di 12 km grazie alla semplicità dell’andamento pianeggiante, ma i pellegrini a piedi camminano per ore su questa pista senza alberi, senza fonti né elementi che spezzino il paesaggio di campi infiniti di cereali.

Anticamente in questo tratto della Via Aquitana si trovavano due opedali per pellegrini. Oggi non c’è alcun tipo di servizio, salvo un camioncino che vende cibo e bibite, che si installa all’intersezione con la P-2469 durante alcuni mesi all’anno. Passato questo incrocio, troviamo anche un cartello che indica che qui si snoda la Cañada Real Leonesa, accanto ad un’area ricreativa.

Una cañada è una via che collega i luoghi dove il bestiame transita in estate e in inverno in cerca di pascoli. Quella di León si divide tra occidentale e orientale. Misura circa 700 km in totale e unisce Riaño (a León) con il sud di Badajoz, attraversando sei province diverse.

Dopo questo monotono Cammino arriviamo a Calzadilla de la Cueza (km 18 della tappa), nascosta da un cambio di quota finale. Qui incontrerete tutti i servizi che vi servono. Il tracciato costeggia il paese lungo il lato sud e sbocca sulla N-120, su cui si attraversa il torrente Cueza. Chi va a piedi transita su un sentiero parallelo alla strada fino a Ledigos, voi potete decidere se preferite asfalto o terra. Sono circa 6 km in leggera salita, con una discesa di quota giusto prima di arrivare a Ledigos.

Calzadilla de la Cueza (Fotografía cedida por Kolossus)

Calzadilla de la Cueza (Fotografia ceduta da Kolossus)

Di Calzadilla è da citare la pala d’altare rinascimentale che si trova nella chiesa di San Martín e, come aneddoto, che la chiesa parrocchiale di Ledigos è tra le poche che vanta rappresentazioni di Santiago el Mayor in tutte le sue iconografie: pellegrino, apostolo e matamoro.

Da Ledigos il Cammino segue il percorso della N-120 fino a Terradillos dei Templari (Km 27 della tappa). Il nome di questa località la descrive architettonicamente e storicamente: luogo di piccoli “terrados” (tetti) legato all’antico Ordine dei Templari.

Nella tappa precedente abbiamo parlato di quest’Ordine di cavalieri, fondato nel S. XII per proteggere i pellegrini a Gerusalemme e che estese questa protezione anche al Cammino di Santiago. Como abbiamo detto, accumularono tanto potere e ricchezze in solo due secoli che persino il re di Francia arrivò a dovere loro una grande somma. Questo finì per essere la rovina dei Templari, perché divennero una minaccia per la Corona e gli altri ordini religiosi. Per questo, il Papa dispose il loro scioglimento con la forza, nell’anno 1312.

La maniera in cui in così poco tempo questi cavalieri accumularono tanto potere generò molte leggende, sia rispetto alla fonte della loro ricchezza che ai rituali dell’Ordine. Venne loro attribuito, per esempio, il possesso di reliquie miracolose, del Santo Graal e anche della “gallina dalle uova d’oro”. Di fatto, questo leggendario animale è legato a Terradillos..

Questa cittadina si trovava sotto la giurisdizione dei Templari e sotto la loro protezione c’era un ospedale per pellegrini. La leggenda dice che i Templari custodivano lì la gallina e, quando lo scioglimento dell’Ordine era imminente, sepellirono il misterioso animale nei pressi del paese.

In città si trova anche un ostello che porta il nome dell’ultimo Gran Maestro dell’Ordine dei Templari, Jacques de Molay.

CAMBIAMO PROVINCIA: LASCIAMO PALENCIA E ENTRIAMO A LEÓN PER VISITARE SAHAGÚN


Per arrivare a Sahagún da Terradillos abbiamo due opzioni: seguire il tracciato giacobino o evitarlo e prendere la N-120.
Tenete conto che, se proseguite sulla N-120 non passerete per Moratinos e San Nicolás del Real Camino, ultimas località palentine. Dopo aver passato il limite territoriale attraverserete il fiume Valderaduey e vedrete alla vostra destra il sentiero perpendicolare che porta all’eremo della Vergine del Ponte. Se non lo prendete e proseguite sulla strada, sappiate che per entrare a Sahagún dovrete prendere il ramo a destra. Altrimenti, costeggerete tutta quanta la cittadina sul lato nord e arriverete direttamente alla biforcazione dei Cammini a Calzada del Coto.

Mentre le visite a Moratinos o San Nicolás si possono evitare per facilitare una tappa già tanto lunga, Tournride vi suggerisce di entrare a Sahagún (Km 41 della tappa). Si tratta di un buon punto per riposare e una delle località più importanti del Cammino Francese a León, con un grande patrimonio culturale e storico da scoprire.

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Sagahún (Fotografia ceduta da Konrad Ho)

Il tracciato giacobino esce da Terradillos sul Cammino ovest, di terra battuta e in leggera discesa fino a sboccare sulla P-973 dove, dopo aver percorso appena qualche metro, prenderemo la deviazione verso destra per passare per Moratinos e San Nicolás del Camino. Il terreno sarà sempre di terra e ghiaia e il tracciato alternerà leggere salite e discese fino ad avvicinarsi alla N-120, da cui scenderemo dolcemente fino al centro di Sahagún.

Prima di arrivare a Sahagún, attraversiamo la N-120 per arrivare ad un sentiero nella piana del fiume Valderaduey che porta all’eremo della Vergine del Ponte (a circa 3 Km da Sahagún). L’edificio, di stile mudejar, funzionò per anni come ospedale di pellegrini e al giorno d’oggi è circondato da un gradevole prato con panchine e sculture che ricordano il glorioso passato medievale di Sahagún.

Ermita puente de la Virgen del Puente (Fotografía cedida por José Manuel Gil Martínez)

Eremo ponte della Vergine del Ponte (Fotografia ceduta da José Manuel Gil Martínez)

Sahagún ha un grande passato storico! Per conoscerlo dobbiamo prendere il sentiero che esce dai prati dell’eremo della Vergine del Ponte e ci porta ad attraversare la LE-251 (molta attenzione in questo punto). Da lì entreremo a Sahagún ma, per arrivare al centro, dobbiamo attraversare le rotaie tramite un cavalcavia.

La storia di Sahagún risale all’epoca romana, quando si trovava sul percorso della Via Trajana, ma è nata come tale a partire dalla fondazione di un monastero medievale in cui sono custodite le reliquie dei due santi Facundo e Primitivo. Di fatto, da qui viene il nome della città: “Sanctus Facundus – Sant Fagund – Safa-gun – Sahagún”. Questi santi furono decapitati nel S. II d. C. vicino al fiume Cea, dove alcuni discepoli li sepellirono. Il posto divenne conosciuto e nel S. IX fu decisa la costruzione di un grande monastero di cui si fece carico l’Ordine di Cluny.

Come abbiamo già detto presentando il Cammino Francese  l’Ordine di Cluny creò una vera e propria rete di monasteri lungo il Cammino in cui venivano assistiti i pellegrini, con il patrocinio della Corona. A Sahagún, il Monastero Reale di San Benito ricevette una gran quantità di privilegi e leggi speciali e, intorno, nacque un gran borgo medievale. Il monastero arrivò addirittura a fondare la propria università,che eguagliava quella di Salamanca o Alcalá de Henares come importanza. L’abate di Sahagún arrivò a un tale livello di autorità che nel S. XI sorsero rivolte della borghesia contro i suoi eccessivi poteri.

A partire dal S. XV inizia la decadenza della città, che si conferma definitivamente con la confisca del S. XIX, quando vengono vendute in asta pubblica delle parti dell’antico monastero. Oggi ne resta solo la Torre dell’Orologio e l’arco di San Benito, antica facciata sud del monastero. Sepolcri di re e oggetti che si trovavano nel monastero furono distrutti o si trovano oggi in altri punti della città e in musei di León.

Arco de San Benito de Sagahún (Fotografía por Rubén Ojeda)

Arco di San Benito di Sagahún (Fotografia di Rubén Ojeda)

Per esempio, nel Monastero delle Monache Benedettine (del S. XVI) si conservano alcuni dei resti dell’antico Real Monastero, dato che il posto funge anche da museo. Tra i vari pezzi si trovano il sepolcro di Alfonso VI e di quattro delle sue moglie, conservati nella chiesa del convento.

Accanto ai resti dell’antico monastero di Cluny si trova uno degli emblemi della città: la chiesa di San Tirso (S. XII). Fu uno dei primi edifici nella penisola iberica in cui furono usati mattoni invece che pietra. Questo può sembrare un dettaglio, in effetti però diede luogo allo stile romanico-mudejar, icona dell’unione culturale in Spagna e di come si influenzavano tra loro. Qui, i musulmani che vivevano in zone cristiane usarono metodi costruttivi propri della loro arte (costruire con mattone a vista, utilizzare archi a ferro di cavallo, ecc) con influenze romaniche, in uno stile propriamente europeo. Richiama l’attenzione, soprattutto, la sua torre di cuattro corpi d’arco a ferro di cavallo.

Iglesia de San Tirso en Sagahún (Fotografía cedida por José Manuel)

Chiesa di San Tirso a Sagahún (Fotografia ceduta da José Manuel)

A CALZADA DEL COTO SCEGLIAMO L’ITINERARIO PER ARRIVARE A MANSILLA DE LAS MULAS

All’uscita da Sahagún dobbiamo attraversare il fiume Cea su un ponte di pietra e percorrere la strada fino a sboccare sulla N-120. Dopo aver percorso 2 km arriveremo ad un incrocio di strade: la N-120 si perde in una curva a sinistra dopo un’intersezione con la LE-6711, che attraversa l’autostrada su un cavalcavia.

Se prendiamo questo cavalcavia imbocchiamo il Cammino alternativo, che ci porterà a Calzada del Coto e quindi su sentieri di terra fino a Calzadilla de los Hermanillos. Alternando poi sentieri e strade asfaltate arriveremo a Mansilla de las Mulas.

Tournride vi consiglia, in questo caso, evitare il Cammino alternativo e proseguire sul tracciato originale che porta a Burgo Ranero.. Sulla curva della N-120 vedremo un corto sentiero segnalato che ci porterà ad una ampia pista asfaltata, molto facile da percorrere, che dobbiamo seguire per i prossimi 32 km fino a Mansilla de las Mulas. I pellegrini a piedi seguono un sentiero parallelo, punteggiato da platanere, che può risultare un po’ stretto. Questa via è poco utilizzata dalle auto e il tracciato molto semplice.

Sendero al Burgo Ranero (Fotograf´ía cedida por José Antonio Gil Martínez)

Sentiero per Burgo Ranero (Fotografia ceduta da José Antonio Gil Martínez)

In 5,5 km arriveremo a Bercianos del Real CaminoIn 5,5 km arriveremo a Bercianos del Real Camino, piccola località di meno di 200 abitanti con tutti i servizi di cui abbiamo bisogno. Dopo altri 7 km di pista asfaltata, con un tracciato in leggera salita, arriveremo a Burgo Ranero.

Ruinas de un antiguo palomar (Fotografía cedida por Jonathan Pincas)


Rovine di un’antica colombaia (Fotografia ceduta da Jonathan Pincas)

Il toponimo del Burgo Ranero è stato oggetto di controversie. La maggioranza ritiene che il nome venga dal gracidio delle rane che abitano gli stagni vicini alla cittadina (“Burgo”). Ci sono anche alcuni antichi documenti che fanno riferimento al luogo come “Ranerium”, che sarebbe un nome germanico latinizzato. Secondo questa ipotesi, il “Ranero” indicherebbe possesso, vale a dire, sarebbe il borgo di un certo signor Raniero.

El Burgo Ranero con una charca en primer plano (Fotografía cedida por José Antonio Gil Martínez)

Burgo Ranero con uno stagno in primo piano (Fotografia ceduta da José Antonio Gil Martínez)

Oggi questo posto è diventato un’oasi per i pellegrini, che camminano da ore per un paesaggio incantevole ma monotono. Qui si trovano un buon numero di alloggi e servizi, quindi non avremo alcun problema ad incontrare qualunque cosa di cui abbiamo bisogno.

E’ importante che recuperiamo le forze per affrontare i seguenti 13 Km fino a Reliegos, su una via identica alla precedente e praticamente rettilinea. E’ così, praticamente non avremo nemmeno bisogno di pedalare perché il Cammino prosegue in dolce ma costante discesa. Arriveremo in un attimo!

Campos de Camino a Reliegos (Fotografía por David Hunkins)

Campi del Cammino a Reliegos (Fotografia di David Hunkins)

Reliegos è stato, fino a pochi anni fa, l’ultimo luogo in cui è caduta una grande meteorite in Spagna. Avvenne una mattina del 1947 alle 8, quando una grande roccia di circa 17 km cadde su Calle Real, spaventando gli abitanti che pensarono ad una bomba o ad un’esplosione. Oggi la gran parte della roccia si trova nel Museo Nazionale di Scienza di Madrid, anche se in altri siti ce ne sono alcuni frammenti.

Dopo aver visitato Reliegos, dovremo continuare lungo la via punteggiata da platanere su una discesa continua per altri 6 km, fino ad attraversare l’N-601 con un cavalcavia e entrare in Mansilla de las Mulas..

Monumento al peregrino en Mansilla de las Mulas (Fotografía cedida por Adolfo Brigido)

Monumento al pellegrino a Mansilla de las Mulas (Fotografia ceduta da Adolfo Brigido)

Da Burgo Ranero si entra a Mansilla attraverso la porta del Castello, una delle porte delle antiche mura S. XII. Questa località vantava uno dei migliori sistemi di fortificazione di tutta la Castiglia. Le mura circondavano tutta la riva del fiume e si aprivano a nordovest solamente sul ponte che attraversava l’Esla. Erano alte circa 14 metri, con feritorie per gli arcieri nella parte superiore. Inoltre, ogni 40 metri c’erano grandi strutture semicilindriche di cui oggi vediamo resti ben conservati nella parte sud.

Muralla de Mansilla de las Mulas (Fotografía cedida por Miquel Acevedo)

Mura di Mansilla de las Mulas (Fotografia ceduta da Miquel Acevedo)

Dopo aver attraversato l’antica porta fortificata, passeremo prima accanto ad un monumento al pellegrino e arriveremo quindi alla chiesa di Santa Maria. Risalente al S. XVIII, la sua architettura è semplice. Proseguendo per il Cammino si arriva alla piazza del Pozzo, dove arriva anche il Cammino alternativo che passa per Calzadilla de los Hermanillos.

Prima di prendere il ponte sull’Esla, costruzione medievale di otto archi (S. XII) che ha subito molti restauri, ci troviamo accanto all’antico convento di San Agustín. Questo centro fu fondato nel S. XV ed ebbe molta importanza a livello culturale, con l’eccelenza del suo archivio e della biblioteca. Come accadde a Carrión de los Condes, tutti i documenti andarono perduti durante un incendio nel corso della Guerra di Independenza. Oggi la cappella di Villafañe è la parte meglio conservata, struttura di pianta quadrata con volta a stella. Inoltre, i simboli giacobini incisi nella pietra in una delle antiche entrate del convento attestanto l’importanza che aveva come ospedale di pellegrini.

Da Mansilla de las Mulas siamo a meno di 20 km da León, dove possiamo arrivare sia su strada asfaltata sia sui sentieri del Cammino. Entrambe le opzioni si riuniscono in un dato punto.

Usciamo da Mansilla attraversando il già menzionato ponte medievale. A sinistra parte un largo sentiero che corre parallelo alla N-601, in piano. /span>

Per la strada o per il sentiero passiamo per Villamoros de Mansilla in 4 km e quindi arriviamo a Puente Villarente in appena 1,5 km.

Entrando nella cittadina ci sarà immediatamente chiaro da dove viene il suo nome Villarente. Se percorriamo la strada asfaltata attraverseremo il grande ponte su cui passa il Cammino e che attraversa il fiume Porma. Se percorriamo il sentiero, lo vedremo dal basso, visto che sono state predisposte delle passerelle di legno che attraversano il fiume e permettono di vedere l’intero ponte. Passare sul ciglio della strada era troppo pericoloso per i pellegrini a piedi.

Il ponte di Villarente ha origine in epoca romana, anche se di quel periodo non resta nulla. Le esondazioni del Porma lo distrussero in differenti momenti storici e, per questo, la parte più antica che resta sono gli archi centrali (di epoca medievale). E’ una vera e propria pietra miliare del Cammino Francese, scenario di una leggenda medievale di amore pellegrino.

Puente romano en Villarente (Fotografia cedida por Bill Bereza)

Ponte romano a Villarente (Fotografia ceduta da Bill Bereza)

A Villarente in epoca medievale si trovava un ospedale di pellegrini noto perché seguiva la norma che prevedeva di tener sempre pronta un’asina per portare a León i viandanti che si trovassero in difficoltà (come una specie di “ambulanza”). Si dice che all’inizio del S. XIV in questo ospedale lavorasse una ragazza di nome Isabel, promessa ad un signore andaluso. Un giorno arrivò all’ospedale un pellegrino molto malato. La ragazza lo curò e finirono per innamorarsi l’uno dell’altra. Insieme, sotto il primo arco del monte, incisero il contorno delle loro mani sull’arcata di pietra, e Isabel gli promise che, se fosse tornato da Santiago in 14 giorni e avesse messo la mano in quel punto mentre la chiamava, lei lo avrebbe sentito e avrebbe abbandonato il promesso sposo per fuggire con lui.

Il pellegrino arrivo a Santiago e riuscì a tornare a Puente Villarente al tredicesimo giorno, ma sfortunatamente il livello del fiume era talmente alto per le continue piogge che era impossibile arrivare all’arco. Sulla riva del Porma, pregò Santiago perché lo aiutasse a raggiungere l’arco di pietra il giorno successivo. Quando si svegliò, vide che alcuni tronchi avevano creato un passaggio attraverso la piena e si dirigevano esattamente al punto dove avevano inciso la forma delle mani. Corse fino a lì e chiamò la sua amata. La vide apparire dopo poco e si gettò tra le sue braccia per passare insieme il resto della loro vita.

Con questa bella storia in mente, attraversiamo Puente Villarente e prendiamo un ampio marciapiede accanto alla N-601. Da qui abbiamo due opzioni per entrare a León: dobbiamo scegliere tra andare per Arcahueja o per la N-601 fino al centro della città.

Con la seconda opzione dobbiamo fare attenzione al traffico, soprattutto nella parte del Poligono Industriale, ma il tracciato sarà piuttosto semplice e eviteremo di dover attraversare alcune strade o cavalcavia.

Se prendiamo il sentiero che si apre a destra all’uscita di Puente Villarente, andremo quasi in piano fino a Arcahueja, dove troveremo una breve rampa che ci porterà ad un sentiero vicino alla strada asfaltata su cui accederemo al Poligono Industriale. La N-601 taglia a metà il poligono e dovremo attraversarla attraverso un cavalcavia azzurro. Scendendo da questo punto attraverseremo di nuovo con un altro cavalcavia uno snodo di strade e il fondo di terra diventerà di asfalto arrivando ad Avda. Madrid. Quando vediamo la chiesa parrocchiale di Puente Castro dobbiamo deviare verso sinistra, attraversando il fiume Torío su un ponte pedonale e continuando per il viale fino ad una grande rotonda in cui, girando a sinistra, arriveremo alla piazza del Toro. Da questo punto ci addrenteremo nella zona monumentale, girando a destra. Proseguiamo dritto fino all’ampio via che, girando a destra ci porterà direttamente alla cattedrale.

Di certo l’entrata a León può risultare confusa per i ciclisti a causa della quantità di svolte, incroci e passaggi pedonali per cui passare. Se volete semplificare, potete prendere la N-601 fino alla prima rotonda della città, continuando dritto per Avda. Europa fino ad Avda. Reino de León (il primo grande viale che esce a destra, obliquamente). Proseguendo dritto e passando 6 incroci perpendicolari di strade, dovrete solo girare a sinistra su calle San Pedro per arrivare alla cattedrale. Segnaliamo in giallo questo en percorso nella nostra mappa di tappa..

UN POMERIGGIO IN GIRO PER LEÓN, “LA CULLA DEL PARLAMENTARISMO”

León è una “delle grandi”, città storica e tappa obbligata del Cammino Francese. Oltre a questo, è una boccata d’aria fresca e giovane, una città dinamica traboccante di cultura viva: concerti nei bar, esposizioni artistiche, ecc. Questo aspetto si nota passeggiando per la città, nel movimento che c’è sempre nella zona monumentale e che invita il pellegrino ad unirsi alla movida.

Le città come León, di grandi dimensioni, a volte saturano i pellegrini che arrivano stanchi e a tarda ora. Doversi informare correttamente e disegnare un percorso che permetta di visitare la città in modo tranquillo può risultare un arduo compito dopo una tappa tanto lunga. E’ un peccato che, appunto, quanto più ci sarebbe da visitare, più sia difficile decidere di farlo.

Per questo, più che mai, Tournride vi consiglia, dopo esservi rilassati un po’ dopo lo sforzo compiuto oggi, di venire a fare un giro: vi diamo una mappa con l’itinerario della passeggiata e vi raccontiamo cosa incontrerete ad ogni passo. Sono solo 40 minuti e ne vale veramente la pena.

Per chi ha intensione di fermarsi per un giorno intero, sappiate che León è uno dei migliori posti del Cammino Francese per farlo. Inoltre, a seconda dell’ora in cui iniziate la passeggiata, alcuni dei posti da visitare potrebbero essere chiusi. A meno che non vogliate visitarli il giorno dopo prima di riprendere a pedalare fino alla prossima fermata, potete vederli con calma dedicando un giorno in più a questa bella città.

Godetevi León, una città monumentale con molto da offrire!

Catedral de León (Fotografía cedida por Manuel)

Cattedrale di León (Fotografia ceduta da Manuel)

Un poco di Storia per iniziare….

León deve gran parte della sua configurazione attuale ai romani. Prima che arrivassero i conquistatori italiani, questa parte del territorio non era popolata.

L’esercito romano era organizzato in legioni, unità militari con una propria gerarchia interna. Si mobilitavano per conquistare il territorio o per missioni specifiche. Nel 29 a.C. la Legione VI Victrix (“Sesta legione vincitrice”) creó un accampamento militare provvisorio sull’altopiano tra i fiumi Torío e Bernesga. Era un posto perfetto, dato che assicurava approvvigionamenti di acqua ed era un buon canale di comunicazione tra nord e centro della Spagna che avevano intenzione di controllare.

Proprio in quel periodo iniziò lo sfruttamento intensivo di una delle miniere d’oro in prossimità di León: le Médulas. Il metodo di estrazione che i romani usavano, noto come “ruina montium”, ha lasciato qui un paesaggio spettacolare, che oggi vale la pena visitare. Deviavano grandi corsi di acqua e, rilasciando la corrente di colpo, facevano crollare grandi parti della montagna.

Panóramica de las Médulas (Fotografía cedida por Rafael Ibáñez Fernández)

Panorama delle Médulas (Fotografia ceduta da Rafael Ibañez Fernández)

Grazie a questo metodo i romani estrassero molto oro. C’era bisogno di un insediamento permanente per controllare tutte queste attività. Per questo, quando la Legione VI Vitrix dovette partire per combattere nel Rin nel 74 d.C., la Legione VII Gémina arrivò a sostituirla.

Questa legione creó un accampamento molto più complesso. Ancora oggi resta molto a León dei ciò che questi romani fecero dal S. I al III d.C. L’attuale calle Ancha che porta alla cattedrale era l’antico “cardo” romano, la via principale dell’accampamento che corre in direzione Nord-Sud e si incrociava perpendicolarmente con il “decumano”. Sotto la cattedrale ci sono resti delle antiche terme e, nel giardino del Cid, resti del sistema di canalizzazione delle acque.

Murallas de León (Fotografía cedida por Rubén Ojeda)

Mura di León (Fotografia ceduta da Rubén Ojeda)

Con la caduta dell’Impero Romano gli svevi occuparono l’antico accampamento i visigoti conquistarono il territorio e l’insediamento rimase quasi spopolato.. Questa situazione si protrasse anche durante la conquista araba, dato che León restava in una zona intermedia tra i due fronti.

Nel 856 il re Ordoño I riesce a conquistare León, che passa a far parte del Regno d’Asturia. Anni dopo, le lotte di potere tra i suoi tre nipoti terminano unificando i territori di Asturia e León nel Regno di León, e per la prima volta questo insediamento diventa capitale.

Nel 1188 León passa alla Storia per essere il luogo in cui il re convoca la prima Assemblea Estamentale di tutta Europa nel Medioevo. Da qui il motivo per cui questa città è conosciuta come “la culla del Parlamentarismo”.

Durante i secoli seguenti León continuerà a crescere, delineandosi come una delle città più importanti per la Corona e per il Cammino di Santiago. Arrivò ad avere 17 ospedali per pellegrini e fu la sede occidentale dell’Ordine militare di Santiago.

Nel S. XIX diventa capitale di provincia e, nel secolo successivo, la città viene ampliata con quartiere borghese dal tracciato ortogonale. León diventa quindi la città dinamica e moderna che vediamo oggi, anche se le tracce del suo passato si mantengono nel tracciato delle sue strade e negli edifici monumentali che oggi possiamo visitare. Per vederla più dettagliatamente, potete visitare esta páginaquesta pagina, dove troverete ricostruzioni virtuali della storica León.

Visitiamo i quattro imperdibili: Cattedrale, Casa Botines, San Isidoro e San Marcos

Cominciamo con il simbolo della città: la Cattedrale, anche conosciuta come la “Pulchra Leonina”. Il suo soprannome suggerisce ciò che il visitatore troverà nella “bella leonessa”. Fu iniziata intorno al 1275, in un momento in cui il gotico era al suo apogeo, con molte similitudini rispetto ai templi di Reims o Amiens.

Senza dubbio, l’aspetto più impressionante di questa Cattedrale sono le sue vetrate, senza sminuire la precisione delle sue sculture in pietra o l’incredibile altezza che raggiungono i suoi muri e le torri. In pieno stile gotico rayonnant, la sua elevazione tripartita ospita pareti in ogni parti per inserire vetrate policrome che tingono l’interno del tempio di luci multicolori.

Crucero y transepto sur de la Catedral de León (Fotografía cedida por Jose Luis Cernadas Iglesias)

Crociera e transetto sud della Cattedrale di León (Fotografia ceduta da Jose Luis Cernadas Iglesias)

Dato che le vetrate proponevano già un programma iconografico ben specifico, l’architettura interna delle Cattedrali gotiche era sostanzialmente neutra. La scultura si portava all’esterno e sulle tre parti della facciata occidentale se ne conserva un esempio impressionante.

Portada occidental de la Catedral de León (Fotografía cedida por Michel Curi)

Facciata occidentale della Cattedrale di León (Fotografia ceduta da Michel Curi)

La porta centrale è dedicata alla Vergine Bianca e rappresenta anche alcune parti del Giorno del Giudizio. Per inciso, la scultura della Vergine che oggi vediamo esposta è una copia dell’originale che, per meglio conservarla, è custodita all’interno del tempio.

Alla sinistra c’è la Porta di San Juan, con scene della Natività e dei primi momenti della vita di Gesù. A destra, la Porta di San Francisco, dedicata completamente a narrare storie sulla vita della Vergine (la morte sotto e l’incoronazione sopra).

La Cattedrale di León è uno dei monumenti che più merita una visita, in tutto il Cammino Francese. Per il suo stile architettonico, è precisamente pensato per stupire con la sua luce. Vi consigliamo, per quanto è possibile, di trovare il tempo per visitarla. In questa pagina potete informarvi su prezzi e orari.

Vidrieras absidiales de la Catedral de León (Fotografía cedida por Jose Luis Cernada Iglesias)

Vetrate dell’abside della Cattedrale di León (Fotografia ceduta da Jose Luis Cernada Iglesias)

Ci allontaniamo dalla Cattedrale su calle Ancha, costruita sull’antico “cardo” romano. In fondo, alla nostra destra si aprirà davanti a noi la fantastica Casa Botines. Opera di Antonio Gaudí, è uno dei pochi edifici che questo architetto realizzò al di fuori della Catalogna. Ne troveremo un altro nella prossima tappa: la Casa Episcopale di Astorga.

Dibujo de Casa de Botines de Antonio Gaudí

Disegno di Casa Botines di Antonio Gaudí

Fu un imprenditore catalano, chiamato Joan Homs i Botinàs, che commissionò il disegno di questo edificio a Gaudí alla fine del S. XIX. Nella parte bassa aprì alcuni magazzini di tessuti e, nella parte superiore Joan stabilì la propria residenza privata. Con un inconfondibile gusto modernista, l’edificio si colloca nel periodo neogotico. Se abbiamo appena visto la Cattedrale, è evidente come gli archi lobati con colonnine ci ricordino il triforio della Pulchra Leonina. In generale, le torri sugli angoli e il suo aspetto da fortezza fanno pensare ad un palazzo medievale, ma diventa molto più elegante grazie alla sua aria modernista.

Oggi, Casa Botines è sede della banca Caja España. Nel 1996 questo ente bancario riabilitò l’edificio, tentando di eliminare le ristrutturazioni effettuate in seguito alla morte di Gaudí. Al giorno d’oggi si può accedere solamente alla zona degli uffici bancari. La visita è gratuita e l’orario è dalle 8:30 alle 14:00.

Casa botines (Fotografía por Ruben Ojeda)

Facciata principale di Casa Botines (Fotografia di Ruben Ojeda)

Costeggiando Casa Botines lungo il lato est, su Calle Ruiz de Salazar, ci dirigiamo verso la Basilica di San Isidoro. Vi suggeriamo di girare a destra per Pilotos Regueral per approfittare del Cammino per visitare i giardini del Cid, un piccolo tesoro nascosto nella parte antica della città. Approfittando per riposare un poco su una delle sue panchine, potremo ammirare i resti romani del sistema di canalizzazione delle acque.

Canalización descubierta en la parte exterior del campamento de Legio VII Gemina (Fotografía cedida por Caligatus)

Canalizzazione scoperta nella parte esteriore dell’accampamento della Legione VII Gemina (Fotografia ceduta da Caligatus)

Proseguendo dritto su calle del Cid in meno di un minuto arriviamo alla Basilica di San Isidoro. Al suo interno si trova il Pantheon dei Re, chiamato la “Cappella Sistina del Romanico”. Si tratta di uno spazio quadrato diviso in sei branche di volte completamente ricoperte di pitture del S. XII, eccezionalmente ben conservate. Questa impressionante eredità è sorretta da grosse colonne con grandi capitelli pieni di decorazioni, tra cui riposano re e regine nei loro sepolcri decorati con incisioni.

Panteón de Los Reyes

Pantheon dei Re all’interno della Basilica di San Isidoro

L’accesso alla chiesa di San Isidoro è gratuito. Fu costruita adiacente alle antiche mura medievali, di cui ancora rimane qualche resto. L’interno del tempio contrasta con ciò che abbiamo appena visto nella Cattedrale. Qui non c’è luce, il romanico è penombra e solidità, con cicli decorativi fantasiosi -e a volte inquietanti- nei capitelli delle colonne. All’esterno, la scultura della facciata è anch’essa un gioiello romanico.

Per visitare il chiostro, il Pantheon dei Re e il Museo di San Isidoro bisogna dirigersi alla piccola entrara occidentale che si trova ad un estremo della piazza. L’entrata costa 5€ e include la visita guidata, che noi di Tournride vi consigliamo assolutamente.

Pintura del Pantócrator en una de las Bóvedas del Panteón de los Reyes

Pittura del Pantocrate in una delle campate del Pantheon dei Re

Costeggiando la Basilica di San Isidoro su calle Sacramento, giriamo obliquamente a sinistra per dirigerci verso Avenida Suero de Quiñones, che ci lascerà direttamente a Plaza de San Marcos. Questo spazio ci accoglie con un monumento al pellegrino. Un uomo fatto di bronzo guarda verso San Marcos. E’ scalzo, seduto ai piedi di una croce, vestito con l’abito medievale giacobino e il bastone.

San Marcos, Monumento al peregrino (Fotografía cedida por José Luis Cernadas Iglesias)

Monumento al pellegrino a San Marcos (Fotografia ceduta da José Luis Cernadas Iglesias)

Questa scultura non solo fa riferimento all’importanza che il Cammino Francese ricoprì per il lustro della capitale leonesa ma anche all’origine dello stesso edificio di San Marcos. Nel S. XII un’infanta fece una generosa donazione perché, fuori dalle mura della città, fosse eretto un grande edificio per l’accoglienza ai pellegrini. Questo tempio-ospedale crebbe e divenne sede dell’Ordine di Santiago, i cavalieri che proteggevano il Cammino giacobino.

Di questo edificio oggi non resta quasi niente. Nel S.XVI il suo cattivo stato costrinse ad abbatterlo per poi costruire questo gioiello del rinascimento. La grande facciata plateresca si divide in due grandi corpi, la cui uniformità e simmetria trasmette tranquillità nonostante la grande quantità di decorazioni da cui è ricoperta. Nella parte bassa dello zoccolo ci sono medaglioni intagliati con personaggi latini e greci, che nel rinascimento venivano onorati come rappresentanti dell’Umanesimo e della gloria classica. Imperatori come Giulio Cesare o Trajano e promotori di piccoli “rinascimenti” precedenti come Carlomagno ci guardano dai loro medaglioni d’onore.

San Marcos (Fotografía cedida por José Luis Cernadas Iglesias)

San Marcos (Fotografia ceduta da José Luis Cernadas Iglesias)

Dalla sua nascita, l’insieme di San Marcos ha svolto molteplici funzioni. E’ stato ospedale per pellegrini e convento, ma anche prigione -qui rinchiusero Quevedo-, centro d’istruzione, ufficio statale, campo per prigionieri repubblicani durante la Guerra Civile… Oggi funge principalmente como Albergo Storico Nazionale (Parador Nacional), anche se la chiesa mantiene il suo uso religioso e, inoltre, una parte ospita un museo di opere sacre.

E aggiungiamo che il Parador ospita una caffetteria accanto al fiume Bernesga, con una terrazza molto piacevole con vista sul Ponte di San Marcos. Ideale per rilassarsi.

Puente de San Marcos (Fotografía cedida por José Luis Cernadas Iglesias)

Ponte di San Marcos (Fotografia ceduta da José Luis Cernadas Iglesias)

Terminiamo nel Barrio del Húmedo a goderci il patrimonio di Leon mentre stuzzichiamo

Dopo aver imparato tutto questo durante le nostre visite culturali, la giornata può terminare in un solo modo: provando la gastronomia leonese.

Nonostante questa città abbia una grande offerta di ristoranti, dove troveremo un buon rapporto qualità-prezzo, Tournride vi consiglia di dirigervi verso il Barrio del Húmedo. Lì potreta passare di bar in bar provando le differenti specialità di ogni posto. In molti di questi bar verranno offerte quando ordinate da bere e in altri bisognerà pagarle a parte.

Per arrivare al Barrio del Húmedo con una piacevole passeggiata, vi consigliamo di continuare sulla riva del fiume fino all’avenida de Ordoño II, dove, girando a sinistra, arriverete a Casa Botines. Non è il percorso più breve, ma permette di vedere meglio la parte più nuova della città.

Tutta l’area tra calle Ancha, Plaza Mayor e la Cattedrale è piena di bar e ristoranti. Assolutamente da provare la morcilla -questa si spalma e non si accompagna con il riso, diversamente da quella di Burgos- e la cecina (tipica carne essiccata).

Con queste prelibatezze ci salutiamo fino alla tappa successiva. Andremo a Astorga, che sarà il nostro ultimo giorno dal tracciato pianeggiante … Poi Bierzo e Ancares faranno da contrappunto a queste distese di campi di cereali!

Atardecer en el Camino de Santiago

Tramonto sul Cammino di Santiago

TAPPA 7: DA BURGOS A CARRIÓN DE LOS CONDES – CAMMINO FRANCESE IN BICICLETTA

Distanza da Santiago: 487 km

Distanza di tappa: 86 km

Tempo stimato: 6 – 6,5 ore

Quota minima: 773 m

Quota massima: 930 m

Difficoltà della tappa: Media

Luoghi di interesse: Castrojeriz, Frómista, Villalcázar de Sirga, Carrión de los Condes

Mappa di itinerario: Per vedere il percorso su Google Maps fare click qui

Etapa 7 del camino de santiago en bici que va desde Burgos a Carrión de los Condes

Fare click sull’immagine per ingrandire

In questa tappa attraverseremo tutta la campagna di Burgos per entrare in Palencia, parte della cosiddetta “Tierra de Campos”. Il nostro corpo e la nostra mente si saranno già abituati percorrere paesaggi molto più omogenei di quelli precedenti in cui l’altimetria, ben equilibrata, viene interrotta da colline che si innalzano all’orizzonte come statue e che a volte ci toccherà superare.

C’è chi non apprezza questa parte del Cammino Francese e tenta di attraversarla il più rapidamente possibile, considerando questo paesaggio come monotono e senza alcuna attrattiva. E’ vero che questa parte è dura – soprattutto d’estate – ma è anche un tratto fondamentale del pellegrinaggio: l’immagine delle sue campagne è una delle più riconoscibili del Cammino. I nostri occhi si poseranno per km su questa immagine da cartolina, un percorso in linea retta fiancheggiato da campi dorati in cui a volte si stagliano solide quercie. Facilmente rimarrà impressa nella nostra retina e sarà fonte di pace e armonia per il futuro, quando ci ricorderemo della serenità del pellegrinaggio e della grande opportunità che ci offre di concentrarci su noi stessi.

Dimentichiamoci per adesso del mondo, in cui l’importante è l’immediato, la novità e il continuo cambiamento. Al contrario, lasciamo che l’armonia e la pace del paesaggio intorno a noi alimentino la nostra introspezione. Il pellegrinaggio ci regala tempo per pensare e, senza complicare ciò che è semplice, ricordiamoci di Machado, Unamuno o Fernàn Gonzàlez e troveremo nella Castiglia un mondo pieno di sfumature, di ricchezza paesaggistica e umana.

PROFILO E PERCORSO GENERALE DELLA TAPPA

Questa tappa corre per la maggior parte su piste di terreno stabile tra i campi e, alla fine, su strade regionali asfaltate. In generale, il profilo è piuttosto regolare e le differenze di quota si superano su lunghe distanze,, quindi le discese saranno dolci e piacevoli. Le salite non saranno troppo dure.

Ci sono solo tre punti in cui potremmo avere dei problemi con il percorso:

  • Arrivando a Hornillos e a Hontanas ci sono due rampe in discesa che sono da menzionare ma che non presentano molta difficoltà tecnica. Bisogna tenere conto che, soprattutto a Hontanas, la differenza di quota è tale per cui il paese non si vede fino all’ultimo, e quindi il tratto è psicologicamente impegnativo perché sembra che, per quanto si pedala, non si proceda.
  • L’Alto di Mostelares è un altro punto complicato, subito all’uscita di Castrojeriz. Qui si sale di 140 m in poco più di 1 km, con una pendenza relativa media dell’11%. La discesa è ugualmente vertiginosa, su terra stabile con piccole pietre sciolte.
Cuesta llamada "Matamulos" que baja hasta Hornillos del Camino

Discesa in costa fino a Hornillos del Camino, denominata “Matamulos” (Fotografia ceduta da Jorge Gañàn)

In realtà, le maggiori difficoltà in questa tappa sono i km e, soprattutto d’estate, le lunghe distanza senza ombra tra le cittadine e i servizi. Di certo è più lunga delle tappe precedenti ma la pianura aiuta a percorrerla rapidamente e il terreno è favorevole.

Per uscire da Burgos bisogna attraversare il campus universitario di San Amaro dove, dopo aver attraversato il ponte sull’Arlanzòn, possiamo prendere la pista ciclabile fino a quando la N120 devia verso sinistra e i segnali ci indicano di attraversare il passaggio pedonale verso calle Benito Pérez Galdòs. A questo punto abbiamo due opzioni: attraversare e prendere il cammino originale o deviare e prendere la N120 fino a Tardajos.

Se andiamo per la via tradizionale prenderemo calle Benito Pérez Galdòs. Percorrendo quindi un sentiero di terra fino ad arrivare alla zona municipale di Villalbilla di Burgos, dove attraverseremo prima la ferrovia, poi la BU600 con un cavalcavia e infine la A-231. Il cammino quindi corre parallelo alla N-120 fino a Tardajos.

A Tardajos, ci allontaniamo dalla N-120 e non la ritroveremo fino ad arrivare a Carriòn de los Condes. Per questo, per vedere le località giacobine in questa tappa è necessario seguire il cammino tradizionale. Per la maggior parte del tempo il fondo sarà di terra, anche se in alcuni tratti del Cammino di Santiago coincide con piste asfaltate o strade regionali.

Tardajos e Rabé de las Calzadas sono unite da una pista asfaltata di 1,5 km. Dopo aver attraversato il paese, bisogna percorrere 8 km fino a Hornillos del Cammino su un sentiero tra i campi. Si comincia con una salita dolce ma costante di 4 km fino ad arrivare ad un passo (917 m di quota) da cui si scende comodamente fino a Hornillos.

Sendero que lleva desde Rabé de las Calzadas a Hornillos del Camino en una parte del camino francés

Sentiero da Rabé de las Calzadas a Hornillos del Cammino ( Fotografia ceduta da Jorge Gañàn)

All’arrivo abbiamo davanti 11 km fino ad Hontanas su un altro sentiero in cui l’unico punto con servizi che c’è è l’ostello di San Bol, in una deviazione a sinistra al km 6. Durantequesto tratto raggiungiamo la quota massima della tappa (930 m).

Il sentiero termina con una rampa di 200 m in cui scendiamo per 50 m di differenza di quota fino al centro della cittadina di Hontanas (km 31 della tappa).

Personas haciendo el Camino en bici en el trazado que lleva a Hontanas

Cammino a Hontanas (Fotografia ceduta da Hans-Jakob Weinz)

Da Hontanas dobbiamo percorrere 10 km fino a Castrojeriz. I primi 5 km prevedono una maggior difficoltà tecnica, dato che il sentiero si trova sulla costa di una collina e ci sono pietre sciolte. Il Cammino di Santiago in seguito coincide con una strada locale che passa per le rovine del monastero di San Antòn e arriva a Castrojeriz. Vista la difficoltà del primo tratto, Tournride vi consiglia – soprattutto in momenti di grande affluenza di pellegrini – di prendere la strada locale già da Hontanas, all’uscita del paese.

Dopo aver attraversato Castrojeriz ci dirigiamo verso Itero de la Vega, da cui ci separano 11 km. A metà, incontriamo il già menzionato Alto de Mostelares, dove vi consigliamo di ricompensare la fatica della salita con il bellissimo paesaggio che offre e di prestare molta attenzione nella discesa.

Vista desde el alto de Mostelares con el cerro de Castrojeriz al fondo

Cerro di Castrojeriz visto dall’alto di Mostelares (Fotografia ceduta da Santiago Lòpez-Pastor)

Prima di arrivare a Itero de la Vega, attraversiamo il fiume Pisuerga su un grande ponte di pietra che segna il confine tra Burgos e Palencia. Il cammino originale gira subito a destra su un sentiero di terra che va verso Itero e da lì a Boadilla del Cammino ma, se preferite, potete continuare diritto per la P432 fino a Boadilla (1 km in meno che prendendo il sentiero).

Se prendete il cammino tradizionale uscendo da Itero de la Vega percorrerete 8 km tra i campi fino a Boadilla del Cammino (km 60 della tappa): la prima metà in leggera salita e la seconda in lieve discesa.

Ciclistas que van de camino a Frómista por un terreno llano

Cammino a Fròmista (Fotografia ceduta da instant10)

Da Boadilla del Cammino mancano solo 5 km a Fròmista, con un percorso in piano su un sentiero che percorre la riva sud del Canal de Castilla. Attraversiamo il canale poco prima di entrare nella cittadina attraverso una chiusa manuale del S. XVIII e arriviamo al centro città.

Esclusas de piedra situadas en el Canal de Castilla

Chiuse del Canal de Castilla

Il Cammino tra Fròmista e Carriòn de los Condes corre sempre parallelo alla P-980 sotto forma di un sentiero di ghiaia, quindi possiamo scegliere se prenderlo o andare sulla strada. Si tratta di 20 km in cui ogni 3,5 o 6 km c’è un centro abitato: Población de Campos, Revenga de Campos, Villarmentero de Campos y Villalcázar de Sirga. Poblaciòn de Campos, Revenga de Campos, Villarmentero de Campos e Villalcàzar de Sirga. Il tracciato è in leggera salita per i primi 17 km e in lieve discesa, anche se quasi impercettibile, alla fine.

A Poblaciòn de Campos, prima di attraversare il ponte sul fiume Ucieza, c’è una deviazione che indica un percorso alternativo per Villarmentero che segue la riva nord del fiume. Se non prenderete la P-980 perché preferite i sentieri, questa potrebbe essere una buona opzione. E’ un percorso più tranquillo e ci sono meno pellegrini a piedi.

Peregrina en el sendero hacia Villalcazar de Sirga

Sentiero verso Villalcàzar da Sirga (Fotografia ceduta da José Antonio Gil Martìnez)

In generale, la tappa 7 da Burgos a Carriòn de los Condes è lunga ed è caratterizzata da piste tra campi di cereali, che uniscono popolazioni separate da distanze tra i 5 e gli 11 km. L’eccezione è la parte finale, tra Fròmista e Carriòn de los Condes, più popolata e su strada locale. Il profilo della tappa del Cammino di Santiago in bicicletta non presenta grandi complicazioni, tranne che nella salita e discesa all’Alto de Mostelares, dove è opportuno aumentare la precauzione.

CONSIGLI PRACTICI

  • Burgos è il punto di incontro di diverse vie di comunicazione, quindi se il vostro percorso inizia da qui, non avrete problemi ad arrivarci. Vi offriamo alcune opzioni:
  1. Autobus: La stazione si trova qui  e tutti i giorni ci sono collegamenti con le principali città di Spagna. Tra le compagnie che offrono tratte dirette con la città ci sono Alsa e Autobuses Jiménez.
  2. Treno: La stazione si trova quì e in modo diretto o indiretto collega Burgos con le principali città spagnole. Per maggiori informazioni potete consultare la pagina di Renfe.
  3. Auto: Burgos ha buoni collegamenti con tutte le capitali circostanti e, da lì, con il resto della penisola iberica. Se nessun conoscente vi può accompagnare, potete sempre far ricorso a piattaforme come Blablacar.

Nonostante ci sia un aeroporto a Burgos, e di fatto il Cammino di Santiago Francese lo costeggi all’entrata della città, come già abbiamo visto nella tappa anteriore, attualmente non ci sono voli commerciali disponibili.

Ricordate che noi di Tournride vi consegnamo le biciclette per il vostro Cammino di Santiago al vostro alloggio a Burgos se iniziate da lì  e possiamo anche farci carico del vostro equipaggio in più e portarlo per voi al punto in cui terminerete il cammino..

  • Fate sempre attenzione alle distanze tra le zone abitate, soprattutto in estate. Undici km possono essere molto lunghi se non siamo ben riforniti di acqua o di cibo.
  • Evitare in estate di pedalare durante le ore centrali della giornata dato che ci sono tratti chilometrici senza un poco di ombra per ripararsi dal sole.

ITINERARIO DETTAGLIATO E PATRIMONIO STORICO-ARTISTICO

In questa tappa ci addentreremo completamente nei campi della Castiglia.. Il loro colore dorato tingerà il cammino tra gli scorci delle diverse cittadine che, molte volte, offrono un patrimonio che ci stupirà. Scopriremo piccole e gradevoli cittadine come, tra le altre, Castrojeriz, Fròmista e Carriòn de los Condes, che hanno molto da offrire a livello culturale.

Inoltre però, durante il cammino troveremo luoghi tanto impressionanti come le rovine del convento di San Antòn o gli scorci che ci offrirà il passo di Mostelares.

Panorámica desde el alto de los Mostelares con campo llano al fondo

Panoramica dall’alto di Mostelares (Fotografia ceduta da total 13)

USCIAMO DA BURGOS E ATTRAVERSIAMO LE CAMPAGNE FINO A “CADERE” AD HONTANAS

Noi di Tournride sappiamo bene che l’uscita dalle grandi città può risultare confusa per i pellegrini in bici, , dato che a volte i segnali sono un poco nascosti. Nella mappa trovate il tracciato, che qui vi descriviamo in dettaglio.

Ponendo come punto di partenza l’ostello municipale, bisogna proseguire su calle Fernàn Gonzàlez lasciando la cattedrale alla nostra sinistra. Arriviamo così all’Arco di San Martìn. Questo arco ha forma di ferro di cavallo ed è fatto di mattoni, perché costruito nel S. XIV da architetti moreschi, cioè cristiani che vissero in territorio musulmano.

Arco de San Martín hecho con piedra

Arco di San Martìn (Fotografia ceduta da Salvador G. de Miguel)

Attraversato l’Arco di San Martìn, le frecce indicano di scendere le scale che ci troviamo alla nostra sinistra, ma per noi è molto meglio proseguire dritto e girare dopo 60 m, evitando così gli scalini. Prendiamo calle Emperador, che girando a sinistra diventa calle Villalòn e ci porta ad attraversare l’Arlanzòn. Il ponte di pietra che ci permette di passare il fiume si chiama “dei malati” perché anticamente aveva accanto un ospedale di lebbrosi.

Dopo averlo superato entriamo nell’area del Parco del Parral e del campus Universitario. Anche se le frecce indicano il cammino centrale del parco, per noi è molto più comodo andare per la pista ciclabile che corre parallela alla N-120. Possiamo seguirla per 1,5 km, superando le tre rotonde in linea retta.

Quando la N120 gira a sinistra, ci viene indicato l’attraversamento pedonale verso destra per continuare su calle Benito Pérez Galdòs. Nonostante non sia il cammino tradizionale, sappiate che la N-120 vi porterà direttamente a Tardajos, prima cittadina della tappa. La distanza da percorrere è la stessa (7,5 km), ma senza incroci o deviazioni.

Se preferite andare per il tracciato originale del cammino, proseguite su calle de Galdòs fino a che diventa un sentiero di terra e asfalto e ci porta ad attraversare la ferrovia, la BU600 e l’autostrada. Il tratto finale coincide con la N-120 e ci lascia a Tardajos.

Tardajos e Rabé de las Calzadas sono uniti da una pista asfaltata lunga appena 1,5 km. Entrambe le località hanno un passato romano e, di fatto, sono situate in un punto strategico dove confluivano diverse strade (“Calzadas”), tra cui la “Vìa Quinta” che univa Clunia -nel sud di Burgos- con Sahagún. Il nome di Rabé “de las Calzadas” deriva da questo.

Il fiume Urbel corre verticalmente tra le due cittadine e nel Medio Evo esondava frequentemente. Questo danneggiava molto il cammino tra le due località e indeboliva le comunicazioni, e finì per generare questo detto: “Da Rabé a Tardajos non mancheranno le fatiche; da Tardajos a Rabé, liberaci Signore”.. Non preoccupatevi, al giorno d’oggi il cammino è molto più leggero!

Nel Medio Evo, Rabé de las Calzadas raggiunse un lustro maggiore di Tardajos, nonostante Tardajos avesse anche un ospedale per i pellegrini. Del castello e delle tre chiese che c’erano lì, oggi rimane molto poco e l’aspetto più caratteristico del posto è il palazzo di Villariezo -che vediamo all’entrata del paese-, del S. XVII.

Rabé de las Calzadas con casas de piedra y un jardín

Rabé de las Calzadas (Fotografia ceduta da total 13)

Da Rabé a Hornillos ci sono 8 km che dovremo percorrere su un sentiero di terra tra i campi. La prima metà è in costante salita e, arrivando in cima, vedremo una discesa in costa fino a Hornillos, che si trova in una valle. Per i pellegrini a piedi la discesa è dura, soprattutto con il carico pesante, il tratto è lungo – di fatto è noto come “Matamulos”-, ma in bicicletta questo tratto del Cammino di Santiago non presenta difficoltà.

Bajada a Hornillos por un sendero estrecho con campo verde alrededor

Discesa verso Hornillos (Fotografia ceduta da A. Herrero)

Arriviamo così al nostro km 21 della tappa, Hornillos del Cammino, con la sua tipica urbanizzazione giacobina. La sua via principale coincide con il Cammino Francese e va esattamente da est a ovest. Oggi offre ogni tipo di servizio, e come avviene normalmente in questo tipo di località, la sua chiesa spicca per altezza e dimensioni tra le piccole case a due piani. Originariamente c’era un ospedale per pellegrini che fu fondato dal re nel S. XII. In seguito, il monarca cedette l’intera cittadina ad un monastero benedettino francese.

Uscendo da Hornillos dobbiamo percorrere 11 km su un sentiero tra i campi, in leggera pendenza durante i primi 4 km e poi praticamente in piano fino ad arrivare alla valle di San Bol. Al km 6, c’è una deviazione segnalata a sinistra per il rifugio e ostello di San Bol. Visto il deserto di questa pianura, questo è un posto importante per i pellegrini a piedi che escono da Burgos e arrivano esausti a questo punto e quindi necessitano un punto di ristoro.

Hontanas si trova ad una quota più bassa, quindi non si vede da lontano. Quando ci arriveremo, una rampa di 200 metri ci lascierà nel centrocittà. La toponomastica della località proviene dalle antiche sorgenti (“fontanas”) che c’erano qui e che diventavano vere e proprie oasi di pace per i pellegrini medievali, dopo aver attraversato la precedente pianura senza ombra. Oggi offre tutti i servizi che i moderni viandanti possono necessitare.

Bajada a Hontanas por un pequeño camino con el pueblo al fondo

Discesa verso Hontanas (Fotografia ceduta da Hans-Jakob Weinz)

Prima di scendere in città, alla nostra destra vedremo un’area picnic accanto ad un piccolo eremo. Qui è custodita un’immagine di Santa Brìgida, una donna svedese nata da una familia di alto lignaggio all’inizio del S. XIV che ebbe visioni religiose fin da piccola e che intraprese il pellegrinaggio verso Santiago de Compostela, oltre che verso altre mete come la Terra Santa.

All’interno della cittadina, attirerà la nostra attenzione la chiesa che si trova nel centro, con una torre che supera in altezza tutte le altre costruzioni. Il tempio è dedicato all’Immacolata Concezione e ha un’origine gotica (S. XIV), anche se fu riabilitato successivamente nel S. XVIII, e quindi ha aspetto neoclassico. Questo si nota, per esempio, nell’uso di elementi classici per decorare la torre: archi a tutto sesto e frontoni (finiture a forma di triangolo).

RESPIRIAMO LA MAGIA DEL CONVENTO DI SAN ANTÒN E ARRIVIAMO A CASTROJERIZ, ULTIMA LOCALITA’ BURGOLESE

All’uscita di Hontanas le frecce indicano di attraversare la strada per prendere un sentiero che prosegue sul lato della collina e che in 4 km ci riporta nuovamente sulla strada. Dato che il sentiero è stretto e non ha nessun tipo di protezione, per evitare di cadere dalla collina, raccomandiamo evitare le frecce all’uscita di Hontanas e, invece che attraversare, proseguire sulla strada fino a Castrojeriz. Questo per precauzione visto che è una strada stretta e a doppio senso che, alla fine, dovremo condividere con i pellegrini a piedi.

Sei km e mezzo dopo l’uscita da Hontanas troveremo le impressionanti rovine del monastero di San Antòn. Tournride vi consiglia di fermarvi per entrare nel monastero, uno dei luoghi più enigmatici e spirituali del Cammino Francese.

Il primo aspetto che richiama l’attenzione è che la strada stessa passa sotto un imponente portico, formato da due grandi archi ogivali con contrafforti, che delimitano la facciata nord dell’antica chiesa. Il portone strombato ospita 6 archivolti ricchi di sculture, che sorprendono per il loro ottimo stato di conservazione. Sulla destra, fronte alla facciata, ci sono due nicchie nel muro. In realtà si trattava di dispense che venivano usate dai monaci per lasciare pane e vino per i pellegrini, giacchè questa località era focalizzata sin dalla sua fondazione al servizio dei viandanti.

Pórtico del antiguo monasterio de San Antón por el que pasa el Camino de Santiago a través de él

Portico dell’antico monastero di San Antòn, con sotto la strada su cui corre il cammino (Fotografia ceduta da Werner)

Il convento fu fondato nel S. XII, anche se i resti che vediamo oggi sono gotici (S. XIV), da qui l’uso dell’arco a ogiva. Nella Penisola Iberica, fu un centro molto importante per l’ordine di San Antonio fino a che nel S. XVIII il re Carlos III delegò la sua gestione all’ambito privato. Dalla confisca di Mendizàbal nel S. XIX, la località venne abbandonata e da quel momento iniziò il suo declino, anche se le buone finiture con cui è stato realizzato hanno impedito che collassasse del tutto. Nel 2002 iniziò un progetto di riabilitazione per la cura dei pellegrini e oggi è possibile dormirci, con gli stessi principi fondamentali che gli antoniani seguivano già da mille anni: gratuità e austerità.

Se si costeggia l’edificio si può entrare nella chiesa, oggi senza copertura, per il lato sud. Osservando la struttura potremo distinguere che è disposta su tre navate. Il muro dell’abside è abbastanza ben conservato, con grandi contrafforti che appoggiano sull’esterno e trafori nella parte superiore delle finestre.

Convento de San Antón hecho de piedra en ruinas

Convento di San Antòn (Fotografia ceduta da José Antonio Gil Martìnez)

In questa chiesa, oltre alla cura per il pellegrino, si portava avanti una delle pratiche che rappresentano la ragion d’essere dell’ordine antonino: la cura del “fuoco sacro. Questo male si conosceva anche come “fuoco sacro” ed era una condizione molto diffusa nel Medio Evo: causava la perdida delle estremità dopo aver sofferto dolori fortissimi. Oggi sappiamo che questa malattia era causata da un fungo parassita della segale e che per questo era molto comune, dato che questo cereale era uno dei principali alimenti della popolazione. Curiosamente, i monaci antonini riuscirono a scoprire l’origine e la cura di questa malattia secoli prima della scienza, usando grano e piante. Custodirono in segreto queste informazioni e, per questo, erano gli unici capaci di curarla. Tanto che il Fuoco Sacro iniziò ad essere conosciuto anche come “fuoco di Sant’Antonio” e, di fatto, molti infermi di questo male intraprendevano il cammino di Santiago solo per passare da questo monastero e curarsi.  

Dopo questa visita proseguiamo sulla strada per Castrojeriz, che vedremo all’orizzonte, nella parte bassa del fianco di una collina, sulla cui cima si trova un antico castello. Questo è un buon posto per fermarsi: è quasi a metà della tappa (41 km), offre ogni servizio ed uno dei posti più piacevoli che visiteremo oggi.

Pueblo de Castrojeriz con una enorme colina al fondo

Castrojeriz

Dopo Burgos, questa è la seconda località burgolese più grande del Cammino Francese e anche l’ultima per cui passeremo in questa provincia. Storicamente, ha rivestito molta importanza e sulla sommità del rilievo dov’è posizionata ci sono resti archeologici che risalgono al 1500 a.C, così come romani e visigoti: furono questi ultimi che costruirono lì un castello.

Ad ogni modo, quando iniziò realmente ad acquisire importanza fu dopo la Ripopolazione. Dopo due attacchi da parte degli arabi nei S. VIII e IX che distrussero le fortezze cristiane che si trovavano lì, questa località fu riconquistata e divenne un punto strategico per controllare tutto il territorio fino al Duero. Per questo, era di vitale importanza ripopolare la zona.

Per questo, a Castrojeriz fu garantito uno dei decreti piú importanti della Castiglia, che oggi rappresenta un interessante documento sociologico.. Nella tappa anteriore abbiamo visto come a Burgos fu concesso un privilegio per cui chi arava per primo un terreno ne acquisiva la proprietà – diventando di fatto un contadino libero. Qui invece veniva data l’opportunità ai contadini di conquistare una “seconda nobiltà”. L’unico requisito richiesto era che si procurassero un cavallo e andassero in guerra, diventando così cavalieri. Venivano chiamati “cavalleria villana” o “infanzonìa” e avevano accesso ad una serie di privilegi giuridici e fiscali.

Monumento a la concesión del Fuero con tumbas con flores

Monumento alla concessione del Decreto (Fotografia ceduta da Lancastermerrin88)

In una società tanto gerarchizzata come quella medievale, il fatto che fossero promulgati privilegi come questi era sintomo della tensione generata da secoli di lotte tra cristiani e arabi. Fa anche pensare al livello di violenza che doveva essersi instaurato nella società, se un qualunque contadino a cavallo venive considerato adatto alla guerra.

Oggi giorno, Castrojeriz è una cittadina che ha molto da offrire. Per prima cosa incontriamo, prima della collina, una splendida chiesa con un grande rosone sulla sua facciata occidentale.

Si tratta dell’ex collegiata di Santa Maria del Melo.. La sua costruzione iniziò nel S. XIII, nel momento del romanico, ma nel XV le sue coperture furono sostituite con altre in stile gotico e nel XVII fu ampliata. Al suo interno, si trova una figura gotica della Vergine che fu trovata, secondo la leggenda, dentro al tronco di un grande albero di mele a Castrojeriz.
Lì si costruì un eremo che fu via via ampliato fino a diventare il tempio che vediamo al giorno d’oggi, dove la scultura si guadagnò la fama di compiere miracoli. Era tanto conosciuta che Alfonso X “il Saggio”, narrò alcuni di questi miracoli nei suoi “cantici” (poemi) dedicati alla Vergine.

Colegiata de Santa María del Manzano

Collegiata di Santa Maria del Melo (Fotografia ceduta da José Antonio Gil Martínez)

Le strade a Castrojeriz sono disposte in modo parallelo tra di loro, sul fianco della collina e sono unite perpendicolarmente da scale. Per questo, ai ciclisti raccomandiamo di seguire la grande strada centrale, pedonale, che comunque vi porterà a passare per la maggior parte dei luoghi di interesse.

Incontrerete prima la chiesa di Santo Domingo –il tempio è gotico, anche se non semba a causa della torre plateresca del S. XVI-, poi l’ampia e porticata Piazza Maggiore e, alla fine, la chiesa di San Juan.

Plaza Mayor de Castrojeriz

Piazza Maggiore di Castrojeriz (Fotografia ceduta da Lancastermerrin88)

La chiesa di San Juan merita una fermata per visitare l’interno. Questo tempio fu disegnato da uno dei piú importanti architetti del gotico tedesco del S. XVI, chiamato Rodrigo Gil de Hontañón. Partecipò anche al disegno delle cattedrali di Salamanca, Segovia o Plasencia. Se vi è possibile, vi consigliamo di entrare nella chiesa per dare un’occhiata alle impresionanti volte con nervature che ricoprono gli ambienti alla stessa altezza nelle tre navate. Le colonne non hanno capitello e dalle colonnine escono nervature che si estendono fino al tetto come rami di alberi, in perfetta simmetria. Una vera e propria opera d’arte!

Pórtico de la Iglesia de San Juan

Chiesa di San Juan (Fotografia ceduta da Carlos Palacios)

A BOADILLA DEL CAMMINO: ATTRAVERSIAMO L’ALTO DI MOSTELARES E ENTRIAMO IN PALENCIA

Con questa preziosa immagine abbandoniamo Castrojeriz e, già sul sentiero in uscita, ci troviamo di fronte la visione dell’Alto di Mostelares. Dall’uscita del paese fino quasi ad arrivare a Pisuerga, il fondo sarà a tratti cosparso di piccole pietre.

Hermosa vista del amanecer en el Alto de Mosterales

Alba all’Alto di Mosterales (Fotografia ceduta da malditofriki)

Dopo aver attraversato il fiume Odrilla su un ponte di legno, iniziamo la salita. In media l’inclinazione è del 12%, a cui si può sommare l’azione del vento e l’intenso calore del sole. Breve ma intenso.

Attraversiamo l’altipiano sulla sommità e, quasi immediatamente inizia la discesa. Consigliamo prudenza dato che in poco meno di 1,5 km ci si abbassa di 115 m; il percorso è reso un poco piú semplice dal fatto che in parte è stato recentemente asfaltato.

Proseguiamo per 3 km sul sentiero, fiancheggiato costantemente dalla campagna burgolese. Il cammino termina su una strada locale e, in circa 900 metri vediamo una deviazione alla nostra sinistra per prendere il sentiero che ci porta a Puente de Itero.

Prima di arrivare al ponte vedremo una costruzione alla nostra destra: si tratta di uno degli ostelli più particolari del Cammino Francese. L’antico eremo di San Nicolàs de Puente Fitero, che fu abbandonato durante più di due secoli fino a che un cattedratico italiano decise di promuovere la sua riabilitazione come ostello. Qui si cena tutti insieme e ogni notte si svolge il rituale del lavaggio dei piedi ai pellegrini ospiti. Questa tradizione era diffusa tra i monaci nel Medio Evo. Luogo mistico e spirituale, offre un’esperienza indimenticabile.

Il ponte di Itero (o Puente Fitero) è uno dei più lunghi del Cammino Francese e sotto i suoi 11 archi scorre il Pisuerga, frontiera naturale tra Burgos e Palencia. Fu costruito nel S. XI e nel XVII fu riabilitato rispettandone la forme originale, con finiture di eccellente qualità.

Dopo il ponte il cammino prende a destra, verso Itero de la Vega. Itero de la Vega. “Itero” viene da “petra ficta” espressione latina che divenne “hito” o “mojon” (pietra migliare). Questo rispecchia la sua posizione di frontiera sulla riva (“vega”) del Pisuerga. Infatti, uscendo dal paese, , ci addentriamo già in Palencia e nella sua regione chiamata “Tierra de Campos” (Terra di Campi).

Campo de cereal durante el Camino de Santiago

Cereali sul Cammino (Fotografia ceduta da Instant2010)

Palencia condivide quest’area naturale anche con Valladolid, Zamora e Leòn. Insieme, producono un volume di cereali tanto elevato che vengono chiamati “Granaio di Spagna”. Di questo saremo noi stessi testimoni, dato che fino a Leòn dovremo pedalare per chilometri su sentieri di terra tra ettari di cereali dorati.

Camino empedrado de Itero de la Vega a Boadilla del Camino

Da Itero de la Vega a Boadilla del Cammino (Fotografia ceduta da Santi Garcìa)

Dopo aver percorso 8 km arriviamo a Boadilla (km 60 della tappa). In questo piccolo paese troveremo tutti i servizi di cui abbiamo bisogno. Nel centro si trova una specie di colonna di pietra che è, in realtà, una colonna giurisdizionale.

Queste colonne venivano erette nelle città per indicare la categoria amministrativa della popolazione e differenziarla dal resto. Si potevano innalzare solo dove c’era un sindaco che avesse la competenza per poter condannare a morte. Di fatto, sul palo venivano incatenati i condannati per esporli pubblicamente prima del giudizio. In questo caso, questo palo è del S. XVI e indica l’indipendenza del paese dalla vicina Castrojeriz.

La colonna giurisdizionale di Boadilla del Cammino spicca per altezza e decorazione, ed è una delle più importanti di Spagna. Anche se ce ne sono molte, se ne conservano poche, perchè la Costituzione di Càdiz (1812) ordinò di distruggerle tutte. Queste colonne erano simboli del potere politico e giuridico dei signori del territorio e la nuova legge abolì questi poteri. Per questo, solo rimangono le colonne delle località in cui si erano rifiutati di abbatterle.

Rollo jurisdiccional Boadilla, estatua de piedra en la plazaColonna Giurisdizionale di Boadilla (Fotografia ceduta da José Antonio Gil Martìnez)

Dopo la colonna vediamo la chiesa di Nostra Signora dell’Assunzione. Anche se il tempio ha origine romanica, quello che oggi visitiamo è del S. XV e XVI – di questo secolo spicca soprattutto la pala d’altare maggiore-. Delle sue origini è conservato un fonte battesimale di grandi dimensioni e abbondantemente decorato.

Pila bautismal en la Iglesia de Nuestra Señora de la Asunción

Fonte battesimale nella Chiesa di Nostra Signora dell’Assunzione (Fotografia ceduta da Davidh820)

IL CANALE DI CASTILLA CI PORTA A FRÒMISTA

Dopo essere usciti da Boadilla del Cammino sulla sua via principale una freccia ci segnala di girare a sinistra. In poco più di un km arriveremo alla riva del Canale di Castiglia, su cui percorreremo 3,2 km in piano fino a una chiusa attraverso cui attravarsare il canale e entrare a Fròmista.

Questo canale fu uno dei progetti di ingegneria più importante portato a termine in Spagna durante l’Illuminismo. Fu promosso da Fernando VI (1713-1759), un re influenzato da questa corrente culturale e intellettuale e portato a termine con il suo ministro il Marchese de la Ensenada. L’idea era dare uno sbocco all’eccedenza di cereali prodotti in Castiglia, visto che le comunicazioni con il resto della penisola in quest’area erano pessime e si voleva rivitalizzare la sua economia.

Canal de Castilla con un pequeño camino de tierra y el río al lado

Canale di Castilla (Fotografia ceduta da Jorge Gañàn)

L’ingegnere Carlos Lemaur progettò quattro canali che furono iniziati nel 1753. Si voleva unire Segovia con il mar Cantàbrico a Santander, ma questo rimase solamente un sogno sulla carta. Nonostante questo, si fecero 207 km di canale su cui circolavano le chiatte cariche di merci, trainate da cavalli. Divenne un importante motore per l’economia castigliana, il suo primo segnale di industrializzazione, anche se con l’avvento della ferrovia perse la sua utilità. Oggi è utilizzato per produrre energia idroelettrica e per scopi ricreativi (pesca, turismo, ecc.).

Il percorso sulle sue sponde diventerà una gradevole passeggiata che, attraversata la chiusa che permetteva di superare 14 metri di dislivello, ci porterà a Fròmista. Nella chiusa ci sono scale, quindi si può solamente attraversare il ponte passando sulla strada che si trova un poco più avanti.

Il cammino giacobino attraversa Fròmista per la sua parte bassa, quindi se vogliamo visitare alcuni dei suoi monumenti dovremo girare a destra quando arriviamo alla sua grande via centrale (Avda. Dell’Ingegner Rivera).

Fròmista è una delle località giacobine più conosciute. Nonostante conti meno di 1000 abitanti, offre un grandissimo patrimonio culturale, storico e gastronomico. Questa località è conosciuta anche come “città del miracolo”,, riferendosi ad una leggenda di un uomo che fu scomunicato per non aver restituito un prestito ad un ebreo. Risultò che, nonostante avesse restituito il prestito, quando molti anni più tardi morì e chiese di ricevere l’estrema unzione, il curato non potè farlo perchè il cilindro metallico con cui si accingeva ad ungerlo era rimasto incollato alla patena. Fino a che il malinteso non fu chiarito, non potè ricevere l’ultimo sacramento.

Però… cosa vale la pena visitare al giorno d’oggi a Fròmista? In primo luogo e come monumento più importante, la chiesa di San Martìn. Questo tempio ci viene in mente quando si parla di stile romanico, dato che è uno degli esempi di questo stile. Risale al finale del S. XI e inizio del XII. Nel S. XIX fu oggetto di una grande ristrutturazione.  

Iglesia de San Martín hecha con piedra

Chiesa di San Martìn (Fotografia ceduta da Miguel Cortés)

Questa chiesa trasmette molta bellezza per la semplicità e limpidezza delle sue forme, che giocano con i volumi in modo molto equilibrato. Consta di tre navate con abside semicircolare e volta a botte – la forma medievale più comune – ma sorprende il suo ciborio ottagonale con abbaini e con le due torri circolari della facciata occidentale. Normalmente le torri avrebbero dovuto essere quadrangolari, mentre queste ricordano l’arte carolingia o tedesca.

Inoltre, il tempio di San Martìn conserva una gran quantità di sculture decorative, molto ricche di dettagli. In ogni capitello, su ogni gronda del tetto, c’è una piccola scultura e all’esterno strutture a scacchi segnano tutta l’altezza dell’edificio. All’interno sorprende la decorazione dei capitelli.

Capitel de la Orestiada en San Martín de Frómista. En la restauración del S. XIX el original se llevó a un museo y aquí se puso esta copia

Capitello dell’Orestiade a San Martìn de Fròmista. Durante il restauro del S. XIX l’originale fu portato in un museo e qui venne posta questa copia (Fotografia ceduta da Àngel M. Felicìsimo)

Oltre alla chiesa di San Martìn, a Fròmista si trova anche il tempio di San Pedro, nella piazza di Tuy. Non è romanico, ma gotico, come si nota dalle sue volte agivali con nervature. La sua facciata è rinascimentale e una parte del tempio è occupata dal museo parrocchiale locale.

Sulla stessa grande strada che attraversa il paese, si trova la scultura del patrono di Fròmista: San Telmo. Questo santo nacque qui nel S. XII e percorse Asturia e Galizia predicando, specialmente con pescatori – per questo in questa scultura nel bel mezzo della pianura castigliana viene rappresentato in una barca-.

Estatua de hierra de San Telmo

San Telmo (Fotografia ceduta da Arte Historia)

DA FRÒMISTA A VILLALCÀZARDE SIRGA E ULTIMI CHILOMETRI FINO A CARRIÒN

All’uscita da Fròmista dobbiamo attraversare due rotonde sulla P-980 e, da lì, le indicazioni sono semplici: proseguire dritto sulla strada fino a Carriòn de los Condes. Il sentiero per i pellegrini a piedi segue costantemente parallelo la strada asfaltata, con in mezzo due pietre miliari ogni centinaia di metri.

Nonostante il sentiero sia abbastanza ampio, per noi è più comodo prendere la strada. Si tratta di circa 20 km in leggerissima salita, anche se sembrerà di essere in piano.

Camino de tierra entre Frómista y Carrión con señalización del Camino de Santiago

Cammino tra Fròmista e Carriòn de los Condes (Fotografia ceduta da Jorge Gañàn)

Durante il nostro percorso, lasceremo alla nostra destra quattro cittadine prima di arrivare a Carriòn de los Condes. Noi di Tournride sappiamo bene che dopo tutta la fatica fatta oggi sarete piuttosto stanchi, così vi offriamo semplicemente alcuni accenni di punti che possono risultare interessanti, nel caso in cui vogliate fermarvi.

Il primo centro abitato si chiama Poblaciòn de Campos. Qui troviamo tutti i servizi di cui abbiamo bisogno. Nel passato era molto legato all’Ordine di San Giovanni, e al giorno d’oggi sono degni di nota i suoi due eremi e la chiesa parrocchiale, dedicata a Santa Magdalena.

Prima di attraversare il fiume Ucieza su un ponte, all’uscita di Poblaciòn de Campos, c’è una deviazione che indica a destra. Si tratta di un cammino alternativo che possiamo prendere se vogliamo arrivare a Villovieco attraverso i campi.. Lí torneremo ad attraversare il fiume per prendere la P-980. La lunghezza dei due percorsi è praticamente la stessa.

Se prendiamo la P-980 invece che il cammino alternativo passeremo per Revenga de Campos. Sulla torre della chiesa di questo centro abitato fanno il nido le cicogne, volatile che trova in Castiglia uno dei migliori habitat di tutta Spagna.

Qualunque sia il percorso che decidiamo di prendere, passeremo per Villarmentero de Campos. Qui vale la pena nominare la chiesa di San Martìn de Tours. Anche se da fuori non richiama molto l’attenzione, l’interno offre uno splendido soffitto a cassettoni in stile mudejar: proprio cioè dei musulmani che vissero in questo territorio cristiano e crearono qui questo stupendo soffitto in legno.

Infine, la strada passa per Villalcàzar de Sirga prima di arrivare a Carriòn de los Condes. Dei quattro paesi di quest’ultimo tratto, Villalcàzar de Sirga ha il patrimonio culturale più degno di nota, soprattutto perchè ospita la chiesa di Santa Marìa la Blanca..

Vista sur de la iglesia de Santa María la Blanca en Villalcázar de Sirga

Vista sud della chiesa di Santa Marìa la Blanca a Villalcàzar de Sirga (Fotografia ceduta da José Luis Filpo Cabana)

Visto da lontano, il tempio sorprende per dimensione e robustezza, mentre all’interno meraviglia la sua delicatezza. La chiesa fu iniziata nel S. XII e fu molto legata all’Ordine dei Templari e della Corona.. Di fatto, alla Vergine Bianca che vien adorata in questo tempio, Alfonso X in Saggio dedicó dodici dei suoi “cantici“.

Quando nel 1312 si sciolse l’Ordine del Templari, la chiesa fu ceduta a una famiglia di alto lignaggio. La dissoluzione di questo ordine è passata alla storia grazie a numerose leggende, soprattutto a causa della sua improvvisa eradicazione. Di sicuro, dalla loro nascita nel 1118 i templari avevano accumulato così tanto potere che persino Filippo IV, re di Francia, doveva loro un’enorme quantitá di denaro. Per questo, imprigionò alcuni di questi cavalieri e li uccise dopo averli torturati, e fece pressioni anche sul papato perchè sciogliesse l’ordine, cosa che si verificò nel 1312.

Iglesia de Santa María La Blanca

Chiesa di Santa Marìa La Blanca (Fotografia ceduta da Ochoytres)

Se avete l’occasione di entrare nella chiesa, data un’occhiata alla sua pala maggiore e ai sepolcri policromi ricchi di bassorilievi, non ve ne pentirete!

Sepulcros en la Iglesia Santa Maria la Blanca

Sepolcri della chiesa di Santa Maria la Blanca (Fotografia ceduta da Guu)

Dopo quest’ultima visita percorreremo gli ultimi 7 km di tappa sulla P-980 e entreremo a Carriòn de los Condes sulla Via dei Pellegrini. Adesso manca solo godersi il meritato riposo!

UN POMERIGGIO A SPASSO PER CARRIÒN DE LOS CONDES

Carriòn de los Condes è uno di quei posti che, anche se di dimensioni non molto grandi e non molto popoloso – conta circa 2000 abitanti -, ha un grande percorso storico inciso nel suo patrimonio monumentale. Perse gran parte dei suoi monumenti durante la Guerra di Indipendenza, ma ugualmente conserva una moltitudine di tesori che vale la pena scoprire.
Tournride vi invita a godervi una passeggiata in questa località. La sua dimensione e la concentrazione dei punti interessanti permettono, in solo 30 minuti, di farsene un’idea generale. Per rendere più semplice l’esperienza, abbiamo preparato una mappa del percorso e vi diamo alcuni consigli su cosa vedere a Carriòn de los Condes.

A passeggiare! Non ve ne pentirete!

Salida de Carrión de los Condes por el Puente Mayor hacia Santiago de Compostela

Uscita da Carriòn de los Condes sul Ponte Maggiore

Carriòn de los Condes, dalle leggende di cavalli di Troia a una moderna città culturale

Noi di Tournride riteniamo che per poter apprezzare ciò che oggi visitiamo, è necessario comprendere come arrivò a generarsi. Per questo, cominciamo questa passeggiata fornendo alcuni riferimenti su dove si trova Carriòn de los Condes e sul suo sviluppo storico.

Carriòn de los Condes si trova nel centro della provincia palentina. La sua posizione priviliegiata sulla riva del fiume Carriòn, nell’arida pianura della Castiglia, ha permesso che fosse abitato fin dalla preistoria. Comunque, il primo insediamento urbanizzato si ritiene che fosse celtìbero.

S. I a.C. i Romani arrivarono qui e rasero al suolo quello che trovarono, creando un nuovo insediamento che, quando l’impero cadde in Occidente nel S. V, i visigoti presero sotto il loro controllo. A nord-est della riva destra del fiume Carriòn costruirono un castello di cui oggi non rimengono tracce.

Gli arabi prendono possesso di questa fortezza nel S.VIII, chiamandola Monte Argel. Dal tentativo di un cavaliere asturiano dei tempi di Alfonso II “el Casto” di riconquistare la cittadella dagli arabi nasce una delle leggede più famose della città che, anche se ingegnosa, non è esattamente una ”novità” storicamente parlando.

Nell’ “Iliade” Omero narra come l’esercito degli Achei riuscì ad entrare a Troia dopo anni di assedio. Racconta che i greci simularono una ritirata, lasciando un cavallo dal ventre cavo alle porte della città, e che i troiani, credendo che si trattasse di un dono per la dea Atena,lo portarono dentro alle mura cittadine. Alla notte, i guerrieri greci nascosti nel ventre del cavallo aprirono le porte della città e l’esercito la devastò.

In questo caso, si dice che i cristiani usarono carri di carbone, invece che un cavallo come a Troia, per riscattare il castello di Monte Argel. Misero armi tra il carbone e si travestirono da carbonai, facendo finta davanti agli arabi di voler entrare nel castello solo per vendere la loro mercanzia. Quando entrarono, aprirono il fuoco e quando gli arabi fuggirono dal castello caddero nell’imboscata dell’esercito cristiano, che li aspettava fuori dalle porte.

Iglesia de Nuestra Señora de Belén al lado del Río Carrión, antiguo emplazamiento del castillo medieval Monte Argel

Chiesa di Nuestra Señora de Belén accanto al Rìo Carriòn, antico sito del castello medievale Monte Argel

Grazie a questa tecnica ingegnosa, il castello tornò in mano ai cristiani e, lì intorno iniziò a svilupparsi un nucleo abitato, che arrivò ad essere piuttosto importante nel Medio Evo. L’installazione era inizialmente un “condado” (contea), cioè un territorio retto da un conte che dipendeva dalla famiglia reale. Le visite reali donarono alla città molta importanza e molte famiglie di alto lignaggio si concentrarono lì.

Di fatto, il nome di “los Condes” (I Conti) deriva dal fatto che ci furono diverse lotte di potere tra le famiglie per controllare il sito e, nel S. XV, tre famiglie differenti di conti firmarono un patto per non perdere il potere di fronte ad un altra famiglia di conti. Carriòn rimarrà una contea fino a che cambiò l’ordine territoriale e si convertirá in un municipio, ormai nell’Età Moderna.

Lo splendore del Medio Evo crebbe con la costruzione di una gran quantità di edifici di grande valore artistico, sia civili che religiosi. Nei monasteri si concentravano molti ordini religiosi– diretti dalla gran parte della nobiltá delle famiglie di Carriòn– e la classe alta costruí case blasonate di pietra. Inoltre, Carriòn rivestiva una grande importanza commerciale ed era fermata obbligatoria del Cammino Francese. Si verificava quindi in questa località un gran flusso di persone e merci. Arrivò ad avere addirittura 15 ospedali per malati e pellegrini e alla fine del S. XV contava 6000 abitanti.

Oltre che per tutto questo, dal S. XI Carriòn aveva anche guadagnato notorietà perchè una famiglia di principi non ereditari portò in un monastero di questa località delle importanti reliquie di santi romani. Tra questi, quelle di San Zoilo, un martire decapitato a Còrdoba per aver predicato nel S. IV, quando il cristianesimo era ancora perseguitato.

Nel S. XVI la planimentria della città era già simile a quella che vediamo ora, ma inizia ad avanzare una recessione causata dalla peste e dalle eccessive tasse qche venivano applicate, che fecero diminuire il commercio. Inoltre, il pellegrinaggio non portava lo stesso flusso di persone che i secoli precedenti. Arrivò a contare circa 600 abitanti, ma grazie all’introduzione da parte del re di un “porto franco” settimanale (libero da imposte) iniziò a rifiorire e, con esso, la vita a Carriòn. Nel S. XVII arrivò a commerciare addirittura con Flandes o Francia e nel secolo seguente la situazione si mantenne stabile.

Nel S. XIX avviene uno degli accadimenti più tragici per la città. Con l’occupazione napoleonica in Spagna si scatena la Guerra di Indipendenza e Carriòn de los Condes si converte nello scenario dello scontro. Il capo della resistenza castigliana decise di incendiare tutti gli edifici importanti di Carriòn per evitare che i francesi arrivassero e ne prendessono potere e ci si rifugiassero. Bruciarono conventi e chiese e, ancora più importante, tutti gli archivi dove erano custoditi i documenti storici di Carriòn de los Condes.

Questo incendio, sommato alla confisca – che svuotò tutti i conventi maschili della città – cambiò moltissimo l’urbanizzazione. Parte degli edifici incendiati o abbandonati vennero usati per costruirne altri nuovi, come il Municipio o la Piazza del Mercato. Carriòn de los Condes durante questo secolo e il seguente seguì un percorso di modernizzazione, diventando alla fine l’attrattiva località che vediamo oggi.

Cominciamo a camminare e, per cambiare… andiamo da est verso ovest! Dal convento de Santa Clara all’interessante facciata della chiesa di Santiago

Usciamo dal lato sudest di Carriòn, vicino a dove siamo entrati sulla P-980. Lì si trova il Monastero Reale di Santa Chiara, la nostra prima fermata.

Santa Chiara era italiana e fu la prima donna a scrivere una regola monastica per donne, nel S. XIII. Due discepole dirette di Santa Chiara fondarono questo convento nell’anno 1231, e questo lo rende uno dei più antichi di Spagna.. Inoltre, occupa una grande estensione di terreno ed ha funzionato in maniera quasi continua.

Real Monasterio de Santa Clara

Real Monastero Reale di Santa Chiara (Fotografia ceduta da Lala)

Architettonicamente, resta poco dell’edificio originale del S. XIII. Quello che vediamo oggi è la sovrapposizione di restauri, il più importante del S. XVII, che avvenne quando il monastero raggiunse il suo massimo spendore durante la reggenza di Suor Luisa dell’Ascensione. Questa abbadessa divenne molto influente. Di fatto, fu ella che ottenne dal re di organizzare una fiera libera da tasse per tornare a far fiorire il commercio dopo la recessione del S. XVI.

Si dice che il monastero sopravvisse in buono stato durante la Guerra di Indipendenza grazie all’astuzia delle monache che fecero un patto con in Francesi secondo cui le monache avrebbero loro offerto tutti i pomeriggi una cioccolata calda se rispettavano il monastero. Che sia vero o no, il monastero passò indenne la guerra e, di fatto, le monache che oggi vivono lì continuano a preparare tipici dolci.

Il convento ospita oggi un museo, tra i cui beni spicca l’impressionante collezione di presepi del mondo: statuette che rappresentano la nascita di Gesù, portate da tutto il mondo. Vale anche la pena visitare la chiesa, con la sua pala d’altare incentrata su una scultura di Santa Chiara.

Alla porta nord si trova un pozzo. Visto che molti pellegrini a piedi bevevano da questo pozzo, fu chiamato il pozzo “dei Pellegrini” o “della Salute”. Si considerava che questa fonte fosse esattamente alla metà del Cammino di Santiago venendo dalla Francia, anche se oggi si ritiene che questo punto sia un poco più avanti, oltre Sahagún.

Seguendo calle di Santa Chiara e attraversando la strada, passiamo per il chiosco di informazione turistica e arriviamo alla chiesa di Santa Maria del Cammino. In questo tempio del S. XII, di notevoli dimensioni per essere romanico, tutti i pomeriggi viene celebrata una messa di Benedizione dei Pellegrini.

Percorrendo tutta la via pedonale, punteggiata da locali e negozi – molti di questi specializzati in servizi ai pellegrini – arriviamo a Piazza Maggiore. Questo sarà il punto in cui ci fermeremo ma, prima, proseguiremo la nostra visita andando verso la chiesa-museo di Santiago, , che si trova proprio nell’area pedonale e fa parte del patrimonio più importante di Carriòn. Ci soffermeremo principalmente sulla sua bellissima facciata principale.

Iglesia de Santiago

Chiesa di Santiago (Fotografia ceduta da Zarateman)

Quello che oggi è la chiesa di Santiago, formava parte di un congiunto monastico costruito nel S. XII, che contava anche con un ospedale di pellegrini. Nonostante sia stato uno degli edifici più colpiti dall’incendio del 1811, parte della chiesa sopravvisse e nel 1931 fu dichiarata Monumento Storico Artistico e, nel 2000, Bene di Interesse Culturale. La sua ricostruzione dopo l’incendio fu portata a termine nel 1849, momento in cui venne anche creata Piazza Maggiore e il Municipio di fronte – tutto questo con materiale proveniente da antichi conventi-.

Oltre alla collezione museale che ospita al suo interno, La sua facciata principale, medievale, è veramente degna di nota. Vediamo lì una porta a forma di arco con un fregio orizzontale superiore che corre lungo tutta la facciata. L’arco che si trova a destra e che dà accesso al viale che costeggia la chiesa, fa parte dell’antico monastero.

Portada de la Iglesia de Santiago

Facciata della Chiesa di Santiago (Fotografia ceduta da José Luis Filpo)

La porta della chiesa di Santiago è decorata da un impressionante archivolto ricco di figure che, in questo caso, non rappresentano personaggi biblici ma piuttosto i mestieri medievali che si svolgevano a Carriòn durante il Medio Evo. Ci sono 22 figure umane e ognuna rappresenta un mestiere differente: maniscalco (rappresentato con il cappello ebraico), alchimista, calzolaio, menestrello, scrivano, monaco, arpista, giudice, guerriero, prefica, sarto… Attira l’attenzione, a livello di curiosità, la notevole figura sulla destra, che rappresenta una ballerina contorsionista, in una posizione quasi impossibile e vestita in modo provocante.

Sotto l’arco, due colonne con capitelli incisi incorniciano la porta. In quello di sinistra vediamo il BeneSotto l’arco, due colonne con capitelli incisi incorniciano la porta. In quello di sinistra vediamo il Bene, sotto forma di due protettori che impediscono che un un leone (il demonio) si porti via l’anima di una persona mentre la trasportano verso il cielo In quello a destra, invece, si rappresenta il contrario: il Male come tortura di un uomo nudo che viene continuamente morso da alcuni cani senza essere mai ucciso.

Capitel "del Bien" en la portada de la iglesia de Santiago

Capitello “del Bene” sulla facciata della chiesa di Santiago (Fotografia ceduta da Zarateman)

Sopra la porta vediamo un fregio che ci può ricordare quello che abbiamo visto a Villalcàzar de Sirga, con un Cristo Pantocrate nel mezzo. Circondato dai quattro apostoli rappresentati dai loro simboli: Matteo un angelo, Marco un leone, Luca un toro e Giovanni un’aquila. Accanto, sono rappresentati gli apostoli, in gruppi di sei.

Pantócrator en Carrión de los Condes

Pantocrate a Carriòn de los Condes (Fotografia ceduta da Miguel Àngel Garcìa)

I realtà, tutto il muro della chiesa ha un significato. Sopra si trova Cristo come giudice e circondato dai suoi congiunti, coloro che, grazie ai propri meriti durante la vita si sono meritati un posto con Lui in Paradiso. Il libro delle leggi è chiuso perchè ancora non è arrivato il Giorno del Giudizio. Sotto ci siamo noi, la società – in quel momento la società medievale – portando avanti le nostre attività della vita quotidiana. Se ci “comportiamo bene” andremo verso la destra di Dio (il Bene) mentre se ci “comportiamo male”, alla sua sinistra.

Anche se al giorno d’oggi ci sembra molto difficile da decifrare, la gente nel Medio Evo lo intendeva immediatamente. Era una simbologia a cui erano abituati e si usava per istruire e guidare il popolo. Sarebbero come, cercando un’analogia nel mondo contemporaneo, i nostri segnali stradali – che noi comprendiamo ma che un abitante del medioevo non capirebbe-.

Continuiamo verso la chiesa di San Andrés e attraversiamo il ponte a San Zoilo

Proseguiamo lungo la via pedonale fino a che diventa di nuovo carrozzabile e, in calle Hortaleza, giriamo a destra per visitare la chiesa di San Andrés, nota come la “Cattedrale di Carriòn de los Condes”. Anche se precedentemente qui c’era una chiesa romanica, nel XVI fu sostituita dalla chiesa che vediamo attualmente, secondo un progetto di R. Gil di Hontañòn – maestro di cui abbiamo già parlato per il suo progetto di San Juan a Castrojeriz-. L’interno è lumonoso e di grandi dimensioni.

Uscendo dalla chiesa percorriamo tutta calle Hortaleza fino al Ponte Maggiore. Questo ponte è una ricostruzione del S. XVI. Il primo ponte era del S. XI, e fu costruito per unire il monastero di San Zolio con la città di Carriòn – anche se in quel momento entrambi i territori funzionavano in modo indipendente -.Il ponte originale aveva porte ai suoi estremi, dove si richiedeva un pedaggio sia ai commercianti sia ai pellegrini. Per questo, alcune persone lasciavano nel loro testamento del denaro per pagare il pedaggio ad un certo numero di poveri o di pellegrini, come opera di bene.

Puente sobre el Río Carrión, en Carrión de los Condes

Ponte sul fiume Carriòn, a Carriòn de los Condes (Fotografia ceduta da Diario de un Caminante)


Dopo aver attraversato il ponte vedremo di fronte a noi, a solo 200 metri, la facciata borocca del
Monastero di San Zoilo, che oggi funge da hotel. Questo monastero era noto tra i pellegrini medievali perchè, come oggi a Iratxe viene regalato vino,qui veniva dato ai pellegrini tutto il pane e il vino che desideravano. Oltre ai pellegrini, ci andavano i re e, di fatto, qui si sposò Fernando III il Santo nel S. XIII.

Foto del Monasterio de San Zoilo con los jardines y árboles al fondo

Monastero di San Zoilo (Fotografia ceduta da Miguel Àngel Garcìa)

Dell’edificio originale resta poco e, del suo insieme risalta soprattutto il chiostro del S. XVI. Gli scultori che parteciparono, decorarono profusamente colonne e capitelli, così come le volte dell’interno porticato.

Claustro del Monasterio de San Zoilo en un día soleado

Chiostro del Monastero di San Zoilo (Fotografia ceduta da Valdavia)

Terminiamo ritornando alla riva est del fiume Carriòn: visita agli edifici civili e meritato festino nei dintorni di Piazza Maggiore

Dopo questa visita attraverseremo di nuovo il ponte e quindi giriamo a destra seguendo la riva del fiume. In calle Ruiz Giròn, che attraversiamo in pochi metri, possiamo dare un’occhiata a una delle poche case di grandi famiglie aristocratoche che si conservano al giorno d’oggi, visto che la maggior parte fu distrutta nell’incendio del 1811. La Casa Giròn è del XVIII e nella sua facciata possiamo ammirare gli scudi della famiglia così come le belle ringhiere.

Torniamo su calle Adolfo Suàrez e giriamo a sinistra arrivando, in meno di 100 metri, alla Piazza Maggiore. Lì potremo vedere il Municipio, costruito nel 1868 dopo che l’incendio distrusse la versione precedente. Si tratta di un edificio di grande solidità, con una base di pietra che proviene da abbazie e conventi ormai scomparsi.

Plaza Mayor de Carrión de los Condes

Piazza Maggiore di Carriòn de los Condes (Fotografia ceduta da Santiago Abella)

Vicino alla piazza, cuore pulsante di Carriòn de los Condes, si trovano un gran numero di locali che offrono accoglienza turistica in cui potremo goderci il meglio della gastronomia palentina: arrosti, agnelli da latte, granchi del Pisuerga, ecc. Se vi piacciono i dolci, sappiate che questa localitá ospita una gran tradizione pasticciera di eredità monastica. A Carriòn sono particolarmente note le garrapiñadas (frutti secchi glassati e croccanti) e le paste sfoglie.

Dovo aver chiuso questa lunga tappa con una visita completa come questa, ci manca solo riposare un po’ per affrontare la tappa di domani nella miglior forma mentale e fisica. Domani entreremo a Leòn, in una tappa che sarà la più lunga in termini di km, anche se con un profilo tranquillo. Passando Sahagún, avremo già percorso la metà dell’itinerario verso Santiago.

Pronti per passare l’equatore del vostro cammino?

TAPPA 6: DA SANTO DOMINGO DE LA CALZADA A BURGOS – CAMMINO FRANCESE IN BICICLETTA

Distanza da Santiago: 562 km

Distanza di tappa: 75 km

Tempo stimato: 6 – 6,5 ore
Quota mínima: 640 m

Quota massima: 1165 m

Difficoltà della tappa: Alta

Luoghi di interesse: Belorado, Villafranca de Montes de Oca, San Juan de Ortega, Atapuerca, Burgos

Mappa dell’itinerario:
Per vedere il percorso su Google Maps fare click qui

Mapa de la etapa 6 del Camino de Santiago en bici desde Santo Domingo de la Calzada a Burgos


Fare click sull’immagine per ingrandire

Questa tappa è più difficoltosa principalmente a causadell’incremento di km rispetto alle tappe percorse fino ad ora e anche perché ci troveremo ad affrontare alcune rampe pesanti con, a volte, un fondo di pietre libere; questo va ad aumentare la difficoltà tecnica. In ogni modo, nel testo e nella mappa di questa tappa potrete trovare strade alternative. 

I tratti più complessi saranno alcuni salti pronunciati sui Montes de Oca e, in seguito, all’attraversare la Sierra de Atapuerca. Lì supereremo 100 metri di dislivello in poco più di un km, per abbassarci poi di 140 m in 3 km in elevata pendenza.

In generale si possono seguire i sentieri originali del Cammino per tutta la tappa anche se, in molti casi, corrono paralleli alla N120 o ad altre strade locali. In alcuni punti Tournride vi consiglia di prendere la strada, soprattutto se le condizioni metereologiche non sono buone, il fondo è fangoso o se c’è molta gente, visto che alcuni sentieri sono veramente stretti. Vi segnaliamo i punti dove ci si ricongiunge con il sentiero.

Vista panorámica de la sierra de Atapuerca

Panoramica della sierra de Atapuerca

PROFILO E PERCORSO GENERALE DELLA TAPPA

Usciamo da Santo Domingo de la Calzada e, dopo aver attraversato il ponte, possiamo proseguire direttamente sulla Strada di Burgos.  Il sentiero corre parallelo ad essa e, passati poco più di 2 km, troveremo un segnale di stop che ferma una delle due carreggiate. Lì vedremo il sentiero del Cammino alla nostra sinistra e potremo riprenderlo.

Da questo punto la via si fa più dura e fino a Grañón sarà impegnativa, soprattutto negli ultimi due km fino al centro del paese, che si trova in un punto sopraelevato noto come “cerro de Mirabel” (120 m di differenza di quota).

Cartel durante el camino francés en bici que muestra el trazado desde Santo Domingo de la Calzada hasta Grañón

Cartello con il tracciato da Santo Domingo de la Calzada a Grañón (fotografia ceduta da Miran Rivajec sotto le seguenti condizioni)

Dopo una forte discesa all’uscita di Grañón, prendiamo un sentiero di ghiaia in leggera salita che ci porta ad attraversare la frontiera tra La Rioja e Castilla e León.E’ segnalata da un grande cartello con una mappa del Cammino di questa regione.

A partire dalla frontiera, per tutto il Cammino ci saranno tratti con salti brevi e continui. Dalla frontiera, il sentiero di ghiaia ci porta a Redecilla del Camino. Per il suo centro passa la N-120, strada che ci porterà fino a Castildelgado.

Arrivando a Castildelgado possiamo seguire le frecce gialle per percorrere i sentieri di terra che ci portano a passare per Viloria de Rioja. Altrimenti, prendiamo la N120 senza passare per questa località e andiamo direttamente a Villamayor del Río. I sentieri a Viloria de Rioja sono perfettamente transitabili, possono solo risultare un po’ stretti in alcuni punti.

Da Villamayor del Río fino a Villafranca de Montes de Oca possiamo percorrere sia il sentiero originale, sotto forma di un sentiero di ghiaia o terra più o meno parallelo alla strada, sia la N120. Se prendiamo la strada non passeremo per Villambistía. Si viaggia in pendenza leggera e costante.

Arrivando a Villafranca da Montes de Oca possiamo prendere il cammino originale: attraverseremo questo monte e saremo ampiamente ricompensati dello sforzo extra da un contorno naturale fantastico. Transitando per sentieri di terra che si snodano mano a mano che saliamo di quota, si alternano marcate discese con rampe corte ma intense, che possono arrivare tra il 5 e l’8% di dislivello. Possiamo anche decidere di proseguire sulla N120 da Villafranca e immetterci sul sentiero 4,5 km dopo, entrando direttamente all’Alto de la Pedraja, quota massima del rilievo (1150 m). Si può entrare anche prima, ma sarebbe appena prima del monumento alla Guerra Civile.

Camino con campo verde a los lado que va desde Villafranca a Montes de Oca

Cammino a Villafranca de Montes de Oca (fotografia ceduta da Total13 sotto le seguenti condizioni)

Dall’Alto de la Pedraja scendiamo in graduale pendenza per circa 8 km fino a San Juan de Ortega. Da lì proseguiamo per una piacevole pista tra i pini che, già nei pressi di Agés, ci porta ad una quota superiore regalandoci panorami mozzafiato. Da questo punto si scende fino ad Agés.

I primi tre km dall’uscita di Agés diventeranno una gradevole passeggiata in piano sulla stada locale (BU-V-7012). Quando vediamo alla nostra destra il centro di interpretazione dei siti archeologici di Atapuerca e entriamo nell’omonima cittadina, dobbiamo uscire dalla strada per prendere un sentiero di ghiaia verso sinistra.

Da questo punto ci tocca salire per due km sulla sierra de Atapuerca. Si supera una differenza di quota di 116 metri e si discende poi per 140 m in altri 2,5 km. Non si tratta di una pendenza molto pronunciata ma la tipologia di terreno può rendere difficile il percorso, dato che ci sono molte pietre sciolte e scale di pietra naturali.

Data la difficoltà tecnica di questo tratto, si può anche decidere di evitarlo. Si dovrà proseguire dritto sulla strada di Atapuerca fino ad arrivare a Olmos de Atapuerca, dove prenderemo a sinistra la strada che costeggia il rilievo e arriveremo a Villalbal, dove ci immetteremo nuovamente nel Cammino.

Da Villalbal ci restano meno di 17 km per arrivare a Burgos. Il tracciato diventa dolce e, anche se presenta alcuni salti, non sarà paragonabile al tratto già percorso.

Dopo esserci lasciati alle spalle Orbañeja Riopico e aver attraversato l’autostrada con un un cavalcavia, abbiamo due opzioni per entrare a Burgos.

La prima opzione è prendere il cammino originale. Costeggia l’aroporto sulla destra e entra in città attraverso il poligono industriale Gamonal. E’ un percorso lungo e noioso di più di 10 km che porta fino alla cattedrale (7 km attraverso il poligono, con molto traffico e camion).

La seconda opzione è entrare attraverso il parco fluviale del fiume Arlanzón. Se non piove o non ha piovuto molto nei giorni precedenti e il terreno non è molto fangoso, questa è sicuramente l’opzione migliore. Per prenderla, dobbiamo attraversare il cavalcavia e, quando vediamo un agglomerato urbano alla nostra sinistra, attraversarlo per prendere il sentiero che esce dal fondo. Questo sentiero è tanto ben segnalato sia con segnaletica orizzontale che verticale che non avremo problemi a seguirlo. La distanza da percorrere sarà la stessa, ma il percorso è molto più piacevole e ci porta praticamente al centro della cittadina.

Estatua de un peregrino con la catedral de Burgos al fondo

Statua di un pellegrino con la cattedrale di Burgos sullo sfondo (fotografia ceduta da Paul Quayle)

In generale, questa sarà una tappa che richiede abbastanza impegno visto che, oltre ad essere piuttosto lunga, include anche la salita a due quote alte, sui Montes de Oca e la sierra de Atapuerca. Il paesaggio che ci accompagnerà, ne varrà la pena, vedremo come il verde di La Rioja inizia a a lasciare spazio alle grandi estensioni di León. Di sicuro, dopo tanta fatica, l’entrata a Burgos può risultare lunga, dato che la città si vede da lontano ma ci si impiega molto ad arrivarci. Forza pellegrini!

CONSIGLI PRATICI

  • Il fatto che il Cammino corra parallelo alla strada ci offre la possibilità di andare per strade asfaltate e ci facilita così il pellegrinaggio, ma se decidiamo invece di prendere i sentieri originali, a volte attraversare la strada risulta pericoloso. Bisogna sempre fare attenzione.
  • Da Villafranca de Montes de Oca fino a San Juan de Ortega ci sono circa 12 km tra i monti, senza alcun agglomerato urbano, quindi se avete bisogno di acqua o di cibo è vivamente consigliato approvvigionarsi prima. C’è da dire che nella parte alta dei monti, sull’ampia pista tra i pini a 5 km da San Juan, si trova un bar chiamato “El oasis del camino”,con tavolini e sedie ricavati da grandi tronchi dipinti. Si paga ad offerta, secondo quanto si ordina. Non è permanente, per cui in inverno non lo troverete.
  • Se iniziate il vostro cammino a Santo Domingo de la Calzada, vi aiutiamo ad arrivarci. 
    Sapete come arrivare fino a Santo Domingo de la Calzada?
  1. Ci arrivano autobus da molti punti della penisola iberica. Dato che dipende da dove arrivate, la società dei trasporti è differente, la cosa migliore è guardare sulla página del comunedove ci sono informazioni dettagliate per trovare dei collegamenti che vadano bene per il vostro trasferimento. 
  2. Ci sono autobus che collegano Logroño, Burgos, Saragozza, Madrid e Barcellona; sono tutte città con aeroporto. Se arrivate da lontano, in questo modo avrete la possibilità di avvicinarvi.
  3. A Santo Domingo de la Calzada non c’è stazione ferroviaria. Le più vicine sono quella di Haro (21 km), Miranda de Ebro (38 km) e Logroño (46 km).

Potete anche provare ad utilizzare piattaforme come Blablacar o contrattare un taxi che vi raccolga vicino a dove arriverete per poi portarvi a Santo Domingo.

Ricordate che Tournride consegna pressole biciclette il vostro alloggio
a Santo Domingo de la Calzada, il giorno precedente all’inizio del vostro viaggio si può occupare del vostro equipaggio in più, trasportandolo fino alla tappa finale del vostro cammino.

  • Se volete visitare Atapuerca, avete tre modi di farlo. Dal martedì alla domenica, la Fondazione Atapuerca organizza visite al sito archiologico una volta ogni ora, dalle 10:00 fino alle 13:00; quindi se a quell’ora siete in zona potete arrivare al sito dalla strada su cui passa il cammino (è ben indicato). La seconda possibilità è, se pernottate ad Agés, utilizzare l’autobus che ogni giorno raccoglie i pellegrini e li porta a visitare il sito (si consiglia di consultare gli orari nell’ostello della città). L’ultima opzione è prendere l’autobus che dal Museo dell’Evoluzione Umana a Burgos porta al sito archeologico. Per maggiori informazioni consultare la pagina web della Fondazione Atapuerca
  • Se desiderate visitare la cattedrale di Burgos dovete tener conto che è aperta solo fino alle 18:00 e che l’ingresso si paga (3,50€ con la credenziale di pellegrino). Se non arrivate in tempo, potrete sempre visitarla il giorno dopo a partire dalle 10:00.

ITINERARIO DETTAGLIATO E PATRIMONIO STORICO-ARTISTICO

In questa tappa ci lasceremo alle spalle La Rioja e entreremo nella Castilla. Il cambio del paesaggio sarà graduale, i vigneti rimarranno indietro poco a poco e attraverseremo grandi distese di pini fino a che il paesaggio della cosiddetta “Riojilla Burgalesa” non ci offrirà il panorama delle sue grandi estensioni punteggiate di querce.

Oltre a questo incredibile ambiente naturale, scopriremo tracce umane primitive nel sito archeologico di Atapuerca e grandi costruzioni medievali a San Juan de Ortega. Tutto questo inframmezzato dal passaggio per molte cittadine di piccole dimensioni in cui la simpatia della gente e la buona accoglienza per i pellegrini sono assicurati.

¡Buon cammino!

Rebaño de ovejas en la sierra de Atapuerca

Gregge sulla sierra de Atapuerca (fotografia ceduta da Paul Quayle)

USCIAMO DA SANTO DOMINGO DE LA CALZADA E ATTRAVERSIAMO GRAÑÓN PER ARRIVARE ALLA FRONTIERA CON CASTILLA E LEÓN

La tappa di oggi inizia imbattendoci in una costruzione piena di storia: il ponte di Santo Domingo de la Calzada.Conosciamo già la storia del santo e della località, raccontata in dettaglio nel giro finale della tappa precedente. Questo ponte in uscita alla località fu quello che rese famoso in prima battuta Domingo García.

Vero è che il ponte che attualmente usano i pellegrini (di pietra e con 16 archi), non è quello che fu costruito dal santo nel S. XI. Inizialmente c’era un ponte fatto di tavole di legno su piloni di pietra e successivamente Santo Domingo, già noto all’epoca, accanto ne costruì un altro formato da circa 25 grandi archi di pietra. Questo ponte, per l’usura costante dovuta alle inondazioni e al passare del tempo, dovette essere restaurato ad ogni secolo dal XVI al XIX, per questo il suo aspetto cambiò fino a prendere questa configurazione che vediamo oggi.

Puente sobre el río Oja a la salida de Santo Domingo de la Calzada

Ponte sul fiume Oja all’uscita da Santo Domingo de la Calzada (fotografia ceduta da Jordiferrer sotto le seguenti condizioni)

Anche se delle pietre che fece porre Domingo García al giorno d’oggi resta poco, è vero che la costruzione riveste una grande importanza storica e pertanto è citata in molte fonti antiche. E’ anche scenario di uno dei molti miracoli di Domingo, visto che si narra che un pellegrino che dormiva proprio lì fu investito da un carro e il santo lo riportò in vita.

Decidiamo di proseguire per la strada di Burgos o parallelamente ad essa attraverso i sentieri del cammino, e in circa 7 km arriveremo a Grañón, l’ultima località della Rioja che visiteremo. Il Cammino di Santiago coincide con la sua Via Principale, cosicchè attraverseremo la cittadina sulla sua strada maggiore, che coincide con la quota più alta del Cerro de Mirabel, dove si situa la località. Anticamente, data la posizione di frontiera del paese, qui si trovava un castello che permetteva di dominare la zona. Oggi non ne rimane traccia ma possiamo contemplare il paesaggio sedendoci in un punto di ristoro panoramico che si trova alla fine della via principale, dove il cammino indica di girare a sinistra.

Dopo aver lasciato Grañón, su un sentiero asfaltato prima e di terra battuta poi, percorriamo meno di 2 km per arrivare alla frontiera con Castilla e León. Un cartello di grandi dimensioni indica il punto in cui si attraversa la frontiera, con informazioni sulle differenti località attraverso cui passa il cammino in questa regione. 

Abbiamo davanti circa 450 km da percorre in Castilla e León fino ad arrivare in Galizia, prima passando per Burgos e poi per Palencia e León. Vedremo come il paesaggio di questa tappa, che ancora ci ricorda La Rioja, nei prossimi giorni lascerà il passo alle lunghe rette tra campi di cereali delle pianure di Castilla e, in seguito, Bierzo ci riporterà tra i vigneti e i grandi alberi per salire agli Ancares e arrivare quindi alla regione più verde: la Galicia.

Cartel indicativo del Camino de Santiago situado en la frontera de la Rioja y Castilla y León

Cartello sulla frontiera tra La Rioja e Castilla e León (fotografia ceduta da Total 13 sotto le seguenti condizioni)

PERCORRENDO CITTA’-STRADA: L’IMPRONTA URBANISTICA DEL CAMMINO A REDECILLA, CASTILDELGADO E VILLAMAYOR DEL RÍO

In solamente 1,5 km arriveremo alla prima località castellana: Redecilla del Camino. Come molti altri paesi che vedremo oggi, si sviluppa lungo la strada del Cammino di Santiago, una configurazione molto comune. Il Cammino coincide con la via principale.

A Redecilla del Camino vale la pena notare una delle sculture più conosciute del Cammino Francese. Un piccolo grande gioiello romanico nella chiesa di Nuestra Señora de la Calle, proprio sulla strada principale della città.

Si trata del suo fonte battesimale, di quasi un metro di diametro, che è considerato da molti uno dei più particolari di tutto il Cammino Francese. Ha forma di coppa, è di pietra e tutta la sua parte esterna è scolpita come un’imponente roccaforte. Si notano perfettamente i dettagli dei merli, delle piccole finestre di diverse forme e delle otto torri scolpite che si stirano fino a diventare colonnine che si appoggiano alla base.

Pila bautismal románica en la iglesia de Redecilla del Camino

Fonte battesimale romanico nella chiesa di Redecilla del Camino (fotografia ceduta da Santiago López-Pastor sotto le seguenti condizioni)

Questa meravigliosa opera del S. XII non lascia indifferenti. Magari per la sua incisione, di una forza imponente, ma allo stesso tempo delicata e ricca di particolari. O magari perché la precisione dei suoi disegni ricorda le miniature dei codici medievali (non bisogna dimenticare la sua vicinanza con il monastero di San Millán de la Cogolla, essenziale in questo tipo di arte) o l’arte mozarabica, di quei cristiani che vissero in territorio musulmano e che furono quindi influenzati dall’arte di Al-Ándalus. Ad ogni modo, quest’opera merita che ci fermiamo ad ammirarla. Da notare inoltre che il tema prescelto è molto simbolico, visto che il castello rappresentato è sicuramente la Gerusalemme Celeste. In questo modo, esprime l’idea che il battesimo che lì si svolge sia il primo passo durante la vita per eliminare il peccato e poter arrivare ad entrare un giorno nella cosiddetta “città di Dio”.

In meno di 2 km, sia sulla strada o sui sentieri del Cammino, arriveremo a Castildelgado, anch’essa con forma di città-strada, tipica del tracciato giacobino. Se da qui proseguiamo sulla strada non passeremo per Viloria de Riojae ci perderemo quindi la visita al luogo dove nel 1019 nacque Santo Domingo. La località deve il suo nome alla vicinanza dell’omonima comunità e nella sua chiesa di Nuestra Señora de la Asunción si conserva il fonte battesimale dove il santo ricevette il suo primo sacramento.

Scegliendo di nuovo tra asfalto e sentiero, arriviamo a Villamayor del Río. Se Villamayor de Monjardín, visitata in precedenza, era la città delle quattro bugie (nè città, nè maggiore, nè monaci, nè giardino) questa è la città delle tre falsità: non è una città, nè è grande e nemmeno ha un fiume. Lasceremo alla nostra sinistra la sua chiesa parrocchiale, al cui lato anticamente si trovava un ospedale per pellegrini.

BELORADO, PRINCIPALE ENTE DELLA “RIOJILLA BURGALESA”

Proseguendo, sia per la N120 che per il sentiero del cammino che corre parallelo, in circa 4 km arriveremo a Belorado. Questa località di circa 2000 abitanti si situa in un punto che anticamente era strategico, dato che si trova tra la valle dell’Ebro e l’altopiano. Quando la prima ondata di arabi tentò di conquistare tutto il nord della penisola iberica, il re Alfonso I ordinò di costruire lì un castello, di cui solo rimangono i resti di ciò che si ritiene fosse la torre dell’omaggio.

Lo splendore della città inizia a partire del S. XI, quando Sancho III el Mayor modificò il tracciato del Cammino e migliaia di pellegrini giacobini iniziarono a passare per di lì. Aymeric Picaud menziona questo posto chiamandolo “belforatus” che in latino significa “bel foro”, magari perchè si trova ad una quota più bassa del territorio circostante. La sua importanza divenne tale che questa cittadina ostenta il privilegio di essere il posto in Spagna in cui è stata documentata la festa più antica (1116 d. C.). Anche se al giorno d’oggi può sembrare qualcosa di futil, le feste nel Medio Evo erano di vitale importanza, dato che erano il momento in cui si svolgevano le più importanti attività sociali ed economiche. Il celebrarsi di questa festa fece sì che molti franchi e ebrei (entrambi con un ruolo importante nel commercio) si stabilissero in questa città. Dopo l’espulsione degli ebrei dalla penisola iberica nel S. XV, la cittadina iniziò a perdere importanza.

Foto antigua del pueblo de Belorado desde su castillo

Belorado dal suo castello (fotografia ceduta da Franz Pisa sotto le seguenti condizioni)

Oggi, i principali motivi per visitare Belorado sono la chiesa di Santa Maria (adiacente alla quale si trova l’ostello parrocchiale) e, nella piazza maggiore, la chiesa di San Pedro; di origine medievale ma ampiamente restaurata nel S. XVII. In paese c’è anche il Museo Internazionale di Radiocomunicazione Inocencio Bocanegra, che occupa un antico silos (l’unico edificio di questo tipo in Spagna, totalmente restaurato). In questo spazio si trova una collezione di più di 450 pezzi originali e anche la riproduzione più grande di una trincea della Prima Guerra Mondiale (619 metri quadrati).

PROSEGUIAMO FINO A VILLAFRANCA DE MONTES DE OCA

Da Belorado fino a Villafranca de Montes de Oca dovremo affrontare 12 km di lieve ma costante salita,intercalata solamente da alcuni salti.

Da Belorado possiamo andare per Tosantos sulla N120 o sul sentiero del cammino, di terra ma piuttosto stabile.  Percorrendo la strada non si accorcia di molto, ma può essere una buona opzione in momenti di grande affluenza di pellegrini a piedi. In circa 5 km arriveremo a Tosantos, da dove vedremo alla nostra destra in lontananza l’eremo della Vergine della Peña. Si tratta di una costruzione di origine eremitica, con differenti dipendenze scavate nella roccia come grotte.

Vista de la ermita de la Virgen de la Peña desde la parte alta de la sierra

Vista dell’eremo della Vergine della Peña dalla parte alta della sierra (fotografia ceduta da Diego Delso sotto le seguenti condizioni)

Se proseguiamo sulla strada da Tosantos, non passeremo per Villambistía, che si trova a meno di 2 km di piste di terra. Nel centro della cittadina, dopo esserci lasciati sulla destra la chiesa di San Esteban (del S. XVII) si trova una fonte con quattro bocche. Si dice che la sua acqua elimini la fatica dei pellegrini… attenzione però! Si tratta di bagnarsi la testa, non di bere l’acqua, perché non è potabile!

Uscendo da Villambistía su un sentiero di terreno stabile arriveremo in meno di 1,5 km a Espinosa del Cammino, dopo aver incrociato la N120. Se abbiamo deciso di non passare per Villambistía avremo percorso poco più di 3 km da Tosantos.

Uscendo da Espinosa del Cammino sul sentiero originale saliremo su una piccola collina e lasceremo alla nostra sinistra il poco che resta di un antico monastero mozarabico dedicato a San Félix, che consiste in un arco d’entrata ad una stanza di pochi metri quadrati. Da lì rimangono circa 3,5 km per arrivare a Villafranca de Montes de Oca. Se preferite, si può anche percorrere la N120, accorciando di circa 500 metri.

A Villafranca de Montes de Oca (km 34,6 di tappa) ci troveremo ai piedi dei monti che portano lo stesso nome, che dovremo attraversare per 12 km per arrivare alla seguente località di questa tappa: San Juan de Ortega. Questa cittadina offre tutti i servizi, quindi se volete fare una sosta questo può essere un buon posto.

Quando inizia la salita ai monti, vedremo alla nostra sinistra la chiesa di Santiago el Mayor. Realizzata per la maggior parte nel S. XVII, sicuramente attirerà l’attenzione per l’eccellente lavorazione della pietra, che dà un senso ed esalta il classicismo e la semplicità delle linee. Vale la pena entrare per vedere il suo fonte di acqua benedetta, che consiste in una enorme conchiglia naturale.

Iglesia de Santiago el Mayor en Villafranca de Montes de Oca

Chiesa di Santiago el Mayor a Villafranca de Montes de Oca (fotografia ceduta da Jose Manuel sotto le seguenti condizioni)

Quasi di fronte alla chiesa, alla nostra destra, ci sono anche un antico ospedale di pellegrini la cui costruzione fu ordinata nel 1377 dalla regina di Castilla. Con una struttura restaurata, funge oggi da zona di accoglienza per pellegrini, come ostello (5-10 euro) o hotel a tre stelle (a partire da 30 euro).

MONTES DE OCA, UNO SPETTACOLO NATURALE CHE PROFUMA DI STORIA

I monti di Oca sono un territorio semimontagnoso che divide i bacini di due grandi fiumi spagnoli: il Duero e l’Ebro. Fernán González dice nei suoi versi che erano anche frontiera politica, segnando i confini orientali dell’antica Castilla.

Con il rafforzarsi del pellegrinaggio verso Santiago questi monti si innalzarono come passaggio obbligatorio per i viandanti. Di fatto, già Aymeric Picaud nomina queste zone nel Códice Calixtino del S.XII, riferendosi ad essi come “Nemus Oque”. “Nemus” è una parola latina che si riferisce ad un bosco di alberi con caratteristiche sacre, cosa che rende l’idea dell’importanza del posto. Era un tratto molto temuto dai pellegrini, dato che non solo dovevano affrontare le difficoltà di configurazione del terreno, ma anche uno dei principali problemi del Cammino durante il Medio Evo: la sicurezza. La fitta vegetazione che circondava i piccoli sentieri del cammino era un nascondiglio perfetto per i banditi, che aspettavano i pellegrini per assalirli. A tutto questo ci sono da aggiungere le difficoltà a reperire acqua potabile durante i 12 km e più del percorso e le temperature estreme in inverno e in estate. Una vera e propria prova di fede medievale!

Al giorno d’oggi, non c’è alcun problema di sicurezza, anzi potremo goderci la pace che si respira in questi bellissimi paraggi, pedalando tra querce, frassini, pini e ginepri, tra cui vive una lunga lista di animali selvatici.

All’uscire da Villafranca de Montes de Oca affronteremo un tratto che può risultare tra i più complicati per i pellegrini in bici. Si sale per un sentiero abbastanza stretto dal fondo complesso. Ci sono molte pietre grandi e sciolte e in certi punti ci possono essere salti con una pendenza fino al 6-8%. Dopo aver percorso circa 1,8 km la pendenza continuerà ad essere ripida ma si addolcirà (massimo 3%) e il sentiero diverrà più ampio.

Arriveremo così ad un passo dove si trova un monumento ai caduti della Guerra Civile spagnola. Fu promosso dai famigliari delle 300 e più persone che furono fucilate in questa zona dopo la salita di Franco nel 1936 e sepellite in una fossa comune che, insieme a quella dei Montes de Estépar, è una delle più grandi di Burgos. Molti pellegrini lasciano qui messaggi in innumerevoli lingue e forme.

Monumento de piedra realizado en memoria de los fusilados en la Guerra Civil

Monumento ai fucilati durante la Guerra Civile (fotografia ceduta da KRLS sotto le seguenti condizioni)


Subito dopo questo monumento ci aspetta un altro tratto complicato. Dovremo scendere di 22 m in 600 metri e, dopo aver attraversato il fiume Carratón, salire per 37 metri di differenza di quota in meno di 1 km, affrontando all’inizio una forte rampa di 100 m. Sicuramente in questo tratto la cosa migliore è scendere dalla bici e spingerla, dato che con il peso delle sacche salire sarà faticoso, soprattutto se piove, visto che il fondo è di terra e ghiaia!

Superati questi ostacoli ci troveremo al passo della Pedraja (1150 m), quota massima della tappa. Poco dopo questo punto si trova il collegamento tra questo sentiero e la N120. In caso di maltempo o se preferiamo percorrere la via su strada da Villafranca de Montes de Oca fino a qui, la imboccheremo prima della Pedraja (consultare la mappa della tappa su Google Maps per vedere il punto preciso).

Dall’Alto della Pedraja mancano 7 km per arrivare a San Juan de Ortega, che percorreremo su piste ampie e di terra battuta, sicchè il più grande problema che potremo avere è il fango, se ha piovuto. Nei pressi dell’Alto della Pedraja e a seconda della stagione in cui percorriamo il cammino possiamo incontrare “Oasi del Camino”, un improvvisato e colorato bar all’aria aperta in cui se vogliamo ci potremo fermare a riposare.

Decoraciones realizadas por peregrinos en "El oasis del camino"

Decorazioni realizzate da pellegrini all’ “Oasi del cammino” (fotografia ceduta da Jorge Gañán)

Entriamo a San Juan de Ortega e la meravigliosa vista del suo monastero ci accoglie aprendosi alla nostra destra. Questa località porta lo stesso nome del santo che promosse la sua costruzione, che nacque nel 1080 a Quintanaortuño (una cittadina di Burgos).

Fu discepolo di Santo Domingo e oggi è il patrono degli apparecchiatori. Come il suo maestro, costruì molte opere per i pellegrini. La più importante è quella che iniziò in questo punto dei Montes de Oca, noto come “urtica”

Juan morì a Nájera nel 1163, quando aveva 83 anni. I suoi resti furono portati alla cappella di San Nicolás e l’importanza che acquisì questo santo spinse molta gente a intraprendere pellegrinaggio verso questa località, che finì per prendere il nome di San Juan de Ortega.

Fachada exterior del monasterio de San Juan de Ortega

Facciata esterna del monastero di San Juan de Ortega (fotografia ceduta da J. Sierro sotto le seguenti condizioni)

Il monastero annesso alla chiesa fu occupato prima dai domenicani e poi dai geronimiti, che nel 1476lo ampliarono molto. Era tale la sua importanza in quel momento che persino la regina Isabel la Católica ci andò per chiedere al santo che la aiutasse ad avere figli, visto che dopo aver messo al mondo Isabel, dopo 6 anni era senza altri eredi. L’anno successivo diede alla luce un maschio che chiamò Juan e, un anno dopo, una femmina nota come Juana “la pazza”. Sicuramente la scelta dei nomi rivela un ringraziamento dalla regina al santo per il suo aiuto riguardo alla fecondità.

Il monastero è un luogo speciale perché alla singolarità dei suoi splendidi dintorni si aggiunge la sua importanza come luogo cristiano e il mistero di un fenomeno astronomico chiamato “Miracolo della luce”. Ogni equinozio alle 5 del pomeriggio i raggi del sole penetrano nella chiesa del santo e ne illuminano un capitello su cui si trova la rappresentazione della natività (la nascita di Gesù). Al centro del capitello la Vergine Maria riceve i raggi con le palme alzate delle mani. Questo capitello si trova all’interno dell’abside nord della chiesa ed è un gioiello di stile romanico, perfettamente conservato, con una molteplicità di incisioni ricche di dettagli. Non è l’unico del tempio, dove infatti convivono capitelli con motivi vegetali con altri con figure, come questo.

"Milagro de la luz" en el capitel de la Natividad en el monasterio de San Juan de Ortega

“Miracolo della luce” nel capitello della Natività a San Juan de Ortega (fotografia ceduta da Miguel Martín Camarero sotto le seguenti condizioni)

San Juan de Ortega morì prima che la chiesa di San Nicolás fosse terminata. Le chiese venivano iniziate sempre dall’abside, la parte più sacra, perché così si poteva iniziare a dire messa prima che tutto l’edificio fosse finito. Questa chiesa fu iniziata nella seconda metà del S. XII, quando fu costruita la tripla testata. Dopo la morte del santo i lavori si interruppero per riprendere poi alla fine del S. XV, momento in cui lo stile che dominava era il tardogotico. Per questo, in questa chiesa vediamo come l’abside ha forma più chiaramente romanica, con archi e finestre ogivali, metre la parte dei piedi e la facciata sono gotici.

Gotico è anche l’impressionante mausoleo con forma di baldacchino che si trova nel centro del tempio, dove è sepolta la coppia di importanti nobili che lo patrocinarono. I rilievi sulla faccia laterale del sepolcro rappresentano scene della vita di San Juan, ma l’aspetto più notevole è la delicatezza dei trafori superiori del sepolcro, tanto delicati che non sembrano nati da un blocco di pietra.

Exterior del monasterio de San Juan de Ortega

Esterno del monastero di San Juan de Ortega (fotografia ceduta da J. Sierro sotto le seguenti condizioni)

Il sepolcro di San Juan si trova nella cappella di San Nicola di Bari ed è puramente romanico. E’ ricco di bassorilievi su tutti i suoi lati e il coperchio è un poco più grande della cassa. Ci sono incise anche scene della vita del santo.

Quando gli alberi si diraderanno un poco, si aprirà davanti a noi una bellissima vista sui campi coltivati di Burgos. Dopo aver attraversato una recinzione di ferro scenderemo per 500 metri per uno scivolo naturale che in alcuni tratti può arrivare al 9% di pendenza e che ci porterà all’entrata di Agés.

Encina en la explanada alta antes de la bajada a Agés

Quercia nella radura prima della discesa ad Agés (fotografia ceduta da Jorge Gañán)

ATTRAVERSIAMO LA SIERRA DI ATAPUERCA E LE ULTIME LOCALITA’ PRIMA DI BURGOS

Agés oggi è una cittadina di poco più di 50 abitanti, dedicata principalmente alla coltivazione dei cereali. Nacque nel S. XII con funzione politica e militare importante, dato che fungeva da frontiera con gli arabi nel momento della Riconquista. Al giorno d’oggi ospita tre ostelli e un bel negozio-ristorante chiamato “El Alquimista” dove Amapola e suo marito preparano con amore piatti tipici della zona, prendendosi molta cura dei pellegrini (preparano anche la colazione a partire dalle 6 del mattino).

Carretera principal del pueblo de Agés

Vía principale di Agés (fotografia ceduta da Jorge Gañán)

Usciamo da Agés sulla strada rurale, un tragitto comodo senza grandi cambi di pendenza.  In 1,6 km vedremo alla nostra destra una deviazione segnalata su una pista di circa 600 metri che ci lascia direttamente sulla porta del centro di interpretazione di Atapuerca. Se invece di prendere la deviazione continuiamo un poco più di 500 metri sulla strada, arriveremo all’omonimo paese, da dove parte la pista per imboccare la salita ai rilievi montuosi.

Perché visitare il sito archeologico di Atapuerca? L’insieme di grotte che compongono questo sito ha collezionato una gran quantità di menzioni onorifiche e premi culturali, tra cui Patrimonio dell’Umanità dal 1999. Dall’ultimo quarto del S. XX è oggetto di innumerevoli campagne archeologiche che hanno portato alla luce resti di quattro specie differenti di ominidi, scoperta che ha aiutato enormemente a comprendere come dovevano essere i nostri antenati. Inoltre, sono stati ritrovati moltissimi oggetti rituali differenti, molti dell’Età del Bronzo (intorno al 1300 a. C.) e, inoltre, si sono potute dimostrare alcune attività sociologiche precedenti a questo momento; tra queste, il cannibalismo rituale (unico esempio in Europa).

Carretera comarcal que discurre desde Agés hasta Atapuerca

Strada rurale che va da Agés ad Atapuerca (fotografia ceduta da Jorge Gañán)

Nella cittadina di Atapuerca troveremo tutti i servizi di cui abbiamo bisogno. Da Plaza Antecesor, che si trova adiacente alla strada e quasi all’uscita della città, si imbocca il sentiero che sale verso i rilievi. Da questo punto dobbiamo affrontare una rampa di 2,5 km che ci fa salire di 117 m con punti in cui la pendenza può arrivare fino al 9%. Ad ogni modo, il problema principale è il fondo, di grandi pietre sciolte, che in alcuni tratti presenta notevole difficoltà tecnica.

Ci accorgeremo di essere arrivati alla quota più alta (1072 m) quando vedremo una grande croce con pietre intorno alla base che centinaia di pellegrini hanno lasciato nel corso del tempo. La vista intorno sarà bellissima e vedremo un cartello che con il suo messaggio sottolinea il panorama: ““Da che il pellegrino dominò i monti di Navarra a Burguete e vide gli ampi campi spagnoli, la sua vista non ha goduto di scenari belli come questi/span>”. Il testo è una citazione di Luciano Huidobro Serna, uno storiografo che promosse una delle più grandi opere del S. XX sul Cammino di Santiago (“Le peregrinazioni giacobine”) e si specializzò nel tratto del Cammino Francese nella provincia di Burgos.

Peregrinos subiendo a la sierra de Atapuerca

Salita ai rilievi di Atapuerca (fotografia ceduta da Jorge Gañán)

Ci sono anche opere di land art, un tipo di arte contemporanea che usa la natura come cornice e materiale per le opere stesse. Cosí, una serie di cerchi concentrici disegnati con pietre di diverse dimensioni sorprenderanno i pellegrini.

Durante la discesa il terreno continuerà ad essere complesso. Si tratta di altri 2,5 km con una differenza di quota di 138 m e pendienze negative tra l’8,5 e il 3%. Dopo una rampa finale dovremo girare a sinistra e arriveremo così a Villabal, dove la pendenza diventerà molto più dolce e il cammino cambierà in un gradevole percorso asfaltato. Continuando così per i seguenti 3,5 km la strada ci porterà ad attraversare prima Cardeñuela Riopico e poi Orbaneja Riopico.

L’ENTRATA A BURGOS DA EL GAMONAL O DAL LUNGOFIUME DELL’ARLANZÓN

Uscendo da Orbaneja Riopico e attraversando l’autostrada su un cavalcavia, arriveremo alle porte di Burgos. Tra noi e la città si trova l’aeroporto che dovremo costeggiare, da un lato o dall’altro.

E visto che il cammino originale d’entrata a Burgos, girando intorno all’aeroporto verso destra è pesante, è nata una deviazione, o via alternativa. Il cammino originale entra da Villafría e attraversa poi tutto il poligono industriale di El Gamonal fino a ricongiungersi per il tratto finale ad una pista ciclabile, che ci porterà fino in città per raggiungere la cattedrale. La parte del poligono, quando fa molto caldo o il traffico è intenso (c’è molto traffico pesante), può essere eterna per i ciclisti.

Entrada al barrio de Gamonal en Burgos

Quartiere El Gamonal a Burgos

Se vogliamo ovviare a tutto questo, possiamo scegliere di andare per il lungofiume dell’Arlanzón, costeggiando l’aeroporto sulla sinistra invece che sulla destra.Per percorrere questa via dobbiamo girare a sinistra circa 250 m dopo aver attraversato l’autostrada sul cavalcavia, all’entrata di un quartiere (la deviazione è segnalata con frecce sull’asfalto). L’asfalto diventerà un sentiero di ghiaia che costeggerà l’aeroporto, accanto alla rete di recinzione, e ci porterà a Castañares. Dopo aver attraversato il paese (attenzione perché qui dovremo attraversare la strada) il percorso di addentra nel parco fluviale del fiume Arlanzón. Attraverseremo l’autostrada con un sottopasso e andremo avanti per circa 4,5 km lungo la sponda destra del fiume, fino a che, attraversata la N120 tramite un sottopasso, vedremo un ponte pedonale alla nostra destra. Attraversandolo, entreremo nel cuore di Burgos e in meno di 2 km saremo alla cattedrale.

Río que transcurre por la ribera de Arlanzón

Riva del Arlanzón (Fotografia ceduta da Jesús Serna sotto le seguenti condizioni)

UN POMERIGGIO A SPASSO PER BURGOS

Burgos è una città ricca di monumenti che offre molti luogi con importanza artistica, storica o culturale ampiamente riconosciuta. E’ impossibile, quindi, poter visitare i principali monumenti della città in un solo pomeriggio. Per questo, noi di Tournride abbiamo disegnato una mappa in cui troverete i punti di interesse principali della città, di cui parleremo qui perché possiate conoscerli. Vista l’impossibilità di visitarli tutti (soprattutto perché molti richiedono ore di visite guidate), abbiamo organizzato una passeggiata di 27 minuti per vedere i monumenti fondamentali. Lasceremo indietro molto di quanto c’è da vedere e da fare, ma almeno avremo una panoramica della città.

Ad ogni modo, se vi interessa conoscere più a fondo alcuni degli aspetti di Burgos, Tournride vi consiglia di passarci una giornata di pausa. Burgos o León possono essere le migliori fermate sul nostro cammino, per la quantità di monumenti e servizi. Nel caso, alla fine vi daremo indicazioni ulteriori, nel caso in cui vogliate passare un po’ più di tempo a Burgos.

Vista panorámica de Burgos

Panoramica di Burgos (fotografia ceduta da Marcel Frank sotto le seguenti condizioni)

Come sempre, iniziamo con un po’ di Storia…

Noi di Tournride siamo convinti che per comprendere una città, così come la vediamo al giorno d’oggi, è necessario sapere da dove viene e come è arrivata ad essere quella che è. Per questo, iniziamo presentandovi una piccola linea temporale che vi sorprenderà per i cambi che ha subito questo insediamento, che inizialmente era un piccolo “borgo” e che al giorno d’oggi è una grande città culturale e industriale.

La fondazione di Burgos come oggi la intendiamo avviene nel S. IX, nel contesto storico della Riconquista.Il re Alfonso III ordina al conte Diego Rodríguez di fondare un “borgo” vicino al fiume Arlanzón. Come già molte volte abbiamo visto, durante la guerra con gli arabi, i re cristiani ritenevano molto importante assicurare il territorio che riprendevano e, per questo, era fondamentale popolarlo. In questo caso l´ordine fu “populare non espugnare”, cioè, il re ordinò al conte di concentrarsi sul “popolare” l’area e non “conquistarla”. Per questo, il conte eresse un castello sulla collina vicino al fiume (oggi ne vediamo dei resti) e sostenne l’insedimento con un metodo all’epoca molto comune già utilizzato dai romani, chiamato “presura”.

Si trattava sostanzialmente di regalare la proprietà dalla terra a chi primo arrivava e iniziava a coltivarla, chiedendo in cambio che fosse coltivata sotto il comando del conte. Anche se oggi l’accordo sembra un “affarone” bisogna tenere conto che in quel momento il territorio era pericoloso e instabile. Gli arabi avevano appena perso il loro territorio ed erano molto vicini!

Nonostante la pericolosità, la tentazione di avere terre di proprietà da uomini liberi ingolosì molta gente, che quindi prese a coltivare le terre intorno al castello. Burgos era molto diversa da com’è oggi, visto che aveva una funzione principalmente militare e un insediamento di fattorie intorno al castello. La sua economia,quindi, era soprattutto agricola.

Puerta sur del castillo de piedra en Burgos

Porta sud del castello di Burgos

Così rimase, come piccolo “borgo”, fino al S. XI, quando per la prima volta un re si presenta direttamente sul posto e la storia gira radicalmente anche se, bisogna dirlo, questa attenzione consiste basicamente in un tradimento. Il re Sancho II usó il castello di Burgos come carcere per i suoi fratelli, dopo averli esautorati dalle terre che il padre aveva lasciato in eredità. Fernando I aveva diviso le sue terre in tre regni (Galizia, Asturia e León), dandone uno ad ognuno dei figli. Sancho II però li voleva tutti!

Da che Sancho II arrivò a Burgos nel S. XI molti altri re fecero lo stesso e, grazie a questo input, Burgos vivrà fino al S. XVI un momento di splendore che cambierà la sua conformazione per sempre, dotandola dei grandi monumenti che vediamo al giorno d’oggi. E’ l’epoca del Cid, della corte reale che si stabilisce a Burgos e della celabrazione dei matrimoni reali. La città dovette essere opportunamente decorata per l’occasione, così la cattedrale si abbellì e comparvero monasteri come quello di Huelgas.

Però questo splendore non va inteso solamente come semplice la comparsa di edifici monumentali. Burgos passò da essere insediamento agricolo intorno ad un castello militare ad importante città commerciale intorno alla cattedrale, visto che il centro della città “cambiò” di posto. La cattedrale era il centro nevralgico intorno cui si sviluppava la vita oltre che un punto di passaggio chiave del Cammino di Santiago, dove artigiani di tutt’Europa si riunivano a lavorare.

Catedral de Santa María en Burgos

Cattedrale di Santa Maria a Burgos (fotografia ceduta da Guillepe01 sotto le seguenti condizioni)

Burgos si convertì in un luogo tanto importante per il commercio (era fondamentale anche per le transazioni con il nord Europa) che arrivò ad ottenere da parte dei Re Cattolici, nel S. XV, il monopolio del commercio della lana.

Nel S. XVI, tutto questo splendore che era andato crescendo durante gli ultimi cinque secoli si arresta a causa di quattro fattori: l’epidemia di peste, la scoperta dell’America, le guerre in Europa e l’indebolimento del Cammino di Santiago. Le importazioni dall’America e l’eliminazione delle esportazioni verso Flandes a causa della guerra impoverirono il commercio, i pellegrini smisero di arrivare e la popolazione si ridusse a causa della peste. Una vera e propria crisi da cui in pratica non uscirà fino al S. XIX, quando le Corti di Cádiz nominano Burgos capitale della provincia.

Grazie a questo impulso istituzionale la zona intorno alla cattedrale torna a prendere vita, con uffici politici e militari. L’antica zona del castello, distrutta dalla piaga della Guerra di Indipendenza contro Napoleone, viene definitivamente abbandonata.

Alla spinta istituzionale si aggiunge nel S. XX quella industriale con la creazione di fabbriche della seta e di prodotti a base di cereali e, inoltre, si fanno confluire lì due grandi linee ferroviarie. La crescita organica incentivata da tutto questo è stata regolamentata nell’attualità da piani strategici che hanno organizzato la città tramite la creazione di grandi infrastrutture nei trasporti, parchi per fruire dell’ambiente naturale e grandi spazi culturali come il Museo dell’Evoluzione Umana.

Oggi Burgos è una cittadina di circa 170 000 abitanti che accoglie i pellegrini con lo stesso calore con cui venivano accolti dal S. XII in avanti. Ora che sapete i motivi per cui è fatta così, vi va di farci un giro?

Camminiamo insieme alla Storia. Prima fermata: il Castello

Avendo a disposizione solo un pomeriggio ed essendo anche un po’ stanchi dopo questa tappa impegnativa, lo scopo del nostro giro dev’essere farsi un’idea di questa cittadina e vedere alcuni posti chiave, tenendo presente che la cattedrale riveste il ruolo più importante e ci porterà via la maggior parte del tempo.

Seguiamo i passi della storia della città e, uscendo dal nostro alloggio (nella mappa indichiamo l’ostello municipale per fissare un punto di riferimento), ci dirigiamo verso quello che era il centro nevralgico del primo “borgo”: il castello. L’entrata al castello si paga e può prevedere la visita solamente al recinto esterno oppure anche alle gallerie interne. L’esterno del castello è piuttosto in rovina, ma sotto terra questa costruzione conserva molti segreti che vale la pena scoprire: ci sono più di 300 metri di gallerie sotterranee interne che furono fondamentali in ambito militare. Le visite si tengono solo al mattino, così, a meno che non decidiamo di fermarci per un giorno intero a Burgos, difficilmente ne approfitteremo.

Vistas desde el mirador del castillo a la Catedral de Santa María en Burgos

Vista dal punto panoramico del castello

Sia che vogliamo entrare oppure no, la mappa ci indica il fondamentale punto panoramico del castello. Alle pendici del complesso militare si apre questa spianata circolare che ci offre il miglor panorama sulla cattedrale e sulla città di Burgos. Potremo vedere le grandi piazze aperte intorno alla cattedrale e le viuzze circostanti che conservano la loro configurazione medievale, così come i grandi viali che dal S. XX hanno modificato il modo di circolare per Burgos. Si vedono anche le grandi zone verdi vicino all’Arlanzón. E sullo sfondo le vaste terre burgalesi. 

Verso la cattedrale di Burgos: parliamo di gotico

Scendendo per calle Valentín Palencia vedremo alla nostra sinistra il CAB, il Centro di Arte Contemporanea di Burgos e alla nostra destra passeremo di fronte alla chiesa di San Esteban. Dall’aspetto militare, vale la pena fermarsi ad ammirare la sua facciata gotica e, soprattutto, il suo interno che ospita il Museo del Retablo.

Proseguiamo verso destra, su calle Fernán González, dove Tournride vi consiglia di fermarvi per visitare la chiesa di San Nicolás. Nonostante l’entrata sia a pagamento (1,50 €) non ci possiamo perdere la visita all’interno, che ospita un notevole tesoro: la sua pala d’altare in pietra. Si tratta di un’opera del S. XVI che una coppia di importanti commercianti ordinarono a Francisco de Colonia, scultore nato a Burgos discendente da una lunga lista di scultori tedeschi che parteciparono alla decorazione di molte delle cattedrali spagnole.

Retablo pétreo de la iglesia de San Nicolás

Pala d’altare di pietra della chiesa di San Nicolás (fotografia ceduta da Zarateman sotto le seguenti condizioni)

Costeggiamo la cattedrale attraversando la piazza di Santa Maria e poi quella di San Fernando, in cui si trova la biglietteria della cattedrale. La visita a questo edificio è una delle più consigliate di tutto il Cammino Francese. Imponente e allo stesso tempo delicata, è una delle opere principali dello stile gotico, che alleggerì i muri degli edifici e permise che la luce entrasse nelle cattedrali.

Il gotico fu uno stile che nacque in Francia e si impose per quasi quattro secoli in tutta l’Europa. Durante questo periodo la società e le mode cambiarono molto e l’arte gotica si adattò ai nuovi gusti e di conseguenza cambiarono le sue caratteristiche. Di fatto, si differenziano quattro stili gotici distinti (oltre alle variazioni proprie di ogni paese).

La cattedrale fu iniziata nell’anno 1221, momento in cui imperava lo stile gotico classico, di cui sono esempi anche la cattedrale di Parigi, Chartres o Reims. Questo stile è preceduto dal gotico primitivo, che anche se già aveva cambiato l’arco a tutto sesto per l’arco ogivale, manteneva forme dell’architettura romanica come l’uso delle tribune all’interno delle chiese. La tribuna era un passaggio con forma di galleria che veniva posto sulle navate laterali. Lo vedremo, per esempio, nella cattedrale di Santiago (una delle opere di punta del romanico). Il gotico classico sviluppa questo concetto e modifica la tribuna in triforio, che restringe molto il passaggio e permette di aprire dei fori nei muri laterali per far entrare la luce.

Interior de la catedral de Burgos, donde se puede ver el triforio ciego decorado

Interno della cattedrale di Burgos, dove si vede il triforio cieco decorato (fotografia ceduta da Solbaken sotto le seguenti condizioni)

Interior de la catedral de Santiago, donde se puede ver la tribuna que ocupa todo el espacio superior de las naves laterales

Interno della cattedrale di Santiago, dove si vede la tribuna che occupa tutto lo spazio sopra le navate laterali (fotografia ceduta da Jansoone sotto le seguenti condizioni)

Anche la facciata della cattedrale di Burgos seguiva inizialmente le forme del gotico classico: il corpo centrale più ampio dei corpi laterali (perché coincide con la navata centrale all’interno) e tutto incorniciato da due torri simmetriche, con un grande rosone al centro.

I restauri successivi andarono aggiungendo stanze e modificando la forma iniziale. Continuando con l’esempio della facciata, vediamo come le due guglie superiori delle torri sono molto più ricche di decorazioni di quelle inferiori, e furono aggiunte nel S. XV. Per questo corrispondono allo stile gotico flamigero, quando nel suo periodo finale il gotico era diventato molto più generoso con le decorazioni aggiungendo intrecci, merli, pinnacoli e guglie ovunque. Come informazione, le guglie delle torri sono state progettate da Juan de Colonia, padre dello scultore che creò la pala d’altare di pietra di San Nicolás di cui abbiamo parlato in precedenza. Questo artista disegnò anche il ciborio, la cupola che copre il centro della cattedrale dove confluiscono tutte le navate. La zona del suolo che sta sotto il ciborio si chiama crociera e lì potremo vedere la tomba del Cid e di Donna Jimena.

Entrada principal de la catedral de Burgos

Facciata principale della cattedrale di Burgos

Il misto di stili della cattedrale crea un edificio maestoso, in cui il rispetto delle linee basiche iniziale conferisce all’insieme una logica che stupisce i visitatori.Non possiamo soffermarci qui su tutti i dettagli e le stanze che rendono speciale questa cattedrale, che dal 1984 è Patrimonio dell’Umanità. Citeremo semplicemente alcune delle parti più famose, come la Cappella del Condestable (realizzata da Simón de Colonia, altro membro della famiglia di artisti già citata e con una preziosa cupola a forma di stella), il chiostro, la scala dorata o la notevole decorazione scolpita dietro l’abside. In questo caso, per capirlo bisogna vederlo!

Dall’arco di Santa Maria alla statua del Cid

Torniamo alla piazza di San Fernando e attraversiamo l’arco di Santa Maria, per ammirarlo dal suo lato sud. E’ una delle antiche 12 porte che si aprivano sulle mura della città, rimodellate tra il S. XIV e il XVI, con la maggior parte di ciò che vediamo oggi appartenente proprio a quest’ultimo secolo.
Prima di questo secolo, ci doveva comunque essere almeno un arco, visto che viene menzionato nel “
Poema del Mío Cid

La meravigliosa costruzione che vediamo oggi è molto più di un semplice arco, è un arco di trionfo sotto forma di tavola di pietra esternamente e con un interessante spazio espositivo all’interno, che anticamente ospitava il comune. L’entrata è gratuita ma ci sono gli orari.

Arco de piedra de la iglesia de Santa María de Burgos

Arco di Santa Maria a Burgos

Seguiamo il Paseo del Espolón verso nord, dirigendoci verso Plaza Mayor. Ha cinque nomi diversi sin da quando è stato creato e oggi ospita il Municipio, di stile neoclassico, su quello che in precedenza era la Puerta de Carretas.

Usciamo dalla piazza per tornare nuovamente al paseo Espolón e in pochi metri ci troveremo davanti ad una statua di uno dei personaggi più famosi della storia di Burgos: il Cid.

Chiamato realmente Rodrigo Díaz Vivar, fu un cavaliere che durante la Riconquista lotto in molte battaglie e arrivò a conquistare Valenzia creando lì una signoria indipendente da qualunque re, che mantenne fino alla sua morte nel 1048. In seguito, sua moglie Jimena, prese le redini della signoria ma quando morì, nel 1102 il posto tornò in mano agli arabi.

Intorno a questo personaggio storico reale si è creata una figura riconosciuta storicamente, con l’aiuto anche delle cronache delle sue gesta militari. La più nota è uno dei più importanti poemi medievali:“El Cantar del Mío Cid”. Rodrigo è considerato un eroe storico in Castilla, anche se ci sono documenti che definiscono la sua figura come più vicina ad un mercenario (si dice che lottò tanto per i cristiani che per gli arabi). Ciò che è sicuro è che fu una persona che, in un momento turbolento, usò la sua capacità di strategia e il suo coraggio per collocarsi personalmente in una maniera tanto chiara che i soprannomi che sono passati alla storia per riferirsi a lui sono “signore” (“cid”) e“campeador” (“esperto in battaglie campali”).

Estatua del Cid en Burgos

Statua del Cid a Burgos (fotografia ceduta da Chicadelatele sotto le seguenti condizioni)

La statua equestre che si vede a Burgos è fatta di bronzo e misura quasi 4 metri. Fu realizzata nel 1947 dall’artista Juan Cristóbal González Quesada. Mostra il Cid che monta sul suo cavallo e indica con la spada. Colpisce il movimento che trasmette il suo mantello all’aria.


Terminiamo il giro con la gastronomia di Burgos

Dopo questo breve ma intenso giro, Tournride vi propone alcune vie in cui potrete trovare molti bar e ristoranti dove prendere da bere e da mangiare.

Vicino a Plaza Mayor troveremo diverse vie pedonali con un ambiente molto gradevole, bar e ristoranti dove potremo prendere sia elaborate tapas che menù. Un esempio sono calle San Lorenzo (che esce direttamente sulla piazza) e calle Sombrería, che è una parallela.

Comunque, praticamente tutte le vie della città antica sono ricche di locali che cercano di offrire il meglio della gastronomia di Burgos: la morcilla con riso, il formaggio fresco di Burgos o il maialino, tra le molte altre proposte.


E se decidete di fermarvi… vi raccontiamo che Burgos ha molto da offrire!

Se volete e potete fermarvi un giorno per riposare a Burgos vi renderete conto che non ci sarà tempo per annoiarsi. Ci sono un’infinità di monumenti e musei che renderenno memorabile la vostra visita.

L’entrata del Cammino Francese a Burgos è attraverso l’Arco de San Juan, un’altra delle 12 antiche porte della città, e lì vicino si trova un monastero che porta lo stesso nome. Sicuramente all’arrivo non avete avuto molto tempo per visitarlo, ma ora potete tornarci.

Comunque, noi di Tournride vi raccomandiamo soprattutto tre visite importanti: il monastero di Las Huelgas, la Certosa di Miraflores e il Museo dell’Evoluzione Umana (Con o senza visita al sito archeologico di Atapuerca).

I due primi siti suggerti si trovano lontani dal centro e abbastanza lontani tra di loro, ma la visita vale la pena. Il Monastero di Las Huelgas si trova ad ovest, nella zona sud del fiume Arlanzón.

Exterior del monasterio de las Huelgas

Esterno del monastero di Las Huelgas (fotografia ceduta da Lourdes Cardenal sotto le seguenti condizioni)

Come la cattedrale, è dedicato a Santa Maria ed è il monastero femminile cistercense più importante che ci sia mai stato in Spagna. Nella tappa 4 abbiamo visto come l’Ordine dei Cistercensi nacque in opposizione all’Ordine di Cluny in difesa dei valori di austerità acclesiastica, che si riflettono nella sobrietà dell’architettura.

Questo monastero segue la limpidezza architettonica ma è anche speciale perché la sua storia è molto legata a quella della Corona. Fu fondato direttamente dal re e, oltre ad accogliere un grande pantheon reale, fu scenario di molte incoronazioni. Inoltre, fu uno spazio dove la regina fondatrice, Leonor, volle che le donne ricoprissero la stessa importanza degli uomini e per questo le monache, appartenendo soprattutto della classe alta, rispondevano solo al Papa ed erano responsabili di molte altre terre e monasteri.

Dall’altra parte, la Certosa di Miraflores prende il suo nome dai monaci che la gestivano, i certosini. Anche se fu fondata nel S. XV, nel S. XVI si incendiò e fu ricostruita. Anch’essa è dedicata a Santa Maria. La chiesa fu interamente ricostruita in quel momento e pertanto è tutta in stile tardogotico. Oltre all’edificio stesso, nei sepolcri della Certosa si trovano vetrate e statue eccezionali.

Burgos, camino francés

Esterno della Certosa di Miraflores (fotografia ceduta da Ecelan sotto le seguenti condizioni)


Il Museo dell’Evoluzione Umana
è un grande spazio museale
i cui principali meriti sono tre: valorizzare i ritrovamenti dei siti di Atapuerca, promuovere la presa di coscienza sulla complessità delle differenti discipline scientifiche coinvolte e, soprattutto rappresentare uno spazio divulgativo in cui tutto questo si trasmette al visitatore in modo semplice e divertente. Ci fa davvero riflettere sulle nostre capacità e limiti, a partire dalla comprensione del nostro passato. Se vi interessa questo tema e volete saperne qualcosa in più, non esitate a visitarlo!

Terminiamo così una tappa dura, che ci ha portato all’interno della Castilla. A partire da questo momento le pianure e i grandi campi di cereali saranno una vista che finirà per esserci familiare e, frattanto, potremo scoprire molte cittadine interessanti che hanno molto da offrire al pellegrino.

Buon cammino!

TAPPA 5: DA LOGROÑO A SANTO DOMINGO DE LA CALZADA – CAMMINO FRANCESE IN BICICLETTA

Distanza da Santiago: 612 km

Distanza di tappa: 50 km

Tempo stimato: 4 – 4,5 ore

Quota minima: 740 m

Quota massima: 380 m

Difficoltà della via:  Medio – bassa

Luoghi di interesse: Navarrete, Nájera, Santo Domingo de la Calzada. Deviazione opzionale a San Millán de la Cogolla per visitare i Monasterios de Yuso e Suso.

Mappa dell’itinerario: Per vedere il percorso su Google Maps fare click qui

E5-Logroño-Santo-Domingo-de-la-Calzada

Fare click sull’immagine per ingrandire

PROFILO E PERCORSO GENERALE DELLA TAPPA

Uscendo da Logroño per la zona industriale arriviamo ad una pista ciclabile che in leggera pendenza (circa 1,5%) ci porta in meno di 2,5 km al bordo del bacino di La Grajera.

grajera, camino francés, logroño

Bacino di La Grajera, con Logroño sullo sfondo (fotografia ceduta su Flickr da Giovani Riccardi sotto le seguenti condizioni)

Costeggiamo il bacino sulla destra, per un sentiero pianeggiante che terminerà su una strada stretta e pendente. Dobbiamo salire la rampa per 1 km fino ad arrivare al limite dell’autostrada A-12.

Continuiamo per questa strada asfaltata tenendo l’autostrada sulla destra per poco più di un km, poi ci immettiamo sulla N120 per solo 200 mt, visto che dobbiamo prendere un’uscita segnalata a destra che ci porta ad attraversare la AP 68 con un cavalcavia. Tutto questo tratto dal bacino fino la AP 68 sarà in leggera pendenza su piste asfaltate o in ghiaia abbastanza confortevole.. Attenzione solo ad attraversare la N120.

Dal momento in cui superiamo la AP 68 su quel cavalcavia, il profilo diventa una leggera salita fino ad arrivare all’Alto de San Antón (km 20 della tappa). Cioè, per i seguenti 9 km superiamo una differenza di quota di 230 m, alternando piste di ghiaia con altre asfaltate in mezzo a campi e vigneti.

Navarrete è in cima ad una specie di collina. Dopo averla attraversata usciamo verso la N120, che seguiremo per 1,5 km fino a vedere una pista di ghiaia a sinistra, segnalata da una pietra con la freccia gialla.

navarrete, camino francés

Vista di Navarrete dal cammino (fotografia ceduta su Flickr da Hans-Jakob Weinz sotto le seguenti condizioni)

Durante 1,5 km dobbiamo seguire questa pista di terra in leggera pendenza fino a girare a destra per avvicinarci di nuovo alla N120 e continuare parallelamente ad essa fino a vedere una biforcazione a sinistra. Un cartello ci indica che se prendiamo questo sentiero a sinistra passeremo per Ventosa, qui dovremo scegliere se vogliamo attraversare questa località oppure evitarla.

Se vogliamo passarci, percorreremo circa 1,3 km fino ad arrivarci, su un sentiero di ghiaia in leggera pendenza, meno del 2%, che si alterna con tratti piani. Dopo averla visitata, torneremo sul sentiero percorrendo poco più di un altro km fino a girare a sinistra e arrivare all’Alto de San Antón.

Se non vogliamo passare per Ventosa percorreremo meno di 3 km in linea retta, con la A12 sulla destra, fino ad arrivare all’Alto de San Antón.

Seguendo lo stesso sentiero di terra tra i campi incroceremo la A12 con un sottopasso, continuando poi tenendo la strada alla nostra sinistra. In leggera pendenza arriveremo a Nájera in meno di 6 km, entrando dalla sua zona industriale.

najera, camino francés

Il fiume Najerilla e Nájera sulla riva (fotografia ceduta su Flickr da Jose Antonio Gil Martínez sotto le seguenti condiciones)

SUsciamo da Nájera da est su calle Costanilla, asfaltata ed in costa. Dopo 800 metri il fondo diventa ghiaia e continuerà così fino ad arrivare ad un incrocio segnalato, dove riprenderemo la strada asfaltata. Il profilo sarà, in linea generale, molto dolce.

Gradevole passeggiata attraverso i campi durante la quale incroceremo Azofra (km 34 della tappa) e ritorneremo sul limite della A12. Dopo aver viaggiato parallelamente ad essa per 1 km arriviamo ad una rotonda, che attraversiamo.

Dopo aver attraversato la LR 207 in questa rotonda, per arrivare ad un sentiero di terra, vediamo che il cammino si biforca, indicato da un segnale e dalla freccia gialla.

Se prendiamo a sinistra proseguiremo per un sentiero in terra in salita tra i campi che arriva a Cirueña, dove potremo visitare l’eremo della Virgen de los Remedios. Si tratta di una differenza di quota di circa 150 mt in 5 km. Usciremo poi da Cirueña su un altro sentiero di terra, ma in leggera pendenza e dal profilo dolce. Con altri 5 km circa arriveremo a Santo Domingo de la Calzada.

Se, una volta passata la LR 207, proseguiamo diritto invece di andare verso Cirueña, ci troveremo a percorrere un poco più di 9 km costeggiando la A12 su una pista di ghiaia. Durante i primi 4 km ci saranno diversi salti ma poi il profilo diventerà molto dolce fino ad entrare a Santo Domingo de la Calzada, il nostro finale di tappa.

Insomma, in questa tappa si supera una differenza di quota di circa 350 mt, ma in modo graduale. Ci sono due punti in cui il profilo diventa un po’ ripido, arrivando all’Alto de San Antón dopo aver lasciato Ventosa e al passare per Cirueña, prima di entrare a Santo Domingo de la Calzada.

Inoltre, ci sono tre varianti di tappa che si possono intraprendere:

  • Scegliere se passare o no per Ventosa verso il km 17 della tappa. 
  • Scegliere se passare o no per Cirueña al km 38 della tappa. Se scegliamo di passare per questa località la differenza in termini di km non è molta, ma siamo costretti a raggiungere una quota più elevata.
  • Andare a visitare il Monastero di San Millán de la Cogolla da Azofra per poi tornare verso Cirueña e proseguire fino a Santo Domingo de la Calzada. Percorreremo 33 km invece dei 14 km che da Azofra ci separano alla fine della tappa, però la visita vale la pena.

In generale, questa tappa è semplice. Buon fondo, differenze di quota che si superano con leggere rampe continue. Molte delle piste che percorreremo oggi sono perfette per i ciclisti. Una tappa molto piacevole!

CONSIGLI PRATICI

  • Se iniziate da Logroño, Tournride vi aiuta ad arrivarci. Logroño è una città con buoni collegamenti, con aeroporto, stazione dei treni e autobus.

Arrivare in autobusQui potete vedere i collegamenti via autobus con il resto della Spagna e le compagnie che realizzano ogni tragitto (alcune sono Alsa, Bilman Bus e PLM).

Arrivare in treno: La stazione dei treni è qui e per conoscere i collegamenti la cosa migliore è visitare la pagina di Renfe, già che con qualche cambio si può arrivare praticamente da qualunque parte.

Arrivare in aereo: L’aeroporto è qui, a 9 km da Logroño e ci si arriva con taxi o auto propria. Ci sono collegamenti regolari solamente con Madrid. L’altra opzione è volare su Pamplona e da lì prendere un autobus.

Ricordate che Tournride vi lascia le biciclette nell’alloggio previsto a Logroño se cominciate da lì e può portare per voi l’equipaggio in più perché lo ritroviate ad aspettarvi alla fine del vostro cammino.

  • Da Navarrete a Nájera ci sono più di 13 Km senza possibilità di approvvigionamenti, a meno che passiate da Ventosa a metà cammino. Se non desiderate fermarvi a Ventosa, rifornitevi a Navarrete.

ITINERARIO DETTAGLIATO E PATRIMONIO STORICO-ARTISTICO

Questa tappa, che percorreremo interamente nella Rioja, ci porterà a vedere ambienti naturali incredibili, come il fiume Najerilla e a visitare alcune delle località giacobine più emblematiche.

Inizieremo la giornata su una gradevole strada verde che, attraversando il paesaggio riojano, ci porterà fino a Navarrete, dove potremo vedere gli impressionanti resti tardo romanici di San Juan de Acre. Attraversando luoghi ricchi di leggende come il poggio di Roldán raggiungeremo Nájera, dove ci godremo il suo impressionante patrimonio artistico e il suo ambiente naturale e conosceremo le sue leggende e apparizioni miracolose. Il cammino ci porterà così fino a Santo Domingo de la Calzada, una delle località giacobine più mistiche, fondata da Domingo García (oggi Santo) nel S. XI, che dedicò la sua vita a costruire infrastrutture per facilitare la peregrinazione verso Santiago.

Potremo, inoltre, deviare per visitare l’insieme monastico di San Millán de la Cogolla, considerato il luogo di nascita della lingua spagnola.

Più di così, cosa si può desiderare?

USCIAMO DA LOGROÑO DAL BACINO DI LA GRAJERA E VISITIAMO NAVARRETE

Usciamo da Logroño per il poligono industriale e dall’Avenida de Burgos arriviamo ad una rotonda da cui vediamo il parco di San Miguel. Da lì prendiamo un sottopasso che attraversa la LO-20 e ci fa uscire da Logroño.

Sbocchiamo su una piacevole strada verde che ci porta verso il parco di La Grajera fino ad arrivare al bacino. Costeggiamo il bacino per questa stessa via.

Il bacino di la Grajera fu creato nel 1883 per irrigare gli orti vicini alla città e poco a poco fu predisposto come parco. Se percorrete questa via in una giornata calda e vedendo tanta acqua vi viene voglia di fare un bel bagno, non fatelo! E’ un’area protetta, dove si studia l’ecosistema dell’acqua e per questo non è permesso nessun tipo di interazione umana con l’acqua stessa. 

camino frances, embalse de la grajera

Bacino di la Grajera (fotografia ceduta su Flickr da Total13 sotto le seguenti condizioni)

Saliamo la rampa dal bacino fino ad arrivare alla recinzione che segna il limite della A12, dove i pellegrini hanno appesa molte croci di legno. Lungo il cammino vedremo che c’è più di un punto in cui si ripete questa tradizione.

Seguiamo il cammino fino ad arrivare alla AP 68 su un cavalcavia e vediamo alla nostra sinistra i resti della chiesa dell’Ospedale di San Juan de Acre. Dopo gli scavi, i resti più interessanti furono portati al cimitero di Navarrete, che vedremo all’uscita dal paese.

ARRIVIAMO A NAVARRETE, NEL CERRO TEDEÓN

Navarrete si trova in cima al cerro Tedeón. Questa posizione strategica gli conferì fino al S. XVI un carattere difensivo, con il castello sulla cima e circondato da mura. Poco a poco questi elementi furono abbattuti fino a prendere la forma che ha oggigiorno, con due vie principali parallele sulla pendice della collina e con il Cammino di Santiago che lo attraversa da est a ovest.

Al centro c’è il monumento principale della città, la chiesa dell’Asunción de la Virgen All’esterno, le sue linee rinascimentali sono semplici ma, se ne abbiamo l’opportunità, vale la pena entrare per dare un’occhiata al meraviglioso altare e alla pala di stile barocco, completamente coperto da incisioni dorate.

Sicuramente attirerà la nostra attenzione la quantità di riferimenti e di ceramiche in vendita: Navarrete è uno dei centri di lavorazione delle ceramiche tradizionali più importanti della penisola. La sua tradizione ceramista risale ai tempi dei romani, quando con il fango del fiume Najerilla si elaboravano pezzi di cosiddetta “terra sigillata”, un tipo di ceramica romana di colore rosso.

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Chiesa dell’Asunción de la Virgen a Navarrete (fotografia ceduta su Flickr da Carmelo Peciña sotto le seguenti condizioni)

SUsciamo dal paese sulla N120 e troviamo alla nostra sinistra il cimitero locale, dove, come già detto, vedremo i resti della chiesa di San Juan de Acre.

Pietra dopo pietra i resti furono spostati dalla loro posizione originale fino a qui, dove la loro imponenza e la loro qualità e decorazione continuano ad impressionare. La porta del cimitero è la antica porta nord della chiesa ed è fiancheggiata da due grandi finestre che prima si trovavano in capo al tempio.

Tournride vi consiglia di avvicinarvi per vedere bene i dettagli di tutto l’insieme, di stilo tardo romanico. Ci sono numerose rappresentazioni di leggende (come quella di Roldan e il gigante Ferragut, di cui parleremo più avanti), passaggi biblici come la lotta di San Giogio e il drago e altri più teneri come angeli che si abbracciano.

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Resti della chiesa di San Juan de Acre nel cimitero di Navarrete (fotografia ceduta su Flickr da Carmelo Peciña sotto le seguenti  condizioni)

Qui potremo vedere anche una targa in ricordo di Alice Craemer, che morì nel 1986 investita da un camion durante il pellegrinaggio.

DA NAVARRETE A NÁJERA: DECIDIAMO DI VISITARE VENTOSILLA E CONOSCIAMO LE LEGGENDE DI LOTTA CONTRO I GIGANTI

Proseguiamo il nostro cammino e, dopo circa 4 km, passando su un cavalcavia sopra la A12 e sempre con l’autostrada alla nostra destra, vedremo un cartello che indica la deviazione per Ventosa. Se passiamo per questa località aggiungiamo circa 1 km al percorso.

Bisogna considerare che se non passiamo per Ventosa, ci restano ancora 9,5 km per arrivare a Nájera, quindi se vogliamo mangiare o non abbiamo molta acqua non è affatto una cattiva idea passarci per fare provviste. A Ventosa c’è anche un ostello con un locale al chiuso per custodire le bici.

Che si vada per Ventosa o no, passiamo per l’Alto di San Antón (675 m di quota) da cui vedremo per la prima volta Nájera da lontano (485 m di quota) Non la perderemo di vista durante i seguenti 7,5 km che percorreremo in leggera pendenza fino ad arrivarci.

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Paesaggio da Navarrete a Nájera (fotografia ceduta su Flickr da Giovanni Riccardi sotto le seguenti condizioni)

Però prima di raggiungere Nájera, dopo aver attraversato la N120 con un sottopassaggio, vedremo nel cammino alla nostra sinistra il Poggio di Roldán..

Prima, lasceremo a sinistra la collina chiamata poggio e, un poco più avanti, vedremo un cartello che ci spiega la leggenda di Roldán contro il gigante Ferragut ambientata in questa collina e che Tournride vi racconta in breve. Ricordiamo che Roldán era nipote di Carlomagno, imperatore dei franchi. Si tratta di un personaggio storico, anche se le sue gesta hanno sono passate dalla storia alla leggenda, conferendo un’aura mitica alla sua vita.

Qui si ricorda come un giorno arrivò all’orecchio di Carlomagno che in queste terre viveva un gigante di nome Ferragut che proclamava la supremazia dell’Islam sul cristianesimo. Venuto a conoscenza di questo, Carlomagno invió un gruppo di soldati a ucciderlo, che lottarono con lui per giorni e giorni senza sconfiggerlo. Arrivò il momento in cui Roldán chiese a suo zio di poter lottare e così fu, durante due giorni e due notti. Stremati, i due avversari si fermarono e iniziarono a parlare delle loro religioni. Il clima si fece disteso tra di loro e il gigante confessò a Roldán qualcosa che gli costò la morte: gli disse che il suo unico punto debole era l’ombelico. Roldán quando ripresero la lotta, lo colpì proprio lì e lo sconfisse.

Questa leggenda si inquadra storicamente come lotta per allontanare i musulmani dalla penisola durante la Riconquista, quando la figura di Roldán venne utilizzata spesso come grande difensore del cristianesimo la cui supremazia militare si relazionava con la superiorità religiosa.

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Capitello romanico di San Juan de Acre con la scena di Roldán e il gigante Ferragut (fotografia ceduta da Javier Regay sotto le seguenti condizioni)

ARRIVIAMO A NÁJERA: “PELLEGRINO: A NÁJERA, NAJERINO”

Questa località di grande tradizione giacobina ci riceve con questa frase scritta su una casa agricola all’entrata del paese, un modo per farci sentire come a casa al nostro km 27,5 della tappa.

Entriamo da est e attraversiamo il fiume Najerilla sul ponte di pietra attribuito a San Juan de Ortega, promotore di infrastrutture sul Cammino tra i S. XI e XII (anche se il ponte è stato restaurato).

Già sulla riva ovest, non possiamo non visitare il Monastero di Santa Maria la Real, pantheon degli antichi re di Navarra. Ordinò la sua costruzione nel 1052 il re Don García Sánchez II, dopo aver conquistato questo territorio ai musulmani. Lo dedicó alla Vergine perché qui, tempo prima, era apparsa al re in una grotta, mentre era a caccia. Il monastero fu gestito da Cluny fino al S. XIX, oggi è francescano.

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Pantheon nel monastero di Santa Maria la Real a Nájera (fotografia ceduta su Flickr da Antonio Periago Miñarro sotto le seguenti condizioni)

Ai piedi della chiesa si trova la grotta dove è ambientata la leggenda della Vergine. All’entrata c’è il pantheon reale dei re di Navarra, con dodici sepolcri dalle maestose pietre tombali scolpite tra il S. X e il XII.

La chiesa di stile tra il gotico e il rinascimentale. Il chiostro, dove sono stati sepolti molti nobili, è veramente notevole, un vero e proprio gioiello. Vale la pena visitarlo (l’entrata costa 4€).

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Chiostro del monastero di Santa Maria la Real (fotografia ceduta su Flickr da Giovanni Riccardi sotto le seguenti condizioni)

A Nájera vale anche la pena soffermarsi sul piacevole ambiente naturale del Najerilla, incastonato tra imponenti pareti di terra rossa.. In questa località, paesaggi mozzafiato convivono armoniosamente con i grandi monumenti di pietra, come il monastero che abbiamo visto.

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Grotta nelle pareti verticali di terra di Nájera (fotografia ceduta su Flickr da Drcymo sotto le seguenti  condizioni)

Se abbiamo abbastanza energie e non vogliamo perderci un impressionante scorcio del posto, prima di andare possiamo salire al forte di Nájera Rimane tra il castello della Mota e il villaggio. La sua origine, come quella del castello, è musulmana. Nel S. XVI fu riabilitato per essere residenza reale, ma alla fine del secolo fu abbandonato e iniziò a deteriorarsi fino a che nel S. XVII ne rimasero solo dei resti.

Grazie alle diverse campagne archeologiche realizzate, sono stati riportati alla luce numerosi resti, oggi salvaguardati nei musei. Nonostante “sul posto” non resti molto del glorioso passato, i panorami e i dintorni naturali che ci circondano, valgono la pena.

A AZOFRA DECIDIAMO DI DEVIARE (O NO) PER SAN MILLÁN DE LA COGOLLA

Usciamo da Nájera salendo una strada asfaltata in costa, su calle Costanilla. Subito entriamo su una pista dal fondo in terra stabile, che in 5,5 km ci porterà a Azofra, con un profilo dolce.

Entriamo a Azofra sulla sua via principale, che come in molte città giacobine attraversa tutto il paese e coincide con il Cammino di Santiago. Ad Azofra troveremo tutti i servizi di cui abbiamo bisogno e dovremo decidere se prendere la deviazione per visitare San Millán de la Cogolla. Se decidiamo di andarci, percorreremo 33 km fino a Santo Domingo de la Calzada. Se proseguiamo dritto, 12 km.

Che cosa ci aspetta se decidiamo di fare lo sforzo e di aggiungere 21 km al nostro cammino per visitare San Millán de la Cogolla? Sicuramente uno degli ambiti monastici più impressionanati di tutta Spagna, formato in realtà da due monasteri inizialmente divisi: quello di Suso e quello di Yuso. L’insieme è Patrimonio dell’Umanità dal 1997.

san millán de la cogolla, camino francés

Monastero di San Millán de la Cogolla (fotografia ceduta su Flickr da Jose Manuel Armengod sotto le seguenti condizioni)

L’origine del congiunto risale al S. V, quando nelle terre riojane nasce Emiliano, un eremita che dedicó tutta la sua vita al servizio del cristianesimo, fu canonizzato ed oggi è noto come San Millán.

Quando Emiliano muore, i suoi resti vengono portati ad una grotta proprio in questa località, che poi diventa una chiesa e successivamente il centro di una comunità monastica. Bisogna tener conto che questa comunità non era come le comunità monastiche che conosciamo oggi, ma piuttosto seguiva la regola mozarabica ed era misto, ci convivevano uomini e donne. Questo era del tutto normale nella penisola iberica fino al S. IX.

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Monastero di Suso (fotografia ceduta su Flickr da Aherrero sotto le seguentis condizioni)

Nel S. XI Don García Sánchez II, lo stesso re che ordinò la costruzione di Santa Maria la Real, ordina di portare i resti del santo a Nájera. Per un miracolo, però, gli uomini che dovevano trasportare i resti rimangono “bloccati” senza potersi muovere, e questo fu interpretato come la volontà del santo di non essere portato via dal posto.

Per questo, il re ordina di costruire accanto al Monastero di Suso un altro monastero per lasciarvi i resti e viene quindi costruito il monastero di Yuso. Questo monastero segue già la regola benedettina ed è solo maschile. I due monasteri convivono uno accanto all’altro fino all’anno 1100 quando vengono uniti e inizia il loro periodo di massimo splendore.

monasterio de Yuso, camino francés

Monastero di Yuso (fotografia ceduta su Flickr da Mario Martí sotto le seguenti condizioni)

Quest’epoca d’oro si manifesta soprattutto in un’incredibile produzione di codici, la maggior parte custodito oggi in una immensa biblioteca visitabile nel monastero. Di fatto, si considera che qui nacque la lingua castigliana codificata così come la conosciamo al giorno d’oggi, visto che uno dei monaci in questo “scriptorium” u il primo a scrivere in castigliano in uno di questi codici. Questo è molto significativo perché, in quel momento, il latino era la lingua “colta” e quindi l’unica in cui si scriveva. Il castigliano, al contratio, era la lingua popolare e visto che non era usata per scrivere, non era codificata e non aveva regole. Iniziando a scrivere in castigliano, si va formando la lingua utilizzata oggi.

camino francés, monasteiro yuso, san millán de la cogolla

Biblioteca di San Millán de la Cogolla, nel monastero di Yuso (fotografia ceduta da Rafael Nieto)

Oltre all’importanza storica di questo insieme, il luogo è impressionante dal punto di vista artistico e architettonico, tanto che la visita al congiunto è veramente un piacere. Tournride vi consiglia diinformarvi prima di organizzare la visita ai monasteri per evitare il dispiacere di arrivare e scoprire che, per esempio, è lunedì e sono chiusi.

DE AZOFRA A SANTO DOMINGO DE LA CALZADA

Usciamo da Azofra a nordovest seguendo una strada asfaltata che in alcuni metri diventa di terra, però ben battuta. Continuamo fino alla A12 e, dopo aver percorso 1 km accanto all’autostrada, arriviamo ad una rotonda da cui si prende la L207. Attraversiamo questa strada per proseguire su una pista di terra.

Circa 50 metri dopo aver attraversato, troveremo una biforcazione. Questo è il momento in cui bisogna decidere se vogliamo proseguire dritto per passare per Cirueña o girare a destra per andare direttamente a Santo Domingo de la Calzada.

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Pista di terra all’uscita da Nájera (fotografia ceduta su Flickr da Giovanni Riccardi sotto le seguenti  condizioni)

Se decidiamo di passare per Cirueña, dovremo percorrere una pista di terra in leggera salita per circa 5 km fino ad arrivare ad una grande zona urbanizzata con un campo da golf, di recente costruzione. A nord di questo quartiere si trova Ciriñuela, il centro storico. In mezzo c’è l’eremo della Virgen de los Remedios, tempio di recente costruzione in muratura e mattoni, con un interno semplice e colori pastello.

In realtà, la distanza percorsa passando oppure no per Ciriñuela non varia molto, andiamo ad aggiungere giusto un paio di km, ma il percorso è molto più piacevole prendendo la deviazione. Se proseguiamo dritto andremo tutto il tempo accanto all’autostrada, invece che per sentieri di terra battuta tra grandi campi di vigneti.

UN GIRO POMERIDIANO PER SANTO DOMINGO DE LA CALZADA, “DOVE CANTÓ LA GALLINA CUCINATA”

Entriamo a Santo Domingo de la Calzada per calle San Roque, a est. Come sempre, Tournride vi racconta un poco di storia della città finale di tappa e vi propone un corto giro nel quale scoprire questa località.

In questo caso il giro dura 15 minuti e potrete vedere i principali monumenti percorrendo meno di 1 km. Fare clic qui per vedere la mappa del percorso.

Venite?

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Cammino d’entrata a Santo Domingo de la Calzada (fotografia ceduta su Flickr da Alberto Cabrera sotto le seguenti condizioni)

Primo: conosciamo la vita di Santo Domingo, patrono degli ingegneri

La nascita della località di Santo Domingo de la Calzada è in relazione con la vita e le opere di Domingo García, un uomo che nel S. XI dedicó il suo tempo a costruire infrastrutture per rendere più facile il cammino ai pellegrini.

Si narra che, quella che oggi è Santo Domingo de la Calzada era nel S. XI un bosco di querce accanto al fiume Oja. Un eremita chiamato Domingo viveva in questo bosco, ritirato nella propria spiritualità perché non era stato ammesso nel monastero benedettino di San Millán de la Cogolla. Vedeva tutti i giorni le difficoltà orografiche che i pellegrini dovevano superare, in un momento in cui il Cammino viveva tutto il suo splendore. Insieme ad un vescovo, che offrì il proprio aiuto, Domingo costruì un ponte di legno sopra il fiume Oja.

Quando il vescovo morì, Domingo continuò a creare infrastrutture, la più nota una passerella di pietra che ha finito per dare nome alla località attuale. Sostituì il ponte di madera con uno di pietra e costruì un ostello e una chiesa.

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Facciata sud della catedrale di Santo Domingo, dove si trovano i resti del santo (fotografia ceduta su Flickr da Antonio Periago Miñarro sotto le seguenti condizioni)

Tutto questo diede un impulso economico e alla popolazione del borgo che si andava creando, in quel momento, incentivando l’insediamento dei commercianti. Il re Alfonso VI, vedendo il vantaggio di tutto ciò, decise di dare a Domingo la direzione di altre opere del Cammino ed egli, con il suo discepolo Juan de Ortega, portarono avanti diverse infrastrutture. Per questo, Santo Domingo oggi è il patrono degli ingegneri dei cammini, dei canali e dei porti.

Miracoli di Santo Domingo

La dedizione e il carattere attento e cordiale di Domingo, che lo rese molto noto tra poveri e ricchi durante i suoi 90 anni di vita, nel corso del tempo fecero attribuire molti miracoli a questo santo. Molti in vita, e tanti altri di guarigione di pellegrini in visita al suo sepolcro.

Il suo miracolo più noto è quello del gallo e della gallina. Questa storia racconta come una famiglia, con un ragazzo giovane, che pellegrinava verso Santiago si fermò nel ricovero dei pellegrini che Domingo aveva costruito. L’ostessa si innamorò del ragazzo, senza essere contraccambiata e, indispettita, gli nascose un oggetto di valore di proprietà dell’ostello nello zaino e, quando il ragazzo ripartì con la sua famiglia, lo accusò di averlo rubato.

Il giovane fu condannato alla forca, sentenza che fu eseguita. Dopo l’impiccagione, però, i suoi genitori si avvicinarono e ascoltarono mentre il ragazzo raccontava come era vivo grazie a Domingo. I genitori corsero a dirlo al magistrato, sapendo che di fronte a un tale miracolo il ragazzo sarebbe stato scagionato. Quando il magistrato ascoltò la storia, li schernì dicendo loro che sicuramente il giovane era vivo tanto quanto la gallina (già cucinata) che si apprestava a mangiare. Improvvisamente la gallina resuscitò e il magistrato, sbalordito, scagionò il ragazzo.

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Statua di Santo Domingo nella cattedrale, con sculture di un gallo e una gallina accanto (fotografia ceduta su Flickr da Rowanwindwhisler sotto le seguenti condizioini)

Da lì il motto del paese di Santo Domingo de la Calzada, “donde cantó la gallina después de asada” (dove cantò la gallina già cucinata).   In onore di questa storia, nella cattedrale vengono custoditi una gallina e e un gallo vivi che vengono cambiati ogni 15 gioni e, durante le feste patronali, si mangiano i tipici dolci “ahorcaditos” (impiccati).

Cominciamo il nostro giro per Calle Mayor…

Iniziamo a camminare per quela cittadina, entrando sulla sua via principale, nel cui centro si trova il complesso che ai suoi tempi iniziò Santo Domingo, e che noi visiteremo. 

A pochi metri dall’inizio del cammino, incontreremo alla nostra sinistra un edificio di pietra: è il monastero di Nostra Signora dell’Annunciazione, del S. XVII. Questa abbadia cistercense ospita un ricovero (gratuito) per pellegrini e una locanda che le monache utilizzano come mezzo di sostentamento.

Continuiamo a camminare e in pochi metri passeremo per l’ufficio di informazione turistica, dove se vogliamo possiamo fermarci per prendere una mappa o maggiori informazioni.

In 60 metri, alla nostra sinistra si apre la piazza de la Alameda, un piccolo angolo verde dove rilassarsi se ne abbiamo bisogno. All’altro lato della strada si trova un edificio molto speciale: la casa della Confraternita del Santo.  E’ formato da vari edifici, dal S. XVI all’albergo moderno, e ha molto materiale in esposizione sulla vita del santo. Qui si allevano gli animali che poi vengono portati alla cattedrale per ricordare il miracolo di Santo Domingo..

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Via Principale di Santo Domingo de la Calzada (fotografia ceduta su Flickr da Guillén Pérez sotto le seguenti condizioni)

Arriviamo a Plaza del Santo: torre, cattedrale e ostello

Nel centro del paese si trova la cattedrale di Santo Domingo. La sua facciata sud si apre su una piazza nella strada principale, dove si trova una grande torre.

La Torre Exenta è la più alta di La Rioja e altro non è che il campanile della cattedrale. Non è comune che il campanile sia separato dall’edificio principale, ma si ritiene che in questo caso sia stato così perché il terreno era poco stabile (data la vicinanza al fiume) e questo fosse il posto che meglio potesse sopportare tanto peso. Di fatto, si dice che per aiutare a cementare la torre si aggiunsero al terreno resti di ossa di animali. Prima di questa torre barocca ce ne era una romanica e gotica, distrutta da un incendio e dal suo cattivo stato di conservazione, rispettivamente.

Il biglietto d’entrata per visitare la cattedrale può includere anche l’entrata alla Torre Exenta, che dall’ultimo piano offre un panorama spettacolare. Tournride vi consiglia di salirci, ne vale veramente la pena.

Camino francés, santo domingo de la calzada

Torre exenta di Santo Domingo de la Calzada (fotografia ceduta su Flickr da Jose Luis Cernadas Iglesias sotto le seguenti  condizioni)

AAccanto alla torre si trova l’entrata di un piccolo eremo, l’eremo di Nostra Signora della Piazza. Si dice che fu edificato sopra l’antico oratorio costruito dal santo con le sue proprie mani. Il suo aspetto odierno è il risultato della sovrapposizione di differenti opere fino al 1710.

Di fronte alla torre si trova uno dei due ostelli della località. L’ostello occupa quello che anticamente era l’ospedale dei pellegrini, realizzato da Santo Domingo. Notevole il suo vestibolo, con molti archi gotici e un soffitto in legno a cassettoni.

Entriamo nella cattedrale di Santo Domingo de la Calzada

Nella piazza del santo vedremo la facciata sud della cattedrale. In questa parte del tempio si trovano il sepolcro di Santo Domingo e il pollaio dove vengono custoditi gallo e gallina in ricordo dei suoi miracoli.

Santo Domingo de la Calzada, camino frances

Facciata sud della cattedrale (fotografia ceduta dalla Cattedrale di Santo Domingo de la Calzada)

L’origine di questa stessa cattedrale che oggi visitiamo risale a quel primitivo tempio che Domingo García costruì nel S. XI vicino al fiume Oja, accanto ad un ospedale. La crescente importanza di questo nucleo nel Cammino di Santiago fece sì che successive ristrutturazioni modellassero la costruzione che vediamo oggi.

L’importanza di questo luogo si può vedere non solo da come veniva scolpita nella roccia, ma anche dal rango che la chiesa originale andava assumendo. Già nel 1106 il suo rango fu aumentato a collegiata e nel S. XIII la sede episcopale si spostò da Calahorra a Santo Domingo, e quindi il il tempio si convertì in cattedrale.

Santo Domingo de la Calzada, camino frances

Torre exenta e resti delle mura (fotografia ceduta dalla Cattedrale di Santo Domingo de la Calzada)

Il risultato di tutto ciò è un tempio di grandi dimensioni con pianta di pellegrinaggio a croce latina, formato da una miscela di stili che attingono dal romanico fino al barocco che troviamo, per esempio, nella Torre Exenta.

La pianta di pellegrinaggio è un tipo di forma di tempio che prevede una sorta di corridoio che costeggia le navate e il deambulatorio, in modo che si possa percorrere tutto l’interno costeggiando il muro senza disturbare in nessun momento ciò che avviene nella navata centrale e nel transetto. Così, si può visitare il sepolcro della chiesa senza disturbare, se per caso c’è una messa in corso in quel momento. La cattedrale di Santiago ha lo stesso tipo di pianta.

 Santo Domingo de la Calzada, camino francés

Transetto e abside della cattedrale (fotografia ceduta dalla Cattedrale di Santo Domingo de la Calzada)

Nella cattedrale di Santo Domingo vi invitiamo a tenere gli occhi ben aperti per osservare le decorazioni che ci sono sui capitelli delle colonne, soprattutto in quelle dell’abside. Tanto all’interno come all’esterno si trova un programma iconografico tardo romanico impressionante, con scene di animali fantastici e rappresentazioni di passaggi della Bibbia. Gli esperti lo considerano uno dei migliori e più completi di quest’epoca.

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Dettagli di un capitello dell’abside della cattedrale (fotografia ceduta dalla Cattedrale di Santo Domingo de la Calzada)

Nella parte nord della cattedrale si trova il chiostro, che oggi ospita il Museo della Cattedrale..Se vi interessa la storia del posto e dell’arte sacra, non esitate a visitarlo. Orari e prezzi della visita alla cattedrale e al museo qui. Inoltre, nel braccio sud della cattedrale vedremo il pollaio dove vengono custoditi il gallo e la gallina che ricordano il santo. 

Santo Domingo de la Calzada, Camino Francés

Pollaio della cattedrale (fotografia ceduta dalla Cattedrale di Santo Domingo de la Calzada)

Tra i resti delle mura e antichi conventi, terminiamo il nostro giro con il meglio della gastronomia riojana.

Costeggiamo l’abside della cattedrale e arriviamo alla Piazza di Spagna, dove si trova il comune. L’aspetto più caratteristico dell’edificio sono i portici che si aprono sulla piazza con archi ribassati, dove i commercianti si solito si sistemavano per vendere i loro prodotti al coperto, con la protezione delle mura dietro di loro. Quando il comune si spostò al piano superiorie, questo cominciò ad ampliarsi fino a che durante il barocco gli venne data la forma odierna.

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Comune di Santo Domingo de la Calzada (fotografia ceduta su Flickr da Rubén Vique sotto le seguenti  condizioni)

Dalla piazza usciamo su Avenida Burgos, che circonda le antiche mura che proteggevano il nucleo antico di Santo Domingo de la Calzada. Di fatto, qualche metro più avanti ne vedremo alcuni resti piuttosto ben conservati.

Le mura di questa cittadina arrivavano a più di 1,5 km di perimetro totale, con una media di 12 metri di altezza, 38 torrioni e sette porte. Ciò che oggi vediamo in Avenida Burgos sono i resti di una di queste torri e di parte delle grosse mura che proteggevano Santo Domingo.

Continuiamo costeggiando il centro storico fino ad arrivare all’ostello di Santo Domingo Bernardo de Fresneda. Fu costruito nel S. XVI per accogliere una comunità francescana, ma nel S. XIX, con la confisca, il posto venne abbandonato. Ad oggi è stato ristrutturato e accoglie un ostello con un ristorante. Parte del posto si utilizza anche come laboratorio per restaurare opere d’arte.

La chiesa di San Francisco accoglie il sepolcro di Frate Bernardo de Fresneda, che fu arcivescovo e confessore di re come Felipe II o Carlos V. Proprio lui investì molto per restaurare la chiesa che avrebbe accolto la sua tomba e il suo impegno fa sì che oggi valga la pena visitarla. Da notare specialmente il transetto della chiesa, un buon esempio rinascimentale.

Ci troviamo in Avenida de Juan Carlos I, il punto perfetto per terminare il nostro giro per Santo Domingo de la Calzada, visto che in questa via e nella parallela si concentrano la maggior parte dei locali e dei ristoranti.. Troverete offerte per tutte le tasche e potrete provare piatti tipici come il baccalà o le patate alla riojana. Per bere, ovviamente, un buon bicchiere di Rioja.

Domani cambiamo di nuovo regione, entriamo in Castilla e León e pedaleremo fino ad arrivare a Burgos, un’altra delle grandi città giacobine. Buon cammino!